Jujutsu

Jujutsu
JUJITSU (AND RIFLES) in an agricultural school.jpg
Lottatori di jujutsu
Inventato XVI secolo (accertata), Giappone Giappone
Contatto
Genere Maschile e femminile
Indoor/outdoor Indoor
Campo di gioco Tatami
Olimpico no

Il jujutsu[1][2] (柔術 jūjutsu?), in Occidente chiamato jujitsu, è un'arte marziale giapponese il cui nome deriva da  (o "jiu" secondo una traslitterazione più antica, che significa flessibile, adattabile) e jutsu (arte, tecnica, pratica).

Talvolta chiamato anche taijutsu (arti del corpo) oppure yawara (kun'yomi di ), il jujutsu era praticato dai bushi (guerrieri) che se ne servivano per giungere all'annientamento fisico dei propri avversari, provocandone anche la morte, a mani nude o con armi.

Il jujutsu è un'arte di difesa personale che basa i suoi principi sulle radici del detto originale giapponese Hey yo shin kore do, ovvero "Il morbido vince il duro". In molte arti marziali, oltre all'equilibrio del corpo, conta molto anche la forza di cui si dispone: nel jujutsu la forza della quale si necessita proviene anche dal proprio avversario. Il principio di base, quindi, sta nell'applicare una determinata tecnica proprio nell'ultimo istante dell'attacco subìto in modo che l'avversario trovi davanti a sé il vuoto.

Storia

kanji di jujutsu

Il jujutsu è un'antica forma di combattimento di origine giapponese di cui si hanno notizie certe solamente a partire dal XVI secolo quando la scuola Takenouchi produsse una codificazione dei propri metodi di combattimento. Ma certo l'origine del jujutsu è molto più antica e la definizione, durante tutto il periodo feudale fino all'editto imperiale del 1876 che proibì il porto delle spade decretando così la scomparsa dei samurai, si attribuiva alle forme di combattimento a mani nude o con armi (armi tradizionali, cioè spada, lancia, bastone, etc.) contro un avversario armato o meno, praticate in una moltitudine di scuole dette Ryū, ognuna con la propria specialità. Bosai, e nunchaku diventano armi, ma nascendo da semplici attrezzi da lavoro. Le armi erano inaccessibili ai civili, e questi ultimi adattarono nell'uso i pochi strumenti che avevano a disposizione, usandoli appunto per difendersi.

Si distinguevano perciò le scuole dedite all'uso della katana, la spada tradizionale giapponese, quelle maggiormente orientate alla lotta corpo a corpo, fino alle scuole di nuoto con l'armatura, tiro con l'arco ed equitazione. Queste ultime costituivano la base dell'addestramento del samurai, espressa dal motto Kyuba no michi, la via (michi) dell'arco (kyū) e del cavallo (ba), che più tardi muterà nome in bushido. Una caratteristica che accomunava tutte queste scuole era l'assoluta segretezza dei propri metodi e la continua rivalità reciproca, poiché ognuna professava la propria superiorità nei confronti delle altre.

In un paese come il Giappone, la cui storia fu un susseguirsi di continue guerre tra feudatari, il ruolo del guerriero rivestì una particolare importanza nella cultura popolare, e con esso il jujutsu. La difesa del territorio, la disputa di una contesa, la protezione offerta dal più forte al più debole sono solo alcuni dei fattori che ne hanno permesso lo sviluppo tecnico, dettato dalla necessità di sopravvivenza.

Con l'instaurarsi dello shogunato Tokugawa (1603-1867), il Giappone conobbe un periodo di relativa pace: fu questo il momento di massimo sviluppo del jujutsu, poiché, privi della necessità di combattere e quindi di mantenere la segretezza, fu possibile per i vari Ryū organizzarsi e classificare i propri metodi. Anche la gente comune comincia a interessarsi e a praticare il jujutsu poiché la pratica portava un arricchimento interiore dell'individuo, data la relazione intercorrente con i riti di meditazione propri del buddismo zen. Ma la cultura guerriera era talmente radicata nella vita dei Giapponesi da spingere i samurai a combattere anche quando non ve n'era l'effettiva necessità. Ciò portava a volte all'organizzazione di vere e proprie sfide chiamate dōjō arashi (tempesta sul dojo), in cui i migliori guerrieri si confrontavano in modo spesso cruento.

La caduta dell'ultimo shōgun e il conseguente restauro del potere imperiale causarono grandi sconvolgimenti nella vita del popolo: i giapponesi, che fino a quel momento avevano vissuto in completo isolamento dal resto del mondo, ora si volgevano avidamente verso la cultura occidentale che li stava "invadendo". Ciò provocò un rigetto da parte del popolo per tutto ciò che apparteneva al passato ivi compreso il jujutsu. La diffusione delle armi da fuoco fece il resto: il declino del jujutsu era in atto.

Il nuovo corso vide la scomparsa della classe sociale dei samurai, che avevano dominato il Giappone per quasi mille anni e il jujutsu, in quanto nobile arte, scomparve insieme ad essi; i numerosi dōjō allora esistenti furono in gran parte costretti a chiudere per mancanza di allievi, mentre i pochi rimasti erano frequentati da gente dedita a combattere per denaro, persone rozze e spesso coinvolte in crimini. Questo aspetto in particolare influenzò negativamente il giudizio del popolo nei confronti del jujutsu poiché vedeva in esso uno strumento di sopraffazione e violenza.

Durante il periodo storico chiamato Restaurazione Meiji, si affermò grandemente in Giappone il nuovo jujutsu ideato da Kanō Jigorō con il nome di judo kōdōkan, che si proponeva come metodo educativo, insegnato nelle scuole come educazione fisica ed inserito nei programmi di addestramento della polizia giapponese. Si deve infatti ricordare come durante l'era Meiji, il Giappone formò forze armate statali al servizio dell'Imperatore basate sul modello occidentale, ma con caratteristiche autoctone. Nel secondo dopoguerra però, a causa della totale proibizione delle arti marziali tradizionali sancita dal generale MacArthur prima, e poi dell'evoluzione sportiva subita dal judo quando poté essere di nuovo praticato (a partire dal 1950), si riaffermò il jujutsu come tecnica di difesa personale, accanto all'aikidō di Morihei Ueshiba.

Il jujutsu si diffuse nel resto del mondo grazie a quanti, viaggiando per il Giappone (principalmente commercianti e militari) a partire dall'era Meiji, lo appresero reimportandolo nel paese d'origine.

Oggi è praticato in numerosi paesi del mondo, con organizzazioni anche di carattere internazionale. In Italia la FIJLKAM Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali, possiede al suo interno un settore dedicato, sebbene esistano organizzazioni di carattere privato o promozionale (AICSACSIUISP, ecc.) in cui il jujutsu è ben sviluppato. Particolare rilievo assume l'Associazione Italiana Ju-Jitsu e Discipline Affini (AIJJ & DA), in quanto unica associazione sportiva italiana di jujutsu, internazionalmente riconosciuta dalla federazione sportiva JJIF (Ju-Jitsu International Federation), a sua volta riconosciuta dal GAISF (General Association of International Sports Federations) e dal IWGA (International World Games Association). In seguito, nel 2009, l’AIJJ firmò un accordo di collaborazione con la FIJLKAM che prevede un percorso congiunto di attività tecnica, didattica ed agonistica per i tesserati di entrambe le sigle.[1]

Nel mondo esistono molte Scuole e Federazioni che praticano jujutsu; proprio per questo il governo giapponese ha da tempo istituito un ente, il Dai Nippon Butokukai (Sala delle virtù marziali del grande Giappone), con la funzione di salvaguardare le arti marziali tradizionali giapponesi dal "possibile attacco sferrato dalla modernità e dall'avidità umana". Questo ente certifica l'effettivo collegamento tra il passato e il presente di una scuola tradizionale, conservandone documenti e quant'altro risulti utile a certificarne l'autenticità.[3]

Nozioni

Il jujutsu propone un programma completo ed efficiente, contraddistinto da molteplici gruppi di tecniche dette Waza in giapponese traslitterato e azioni fondamentali per la tutela della persona e per un corretto percorso di studio. Nella pratica quotidiana e contestuale del jujutsu, dove il costante allenamento porta al continuo miglioramento del praticante, troviamo due figure fondamentali: Tori ed UkeTori è colui che esegue la tecnica dall'attacco sferrato da Uke. L’allenamento costante appunto migliora le relazioni spazio-temporali con l’avversario Uke e la confidenza con il suolo, interagendo in modo fluido e dinamico, il corpo diventa elastico e non rigido. Il concetto fondamentale dello studio e della pratica tecnico-didattica-morale è quello di aumentare la sensibilità del “difensore”, che da ora in avanti chiameremo “Tori”, nell’applicare il concetto di jujutsu su qualsiasi attacco che viene sferrato da un “aggressore” che chiameremo appunto “Uke”. Volendo elencare sommariamente le materie che compongono il jujutsu in ordine di praticità nell'insegnamento e per fase di apprendimento, le tecniche fondamentali, Kihon a mani nude che costituiscono i fondamenti di jujutsu, sono:

  • Tachi-Waza in giapponese traslitterato vengono definite le tecniche di posizione, termine che indica come posizionare i piedi e le gambe e raramente le mani a terra. La corretta esecuzione delle Tachi-Waza: tecniche di posizione è molto importante per l’inizio di ogni azione difensiva o offensiva.
  • Ukemi-Waza in giapponese traslitterato vengono definite le tecniche di cadute, termine che indica tutti i modi per imparare a cadere. Le cadute: Ukemi si dividono in due macro categorie: cadute sul posto e rotolamenti in avanti o capriole e rotolamenti indietro o recuperi. Le cadute sono tutte le azioni volontarie o involontarie di finire per terra bruscamente. La caduta può essere realizzata in tre modalità frontale Mae, laterale Yoko e posteriore Ushiro.
  • Uke-Waza in giapponese traslitterato vengono definite le tecniche di parata, effettuate con gli arti superiori Uke (sinonimo di avversario nel senso di colui che sferra l'attacco) e con gli arti inferiori Ashi-Uke; principalmente lo studio si focalizza sugli arti superiori in quanto maggiori nelle varietà di parate. Queste tecniche si suddividono principalmente in due macro categorie: parate omolaterali, cioè effettuate con l’arto dello stesso lato dell’attacco e incrociate o opposte, cioè effettuate con l’arto opposto a quello dell’attacco.
  • Atemi-Waza in giapponese traslitterato vengono definite tutte le tecniche di colpo, effettuate con gli arti superiori Ude-Ate e con arti inferiori Ashi-Ate; tutte queste tecniche sono suddivise a loro volta con la parte dell’arto con cui vogliamo colpire l’avversario. Gli arti superiori possono colpire con le dita, la mano, il pugno, l’avambraccio e il gomito; gli arti inferiori invece possono colpire con le dita, il piede in tutti i suoi lati, la tibia e il ginocchio ed entrambi eseguiti con differenti esecuzioni.
  • Ne-Waza in giapponese traslitterato vengono definite le tecniche di lotta al suolo; è la più recente delle specialità ufficiali di competizione JJIF ed è simile al Ju Jitsu brasiliano.

Gli stili/metodi di jujutsu in Italia

Il jujutsu tradizionale giapponese

Sebbene in Giappone si intenda per jujutsu solo quello tradizionale, in Occidente viene riunito sotto questo termine qualsiasi combinazione tecnica finalizzata alla difesa personale. In occidente è quindi abituale distinguere fra gli stili "tradizionali", legati alla secolare tradizione marziale giapponese, e quelli "moderni" che sono nati negli ultimi decenni spesso anche differenziandosi molto dal jujutsu originale giapponese sia per i principi applicati nelle tecniche che per l'approccio alla disciplina.

Il jujutsu tradizionale insegna:

  • tecniche di attacco e difesa a mani nude;
  • tecniche di leve articolari;
  • tecniche di proiezione e sbilanciamenti (atterramento dell'avversario);
  • tecniche di immobilizzazione a terra
  • tecniche di attacco e difesa con armi in legno (spada lunga, spada-corta, pugnale, bastone lungo, bastone-corto)
  • tecniche di estrazione ed attacco con la spada giapponese (katana)
  • tecniche di caduta;
  • approccio psicologico al combattimento;
  • rispetto dei principi di etica marziale (rispetto, decoro, umiltà, sacrificio, dedizione e costanza).

La completezza della preparazione tecnica e psicologica del praticante di jujutsu tradizionale deriva dal fatto che questa disciplina era l'antica arte marziale praticata dai samurai i quali avevano necessità di difendersi in ogni circostanza. Il jujutsu tradizionale è nato molti secoli fa per insegnare a sopravvivere in un periodo, il Giappone medievale, in cui non sapersi difendere significava mettere ogni giorno in grave pericolo la propria vita. È per questo che il jujutsu Tradizionale non deve essere tanto inteso come uno sport bensì come una disciplina marziale. Le arti marziali moderne, essendo nate in un periodo di pace, si sono potute specializzare solo in alcune forme di difesa. Ciò non valeva per il jujutsu tradizionale che doveva necessariamente caratterizzarsi per una preparazione più ampia possibile. Il motivo per cui tale disciplina debba essere considerata tra le più complete è da ricondurre pertanto proprio al periodo storico in cui è nata e si è evoluta.

Il jujutsu tradizionale insegna a sfruttare la forza dell'avversario attraverso il principio della circolarità, a riconoscere le parti vulnerabili del corpo umano ed in generale ad affrontare il combattimento usando la tecnica e non la forza fisica. Se non fosse così di fronte ad un avversario di massa e forza maggiore si finirebbe certamente con l'essere sconfitti.

Solo le Scuole di jujutsu tradizionale Giapponese riconosciute dal Nippon Budokan (ossia l'Ente governativo giapponese che certifica l'autenticità delle scuole di arti marziali giapponesi) possono essere considerate tali; tutte le altre vanno annoverate tra le scuole moderne.

Spesso si afferma che le scuole moderne si basino su principi tradizionali. La questione, tuttavia, non è così semplice. Bisognerebbe infatti avere un'altissima conoscenza dei principi base delle scuole tradizionali per poterli poi “trasferire” alla difesa personale "moderna". In chi pratica stili moderni, nella maggior parte dei casi, lo studio delle scuole tradizionali è assente. Negli altri casi, generalmente, seppur presente, non è sufficientemente approfondito.

Il jujutsu tradizionale, a differenza degli stili moderni (che comunque non rientrano nelle discipline olimpiche), non prevede l'agonismo (ad eccezione delle gare di kata).

Esistono in Europa e nel mondo, un'infinità di organizzazioni che divulgano il jujutsu, ognuna con propri programmi tecnici, regolamenti di gara, direzione tecnica, organi federali. Tali organizzazioni nella maggior parte dei casi non hanno alcun rapporto tra di loro. Vi possono pertanto essere tanti campionati (e relativi campioni) regionali, nazionali o mondiali, per quante sono le organizzazioni esistenti.

Il jujutsu tradizionale non prevede combattimenti agonistici in quanto le sue tecniche male si adattano ad un uso sportivo. Com'è noto, «in battaglia non esistono regole», ed inserirle significherebbe svilire l'essenza della disciplina stessa.

Nelle scuole tradizionali, le tecniche vengono assimilate ed affinate progressivamente fino ad averne un completo controllo in modo tale da non mettere in pericolo i propri compagni durante gli allenamenti.

In gara, poiché l'unica preoccupazione dell'atleta sarebbe ovviamente quella di vincere la resistenza dell'avversario, le tecniche sarebbero necessariamente eseguite con un'intensità tale da risultare pericolose per la sua incolumità.

Va precisato che questo metodo di apprendimento progressivo delle tecniche è quello da sempre applicato presso le scuole tradizionali giapponesi e non è il risultato di un adattamento della didattica alle esigenze dei nostri giorni. È facile infatti capire che, senza questa progressività, nessuno riuscirebbe a completare l'apprendimento delle tecniche a causa dei danni che verrebbero inevitabilmente subiti ogni volta durante gli allenamenti.

Occorre inoltre osservare che nei campionati organizzati dalle federazioni che divulgano il jujutsu moderno l'essenza del jujutsu tradizionale viene distorta dalla suddivisione degli atleti per categorie di peso. Per definizione infatti le tecniche per essere efficaci dovrebbero esserlo indipendentemente dalle differenze di massa fra i due contendenti.

Per spiegare ancora meglio le ragioni per cui il jujutsu tradizionale giapponese non sia adatto all'agonismo citiamo il maestro Jigoro Kano (1860 – 1938; Fondatore del judo Kodokan) il quale, dopo avere studiato in diverse scuole di jujutsu tradizionale codificò il judo partendo dal jujutsu tradizionale, proprio perché riteneva che quest'ultimo non si adattasse all'attività agonistica.

«Studiai il jujutsu non solo perché lo trovavo interessante, ma anche perché lo ritenevo il mezzo più efficace per l'educazione sia del corpo che dello spirito... ma era necessario cambiare il vecchio jujutsu per renderlo accessibile a tutti... alcune scuole di Ji Jutsu indulgevano spesso in tecniche violente e pericolose sia nelle proiezioni, sia nelle torsioni di gambe e braccia, per cui molte persone ritenevano che il jujutsu fosse nocivo... io volevo dimostrare che quanto insegnavo non era una pratica pericolosa e che non poteva nuocere a nessuno, e che questo non era il jujutsu che alcuni insegnavano, ma il judo, una cosa totalmente differente.»

La fondazione del Judo Kodokan risale al 1882. È facile quindi comprendere che il fatto che allora un Grande Maestro, e profondo conoscitore di differenti stili e scuole di jujutsu tradizionale, ritenesse necessario codificare un nuovo stile di combattimento più adatto all'agonismo fosse dovuto al fatto che vi era nei cultori delle arti marziali giapponesi la piena consapevolezza dell'impossibilità di rendere il jujutsu tradizionale una pratica sportiva.

È la storia ad aver deciso che il jujutsu tradizionale non possa essere uno sport, ed è la stessa storia a spiegarcene le motivazioni. Pertanto, in base alla cultura marziale giapponese, è “fisiologico” che chi pratichi il jujutsu tradizionale giapponese non si dedichi all'attività agonistica.

Il jujutsu tradizionale giapponese, proprio in quanto arte marziale più antica del Giappone, consente più di ogni altra a chi lo pratica di avvicinarsi alla cultura marziale nipponica apprendendo quegli antichissimi principi di difesa personale che hanno reso famosi i samurai.

Il metodo Bianchi

Una prima fugace apparizione del jujutsu in Italia si deve a Pizzarola e Moscardelli, marinai della Regia Marina, che nel 1908 ne diedero una dimostrazione al Re; ma fu Gino Bianchi (un marinaio), quaranta anni dopo, a portare il jujutsu in Italia.

Il Maestro Bianchi, già campione militare di Savate, era impegnato durante la Seconda Guerra Mondiale col contingente italiano presso la concessione italiana di Tien Sing (Tianjin) in Cina dove venne a contatto con jujutsu; rimanendone colpito per l'efficacia, decise di diffonderlo una volta tornato in Italia.

L'opera di diffusione iniziò a Genova, nella palestra di via Ogerio Pane, dove il Maestro Bianchi insegnava gratuitamente a cinque o sei allievi nel difficile clima di ristrettezze del secondo dopoguerra; con la fine degli anni quaranta la palestra si trasferì nella sede storica di Salita Famagosta e l'opera di diffusione del jujutsu "stile Bianchi" procedette a pieno ritmo, anche grazie alle varie dimostrazioni pubbliche svolte col gruppo dei Kaze Hito (uomini vento), riuniti nell'OLDJ (Organizzazione Ligure Divulgativa Jiu Jitsu).

Dopo la scomparsa del Maestro nel 1964, il "metodo Bianchi" fu portato avanti dai suoi allievi.

Una totale revisione dell’inquadramento delle Azioni, eliminandone alcune, inserendone altre e raggruppandole e ridistribuendole con nuovi criteri su 5 Nuovi Settori (A, B, C, D, E), fu sviluppata dal Maestro Ingegnere Rinaldo Orlandi nel 1972, (quando era 4º Dan e responsabile del Settore Ju-Jitsu italiano presso la FIK presieduta dall’Avvocato Augusto Ceracchini), per lasciare un programma chiaro, prima di trasferirsi all'estero. Il manoscritto con il nuovo programma fu presentato come parte integrante del nuovo Regolamento Tecnico della F.I.K. (Settore Ju-Jitsu), sottoposto ad “inchiesta pubblica” con scadenza 5 maggio 1972 ed approvato dal Consiglio Direttivo della F.I.K. (Settore Ju-Jitsu), nel settembre 1972.

Nel gennaio 1974 la F.I.K. ha stampato il testo integrale del manoscritto con i 5 Nuovi Settori approvati nel 1972 nel “libretto blu” intitolato “Tecniche dello Ju-Jitsu”.

In contemporanea anche il maestro Angelo Briano[5] (all'epoca cintura nera VI Dan) con il supporto dei maestri Devoto, Comotto e Mazzaferro diffuse in forma di ciclostilati tali criteri.

Nel giugno 1974 il maestro Rinaldo Orlandi ha ultimato il manoscritto intitolandolo “Ju-Jitsu Moderno” e inserendo le considerazioni scientifiche: “Guida allo studio dei Settori ed interpretazione delle azioni fondamentali in essi classificate, quale propedeutica all’autodifesa”.

Nel settembre 1974 il manoscritto veniva depositato alla Siae per sancire l’originalità e la proprietà del testo e degli schizzi di cui sopra.

Successivamente diversi maestri si sono ispirati a questo testo nel produrre documenti sotto il loro nome.

Questo nuovo criterio è quindi l'organizzazione delle tecniche praticate in 5 gruppi di 20 tecniche. I 5 gruppi presero i nomi delle prime cinque lettere dell'alfabeto (A, B, C, D, E) e vennero chiamati Settori [6].

Il settore A raggruppa tecniche che studiano lo squilibrio ed il cedimento strutturale dell'avversario provocandone l'atterramento ed un eventuale controllo al suolo.

Il settore B raggruppa tecniche dove è predominante la proiezione dell'avversario mediante sollevamento.

Il settore C raggruppa tecniche che mirano allo studio del dolore provocato mediante iper-estensione e torsione articolare (le cosiddette leve articolari).

Il settore D raggruppa tecniche che mirano alla resa dell'avversario agendo sul suo collo tramite strangolamenti e soffocamenti.

Il settore E raggruppa tecniche che sono la somma ed il sunto dei precedenti gruppi.

Negli anni cinquanta l'O.L.D.J., raggiunse in breve tempo 5000 soci tesserati, a molti dei quali si deve il proseguimento dell'opera del Maestro Bianchi dopo la sua scomparsa. In onore del maestro Bianchi, ogni anno si svolge una gara, il trofeo Gino Bianchi, aperta a tutte le palestre italiane[7]

 

Il metodo World Ju-Jitsu Federation WJJF/WJJKO

La WJJF-WJJKO è una federazione di Ju Jitsu internazionale presente anche in Italia dal 1976. In deroga al contratto di rappresentanza, in Italia la WJJF-WJJKO internazionale svolge attività attraverso il suo presidente internazionale, Spartaco Bertoletti.

Il cofondatore della WJJF-WJJKO, Soke Robert Clark, era 9º Dan. Il metodo si avvale di un programma internazionale denominato "Syllabus", una sorta di codice comune nei diversi livelli di apprendimento, che arrivano addirittura fino al 5º Dan.

Il metodo WJJF-WJJKO - World Ju Jitsu Federation/World Ju Jitsu Kobudo Organization prevede anche lo studio di un programma molto completo di Kobudo giapponese, determinato dallo studio delle armi "bianche" tradizionali quali: Katana, Naginata, Kama, Tonfa, Sai, Jo, Bo, Nunchaku, ecc.

Il metodo World Ju-Jitsu Corporation - WJJC

La World Ju-Jitsu Corporation è un’organizzazione internazionale di jujutsu. La sua sede è a Londra nel Regno Unito mentre il suo Hombu Dojo è a Firenze in Italia. Il suo Headquarter in Italia è esteso su 700  ed è nominato World Ju-Jitsu Centre. Nel World Ju-Jitsu Centre dove si studia il jujutsu e il kobudo e si sviluppano i programmi tecnici, insegna direttamente il fondatore di WJJC Shodai Soke Adriano Busà.

La WJJC è divisa in diversi dipartimenti che si occupano di settori specifici come il Kobudo (lo studio delle armi tradizionali giapponesi), WJJD (Women Ju-Jitsu Department) settore specifico nato per la difesa femminile, STS (Special Training Service) che si occupa della formazione nella difesa personale professionale per corpi di polizia e forze armate, e il dipartimento del Fight Jitsu per il combattimento full contact. La World Ju-Jitsu Corporation nel 2015 è stata accreditata dalla Commissione Europea attraverso un ente di certificazione belga denominato EurEthics, per rappresentare ufficialmente in Europa il settore jujutsu e difesa personale professionale per la formazione di educatori sportivi coperti da ISO 17024 che disciplina le competenze personali. Allo Shodai Soke Adriano Busà in quella data, gli è stato conferito il livello 8º plus come senatore accademico di questo prestigioso ente di certificazione, e il titolo di professore in jujutsu. La WJJC è presente in diversi paesi del mondo dall'Italia al Kuwait, dalla Grecia al Perù, per citarne alcuni.

Le cinture nel jujutsu

Le cinture possono variare a seconda di dojo/palestra o federazione.

I gradi (kyu) maggiormente riconosciuti sono:

6º kyu bianca;

5º kyu gialla;

4º kyu arancione;

3º kyu verde;

2º kyu blu;

1º kyu marrone;

Sono talvolta previsti livelli intermedi con cinture bicolore o contrassegnate da tacche (es: cintura giallo/arancio, marrone con una tacca, ...)

I gradi (dan) nel jujutsu sono:

Shodan - 1º Dan nera;

Nidan - 2º Dan nera con due tacche;

Sandan - 3º Dan nera con tre tacche o bianca e blu;

Yondan - 4º Dan nera con quattro tacche o bianca e blu;

Godan - 5º Dan nera con cinque tacche o bianca e blu;

Rokudan - 6º Dan nera con sei tacche o bianca e rossa;

Shichidan - 7º Dan nera con sette tacche o bianca e rossa o nera e rossa;

Hachidan - 8º Dan nera con otto tacche o bianca e rossa o rossa coi bordi neri;

Kudan - 9º Dan nera con nove tacche o rossa;

Judan - 10º Dan nera con dieci tacche o bianca.

In molti stili, i gradi oltre il 5° Dan vengono assegnati dalle Commissioni o Federazioni (nazionali o internazionali) per meriti sportivi, didattici o organizzativi.

Jujutsu agonistico

Il jujutsu sportivo prevede diversi tipi di specialità di gara: il fighting system (combattimento uno contro uno), il duo system (simulazione di difesa a coppie) e il ne-waza (combattimento uno contro uno nella lotta al suolo). Un'altra forma più recente di competizione che sta diventando molto più popolare in Europa è la forma di competizione Random Attack, che è simile a Randori ma più formalizzata.

Il Fighting System

Il Fighting System è un tipo di competizione agonistica del jujutsu. Nel 1977, a seguito di un'iniziativa comune fra Italia, Germania e Svezia, venne fondata la European Ju-Jitsu Federation (EJJF). Nel 1987, quando oramai tutte le principali Nazioni europee facevano parte della EJJF, venne fondata, con un grande contributo del jujutsu italiano, la Ju-jitsu International Federation (JJIF). Da allora la AIJJ (Associazione Italiana Ju-Jitsu) fu riconosciuta anche dalla JJIF quale unica rappresentante del jujutsu in Italia. Una delle tipologie di competizione riconosciute da questa federazione è il Fighting System. Questo sport vanta la partecipazione di 52 nazioni nel Mondo e prevede l'organizzazione di Mondiali, nonché di vari titoli Continentali con cadenza Biennale.

Il Fighting System è un combattimento che si svolge sul Tatami tra due atleti che indossano solamente il keikogi, protezioni paratibia e, per facilitare tutte le fasi del combattimento, protezioni alle mani sottili ed aperte, in modo da effettuare al meglio le prese sia nella lotta in piedi che in quella a terra. All'inizio del combattimento, gli atleti si affrontano con atemi (colpi a distanza di calcio o pugno) in quella che viene definita Prima Fase, sino a quando uno dei due atleti effettua una presa sul judogi dell'avversario passando alla Seconda Fase. Una volta che un atleta sceglie e riesce ad afferrare il suo avversario è vietato sferrare alcun colpo, fin tanto che persiste una qualsiasi presa. Nella Seconda Fase l'obiettivo di ciascun atleta diventa effettuare una proiezione dell'avversario utilizzando tecniche opportune (Nage-Waza). Una volta che uno dei due contendenti ha effettuato una proiezione dell'avversario o entrambi finiscono a terra, il combattimento continua nella Terza Fase in cui l'obiettivo è immobilizzare l'avversario al suolo (osae-komi) o costringerlo alla resa tramite leve articolari (kansezu-waza) o strangolamento (shime-waza).

Ogni azione è valutata da ben tre arbitri, che giudicano ed assegnano 2 punti (Ippon) o 1 punto (Wazari) a seconda dell'esecuzione delle tecniche, del risultato e della reazione dell'avversario. I punti assegnati durante il combattimento vengono sommati al termine dell'incontro per designare il vincitore.

Il combattimento dura 3 minuti e viene interrotto solo se necessario: ciò permette a questo sport di mantenere un ritmo altissimo durante i combattimenti, conferendogli grande spettacolarità e obbligando gli atleti ad avere un'approfondita preparazione non solo tecnica, ma anche atletica.

La vittoria viene assegnata all'atleta che ha conseguito il miglior punteggio allo scadere del tempo oppure per superiorità tecnica di uno dei due atleti, ovvero colui che riesca ad ottenere almeno un Ippon sia in Prima che in Seconda che in Terza Fase, infliggendo all'avversario una tecnica perfetta sia nel combattimento a distanza, sia in quello corpo a corpo e sia in quello a terra. In questa circostanza l'atleta avrà dimostrato di essere superiore tecnicamente al proprio avversario in ogni situazione, obbiettivo massimo del jujutsu: pertanto avrà vinto prima del termine. Questa regola anima particolarmente le sfide, conferendo a questo sport ancora maggior studio della tattica di gara.

Nel combattimento a distanza gli atleti sono vincolati a rispettare un controllo dei colpi. Questa regola permette agli atleti di esprimere al meglio le loro capacità tecniche nella lotta, senza contaminarla con colpi che andrebbero a limitare l'aspetto tecnico di questa fase. Nelle altre fasi è vietato l'uso dei colpi e gli atleti devono utilizzare tutta la loro arte di lottatori per sottomettere l'avversario.

Osae-komi

Nel jujutsu, l'osae-komi è la terza fase del fighting system e consiste nel tenere fermo a terra o sottomettere l'avversario. Nelle gare l'osae-komi vale tanti più punti quanto maggiore è la durata dell'immobilizzazione: se dura meno di 7 secondi non si hanno punti, se dura dai 7 ai 14 secondi vale un punto, se dura 15 secondi vale due punti, cioè un ippon. Con un ippon in tutte e tre le fasi si vince per (FULL IPPON) 50 a 0.

Nel Judo l'osae-komi-waza sono un sottogruppo di tecniche di immobilizzazione al suolo.

Il Duo System

Il Duo System è una specialità del jujutsu in cui una coppia (maschile, femminile o mista) simula una difesa da attacchi codificati in tutto il mondo. Le serie sono così suddivise:

  • Serie A: prese
  • Serie B: avvolgimenti
  • Serie C: calci e pugni
  • Serie D: armi (coltello e bastone).

La gara è un confronto tra 2 coppie valutato da una giuria di 5 arbitri di sedia che, in base ad attitudine, efficacia, velocità, controllo, potenza, realismo e varietà assegnano un punteggio da 1 a 10. L'arbitro centrale (il mat referee) ha la funzione di chiamare 3 dei 5 attacchi agli atleti e di indicare alla giuria eventuali errori nell'esecuzione dell'attacco commessi dalla coppia.

Svolgimento della gara
Per distinguere le 2 coppie viene fatta indossare a una la cintura rossa e all'altra la cintura blu. Il rosso inizia per primo ed esegue 3 delle 5 tecniche della serie A sorteggiati dall'arbitro centrale. Terminata l'esecuzione la giuria dà la valutazione in base ai criteri di sopra elencati. Il rosso scende ora dal tatami e blu esegue la difesa. I tre attacchi sono gli stessi chiamati al rosso ma in ordine diverso, per cui blu ha un lieve vantaggio conoscendo i tre attacchi chiamati. Per equità blu comincia la serie B così che rosso conoscerà i tre attacchi. Le coppie si alterneranno così fino in ultima serie come segue:

  • Serie A: Rosso
  • Serie A: Blu
  • Serie B: Blu
  • Serie B: Rosso
  • Serie C: Rosso
  • Serie C: Blu
  • Serie D: Blu
  • Serie D: Rosso

Vince l'incontro chi nella somma totale ha ottenuto il punteggio più alto.

L'Italia è una delle nazionali più forti nella specialità del Duo System.

Riportiamo di seguito i risultati ottenuti dagli azzurri dal 1994 (anno di nascita di questa specialità).

Risultati senior

Medaglia Atleti Competizione Luogo
Argento Valeria Zaccaria-Gabriele Gardini Campionati del mondo 1994 Bologna
Bronzo Valeria Zaccaria-Gabriele Gardini Campionati del mondo 1995 Atene
Argento Valeria Zaccaria-Gabriele Gardin Campionati del mondo 1996 Parigi
Bronzo Valeria Zaccaria-Gabriele Gardini Campionati europei 1997 Stoccolma
Bronzo Valeria Zaccaria-Gabriele Gardini Campionati del mondo 1998 Berlino
Bronzo Valeria Zaccaria-Simona Ferrari Campionati del mondo 2000 Copenaghen
Bronzo Michele Vallieri-Linda Ragazzi Coppa Europa 2002 Parigi
Bronzo Michele Vallieri-Linda Ragazzi Campionati Europei 2003 Hanau
Bronzo Michele Vallieri-Linda Ragazzi Coppa Europa 2004 Maribor
Bronzo Michele Vallieri-Linda Ragazzi Campionati del Mondo 2004 Móstoles
Bronzo Michele Vallieri-Linda Ragazzi Campionati Europei 2005 Breslavia
Argento Sara Paganini - Linda Ragazzi Coppa Europa 2006 Meiningen
Argento Sara Paganini - Linda Ragazzi Campionati europei 2007 Torino
Argento Michele Marmottini - Daniele Sfrappa Campionati europei 2007 Torino
Argento Sara Paganini - Linda Ragazzi Coppa Europa 2008 Anversa
Bronzo Michele Vallieri - Vito Zaccaria Coppa Europa 2008 Anversa
Bronzo Sara Paganini - Linda Ragazzi Campionati del mondo 2008 Malmö
Bronzo Michele Vallieri - Vito Zaccaria Campionati del mondo 2008 Malmö
Bronzo Sara Paganini - Linda Ragazzi Campionati europei 2009 Podgorica
Bronzo Michele Vallieri - Vito Zaccaria Campionati europei 2009 Podgorica
Argento Sara Paganini - Linda Ragazzi World Games 2009 Kaohsiung
Oro Michele Vallieri - Vito Zaccaria SportAccord Combat Games 2010 Pechino
Bronzo Sara Paganini - Michele Vallieri Campionati del mondo 2010 San Pietroburgo
Bronzo Agnese Brizzi - Sara Mazzeschi Campionati europei 2011 Maribor
Oro Sara Paganini - Michele Vallieri Campionati europei 2011 Maribor
Oro Michele Vallieri - Vito Zaccaria Campionati europei 2011 Maribor
Bronzo Michele Vallieri - Vito Zaccaria Campionati del mondo 2011 Cali
Bronzo Michele Vallieri - Sara Paganini Campionati del mondo 2011 Cali
Oro Michele Vallieri - Sara Paganini Coppa Europa 2012 Hanau
Argento Michele Vallieri - Sara Paganini Campionato del mondo 2012 Vienna
Bronzo Raffaele Liuzza - Stefano De Caro Campionato del Mondo 2016 Wrocław
Oro Michele Vallieri - Sara Paganini World Games 2017 Wrocław
Bronzo Andrea Stravaganti - Salah Eddine Ben Brahim Campionato del Mondo 2017 Bogotà

Risultati junior

Medaglia Atleti Competizione Luogo
Oro Michele Vallieri-Linda Ragazzi Campionati del mondo 2005 Hanau
Bronzo Agnese Brizzi-Sara Mazzeschi Campionati europei 2008 Maribor
Oro Sarah Calanna-Matteo Rossetto Campionati europei 2010 Vienna
Bronzo Agnese Brizzi-Sara Mazzeschi Campionati europei 2010 Vienna
Bronzo Salah Eddine Ben Brahim-Marcella Resca Campionati del mondo 2011 Gent
Bronzo Andrea Gobbo-Leonardo De Maio Campionati del mondo 2011 Gent
Argento Giada Anzalone-Fabrizio Di Michele Campionati del mondo 2011 Gent
Argento Inguì Fabiana-Ribeiro Yngrid Campionati del mondo 2011 Gent
Bronzo Giada Anzalone-Fabrizio Di Michele Campionati europei 2012 Genova
Bronzo Martina Pacioselli-Jessica Castellani Campionati europei 2012 Genova
Bronzo Cardullo Salvatore- Pusateri Giuseppe Campionati del mondo 2013 Bucarest
Argento Stefania Picciuto - Camilla Memola Campionati del mondo 2013 Bucarest
Oro Senia Biaggini - Sonia giombini Campionati europei 2014 Lund
Argento Cardullo Salvatore - Pusateri Giuseppe Campionati europei 2014 Lund

Random Attacks

Il Random Attacks (attacchi casuali) è un sistema di competizione del Ju Jitsu Goshin Do. Gli attacchi a sorpresa ritornano all'essenza dell'autodifesa , vale a dire l'azione contro un attacco senza preavviso. La sensazione di stress presente durante un "attacco a sorpresa" costringe i partecipanti a usare i riflessi a causa di anni di allenamento nelle arti marziali. I praticanti imparano a far fronte a situazioni stressanti che esistono anche durante un vero attacco. Questa forma di competizione è aperta a qualsiasi arte marziale che abbia autodifesa nel suo programma come Ju-Jitsu, Hapkido, Krav Maga, Sambo, Kempo, Kenpo, Karate, Pencak-Silat, Wing Chun, Wushu, Eskrima , ecc. È meno una lotta tra due persone che una competizione per mostrare una perfetta padronanza di fronte a un attacco inaspettato definito da un giurato. Gli atleti competono con due coppie che si trovano faccia a faccia. Il combattente di ogni coppia sarà giudicato. Il Board della euro Budo International, Federazione Internazionale, In consultazione con i vari paesi europei, ha creato un elenco di 40 attacchi, da cui vengono scelti 3 o 4 attacchi per combattimento. Ogni attacco viene scelto casualmente dal computer o dalla giuria se viene effettuato tramite le foto. Né il combattente né il difensore sanno quale attacco accadrà.

" Svolgimento della competizione"

• Una coppia indossa la cintura rossa, l'altra coppia indossa la cintura bianca e questo per decisione del tavolo della giuria.

• Ogni coppia è composta da un attaccante e un difensore

• I due combattenti mettono piede sul tappetino tatami nel punto designato, si salutano, salutano la giuria e si mettono in posizione di combattimento in modo che l'avversario non possa vederli.

• La tabella della giuria chiama i due aggressori e mostra loro un attacco informatico o fotografico che viene mostrato in modo casuale in modo da osservare l'oggettività.

• Gli attaccanti riportano le loro posizioni di partenza (in posizione di combattimento) ai loro compagni

• Al segnale dell'arbitro, ciascuno a sua volta esegue l'attacco indicato

• L'arbitro determina chi inizia "Rosso" o "Bianco".

• Quando i due attaccanti hanno effettuato il loro primo attacco, l'arbitro li richiama al tavolo della giuria per vedere l'immagine successiva e / o il disegno.

• I concorrenti in base all'età o al grado dovranno effettuare 3 o 4 attacchi.

• Dopo l'esecuzione dell'attacco richiesto, l'arbitro richiede il parere di 3 o 5 giurati

• Sul segnale dell'arbitro "Hantai", i tre giurati esprimono la loro opinione sollevando una bandiera (rossa o bianca) in aria per indicare il vincitore

La leggenda del salice

Esisteva un tempo, molti secoli fa, un medico di nome Shirōhyōe Akiyama (秋山四郎兵衛). Egli aveva studiato le tecniche di combattimento del suo tempo, comprese altre tecniche che imparò durante i suoi viaggi in Cina compiuti per studiare la medicina tradizionale e i metodi di rianimazione, senza però ottenere il risultato sperato. Contrariato dal suo insuccesso, per cento giorni si ritirò in meditazione nel tempio di Dazaifu Tenmangū (大宰府天満宮) in prefettura di Fukuoka, affinché potesse migliorare.

Accadde che un giorno, durante un'abbondante nevicata, osservò che il peso della neve aveva spezzato i rami degli alberi più robusti che erano così rimasti spogli. Lo sguardo gli si posò allora su un albero che era rimasto intatto: era un salice, dai rami flessibili. Ogni volta che la neve minacciava di spezzarli, questi si flettevano lasciandola cadere per poi riprendere la primitiva posizione.

Questo fatto impressionò molto il bravo medico, che intuendo l'importanza del principio della non resistenza lo applicò alle tecniche che stava studiando dando così origine a una delle scuole più antiche di jujutsu tradizionale, la Scuola Hontai Yoshin Ryu (scuola dello spirito del salice), tuttora esistente e che da 400 anni si tramanda tecniche di combattimento a mani nude e con armi in maniera quasi del tutto invariata. L'attuale Caposcuola è il Soke Kyoichi Inoue Munenori, 19° di una lunga ed antica tradizione di Samurai.[