Campionato a Gironi

Campionato a gironi (30)

Stagione

Squadra campione

1

1897-1898

Genoa-1

2

1898-1899

Genoa-2

3

1899-1900

Genoa-3

4

1900-1901

Milan-1

5

1901-1902

Genoa-4

6

1902-1903

Genoa-5

7

1903-1904

Genoa-6

8

1904-1905

JUVENTUS-1

9

1905-1906

Milan-2

10

1906-1907

Milan-3

11

1907-1908

Pro Vercelli-1

12

1908-1909

Pro Vercelli-2

13

1909-1910

Inter-1

14

1910-1911

Pro Vercelli-3

15

1911-1912

Pro Vercelli-4

16

1912-1913

Pro Vercelli-5

17

1913-1914

Casale-1

18

1914-1915

Genoa-7

19

1919-1920

Inter-2

20

1920-1921

Pro Vercelli-6

21

1921-1922

Novese-1

22

1921-1922

Pro Vercelli-7

23

1922-1923

Genoa-8

24

1923-1924

Genoa-9

25

1924-1925

Bologna-1

26

1925-1926

JUVENTUS-2

27

1926-1927

(Torino revocato)

28

1927-1928

Torino-1

29

1928-1929

Bologna-2

30

1945-1946

Torino-2

Squadra

Titoli vinti

 

Genoa

9

 

Pro Vercelli

7

 

JUVENTUS

2

 

Milan

3

 

Bologna

2

 

Inter

2

 

Torino

2

 

Casale

1

 

Novese

1

 

Campionato Italiano di Football

Campionato Italiano di Football
Altri nomi Campionato Nazionale di Football
Campionato Federale di Football
Sport Football pictogram.svg Calcio
Tipo Squadre di club
Categoria Massima serie
Federazione FIF
Paese Italia Italia
Organizzatore FIF
Titolo Campione d'Italia
Cadenza Annuale
Apertura Primavera
Chiusura Primavera
Partecipanti Da 4 a 8
Formula Quadrangolare (1898)
Eliminatorie regionali/(interregionali dal 1902) + semifinale e finale (dal 1899)
Storia
Fondazione 1898
Soppressione 1903
Numero edizioni 6
Ultimo vincitore Genoa
Record vittorie Genoa (5)
Coppa Duca degli Abruzzi.svg
Coppa Fawcus.svg
Coppa Duca degli Abruzzi
Coppa Fawcus

Il Campionato Italiano di Football, noto anche come Campionato Nazionale di Football e Campionato Federale di Football,[1] è stato il livello unico del campionato italiano di calcio dal 1898 al 1903. In questo periodo storico, la squadra campione d'Italia ricevette come trofei la Coppa Duca degli Abruzzi (dal 1898 al 1900) e la Coppa Fawcus (dal 1901 al 1903).

Storia

Il 26 marzo 1898 a Torino nasceva la Federazione Italiana del Football (FIF), sotto la presidenza dell'ingegnere Mario Vicary, formata dai rappresentanti di TorineseInternazionale TorinoGinnastica Torino e Genoa, allo scopo di organizzare le attività calcistiche e di garantire il rispetto delle regole del gioco. La sede della FIF - che nel 1909 assunse il nome di FIGC, Federazione Italiana Giuoco Calcio - fu stabilita a Torino presso l'emporio di Adolf Jourdan specializzato nella vendita di scarpe, cappelli, "chincaglierie in generi di lusso, finticolli, polsini, cravatte e camicie". Primo atto della neonata Federazione fu l'istituzione del campionato italiano di calcio, dedicato al duca degli Abruzzi.

Il Velodromo Re Umberto, scenario del primo campionato italiano (1898).

La prima edizione del torneo federale di football ebbe luogo al Velodromo Umberto I di Torino in una sola giornata (l'8 maggio 1898) e con la partecipazione di quattro formazioni (Torinese, Internazionale Torino, Genoa e Ginnastica Torino): il Genoa prevalse contro l'Internazionale nella partita finale per 2 reti a 1, dopo i tempi supplementari, aggiudicandosi il titolo nazionale.

Sia il primo torneo, chiusosi in una sola giornata, sia i successivi erano strutturati su un sistema a eliminazione diretta, sul modello della Coppa d'Inghilterra. A partire dal 1899 a primi turni di carattere regionale, in caso di qualificazione seguivano semifinali e finali su base nazionale, queste ultime concepite come atto conclusivo della manifestazione a cui accedevano due sole squadre.

Il secondo campionato si disputò a Torino dal 2 al 16 aprile 1899 e il Genoa conquistò nuovamente lo scudetto, fra accese contestazioni sull'operato degli arbitri seduti alle spalle dei portieri, il cui compito era stabilire se il pallone avesse o meno varcato completamente la linea di porta. All'epoca, infatti, non erano ancora state introdotte le reti a rinchiudere la porta in uno spazio ben definito, per cui stabilire se la palla avesse varcato la linea di porta passando tra i due pali o fosse finita fuori non era semplice, e l'operato dei giudici di porta chiamati ad aiutare l'arbitro ad assegnare i gol non era privo di errori.[2] Di lì a pochi anni il direttore di gara, investito di maggiore autorità, avrebbe assunto anche le funzioni degli assistenti decretandone di fatto la scomparsa: l'introduzione delle reti, che impediscono quasi sempre ai palloni, una volta entrati in porta, di uscirne, contribuì certamente all'abolizione dei giudici di porta, riducendo la possibilità di errore.[2]

Il Milan vincitore dell'edizione 1901.

In questo periodo, visto l'esito delle amichevoli, solo tre regioni potevano schierare squadre in grado di combattersi piuttosto equilibratamente: il Piemonte, la Liguria e la Lombardia, mentre le formazioni delle altre regioni anche nelle amichevoli rimediavano quasi sempre pesanti sconfitte da squadre del Nord-Ovest anche non di primo piano. Il Genoa si confermò campione per la terza volta consecutiva, e la Coppa Duca degli Abruzzi non fu più assegnata.

A partire dal 1901 venne messo in palio un nuovo trofeo, la Coppa Fawcus. Fu il Milan, capitanato da Herbert Kilpin, la prima avversaria a riuscire a fermare la corsa degli assi genovesi, aggiudicandosi il titolo del 1901. I genoani, che nel frattempo adottarono quella che diverrà la loro classica casacca rossoblu, si rifecero vendicandosi dei rossoneri l'anno successivo, per poi ripetersi nel 1903. Nel 1904, anno in cui il Genoa conquistò definitivamente anche la Coppa Fawcus, fu istituito il torneo di Seconda Categoria, dedicato alle squadre riserve e alle formazioni provinciali, e il campionato italiano assunse la denominazione di Prima Categoria.[3]

Albo d'oro

Stagione Primo posto Secondo posto
1898 Bianco.svg
Genoa
600px Bianco e Nero (Strisce).svg
Internazionale Torino
1899 600px Bianco e Blu (Strisce).png
Genoa
600px Bianco e Nero (Strisce).svg
Internazionale Torino
1900 600px Bianco e Blu (Strisce).png
Genoa
600px Oro e Nero (Strisce).svg
Torinese
1901 Bianco e Rosso (Croce) e Rosso e Nero (Strisce).svg
Milan
600px Rosso e Blu con striscia Bianco e croce Rossa su sfondo Bianco.png
Genoa
1902 600px Rosso e Blu con striscia Bianco e croce Rossa su sfondo Bianco.png
Genoa
Bianco e Rosso (Croce) e Rosso e Nero (Strisce).svg
Milan
1903 600px Rosso e Blu con striscia Bianco e croce Rossa su sfondo Bianco.png
Genoa
600px five horizontal Black White stripes.svg
Juventus

Prima Categoria

Prima Categoria
Sport Football pictogram.svg Calcio
Tipo Campionato
Categoria Odierna Serie A
Federazione FIGC
Paese Italia
Continente Europa
Organizzatore FIGC
Cadenza Annuale
Apertura Inverno
Chiusura Primavera
Partecipanti Da 5 a 72
Formula Gironi Regionali + Finali Nazionali
Storia
Fondazione 1904
Soppressione 1922
Numero edizioni 15
Coppa Fawcus
Coppa Spensley
Coppa Buni
Coppa Oberti
Trofeo o riconoscimento

La Prima Categoria fu il massimo campionato italiano di calcio dal 1904 fino al 1922, anno della grande riforma del calcio nazionale nota come Compromesso Colombo.[1]

La manifestazione evolse negli anni partendo da una formula ad eliminazione diretta per poi introdurre un mutevole meccanismo basato su gironi regionali ed interregionali.

Storia

I primi anni

Il Genoa si aggiudicò la prima edizione del torneo nel 1904, ancora incentrata sui regolamenti dei campionati passati nonché al relativo trofeo, la Coppa Fawcus. Dal 1905 al torneo venne abbinata la nuova Coppa Spensley, donata dall'omonimo socio genoano. Il regolamento della trofeo, come per le precedenti Coppa Fawcus e Coppa Duca degli Abruzzi, prevedeva che esso sarebbe stato assegnato in via permanente alla società che se lo fosse aggiudicato per tre annate consecutive o per cinque complessive.

I primi bianconeri Campioni d'Italia nel 1905

Lo svilupparsi del movimento calcistico convinse la FIF (dal 1909 FIGC), appena iscrittasi alla FIFA, ad una riforma del campionato a partire dal 1905, sostituendo alle gare secche una serie di gironi eliminatori regionali, propedeutici al girone finale nazionale, ed introducendo le partite di andata e ritorno. La Juventus, squadra che aveva raggiunto le due precedenti finali, riuscì a cogliere la sua prima vittoria dopo un inaspettato scivolone casalingo del Grifone contro la Milanese all'ultima giornata.

Mentre le pionieristiche società avversarie pian piano chiudevano i battenti, rossoblù, rossoneri e bianconeri erano gli autentici pilastri di questo primordiale football italiano. Col passare degli anni, tuttavia, la primigenia matrice inglese cominciò ad attenuarsi, mentre larghissimo piede acquistò la nuova componente formata da giocatori svizzeri tedeschi: fu grazie ad essi che il Milan tornò alla vittoria nel 1906, dopo la rinuncia della Juventus a disputare la ripetizione della gara di spareggio per la assegnazione del titolo, e nel 1907.

Intanto, già nel 1906 soci dissidenti della Juventus si erano riuniti a sportivi orfani delle altre defunte squadre del capoluogo piemontese, fondando il Torino.

La crisi del 1908 e l'italianizzazione del torneo

La Pro Vercelli campione d'Italia 1909

Verso la fine del decennio, il calcio italiano andò incontro ad importanti cambiamenti, dovuti alla decisione della FIF di italianizzare a forza il campionato, escludendovi i giocatori stranieri che pure avevano fondato il gioco in Italia. La scelta della Federazione colpì duramente i Football Club e diede largo spazio alle Società Ginniche che, più deboli in quanto non dirette dai maestri albionici, erano però usualmente formate completamente da atleti italici e fino ad allora si erano interessate maggiormente al parallelo campionato organizzato dalla Federazione della Ginnastica. All'assemblea del 20 ottobre 1907, infatti, il presidente della Doria, Oberti, presentò un ordine del giorno con cui proponeva di dividere la Prima e la Seconda Categoria (ma non la Terza) in due competizioni parallele: una italiana (che assegnava il tradizionale titolo di "Campione d'Italia" e la nuova Coppa Romolo Buni) per i soli giocatori del Belpaese, e una federale (assegnataria del neonato titolo di "Campione Federale d'Italia" e della prestigiosa Coppa Spensley) che fosse aperto sia ai calciatori nostrani che a quelli stranieri.[2]

Football Club contestarono duramente la separazione de iure fra i due campionati, in quanto sottraeva agli atleti stranieri il diritto di competere per il titolo di "Campione d'Italia" e li relegava a disputarsi il minor riconoscimento di "Campione Federale". Malgrado la FIF avesse pubblicamente definito il torneo federale "maggior gara" rispetto a quello italiano, tale deminutio capitis apparve evidente quando il Milan, maggior candidato alla conquista definitiva della Coppa Spensley, annunciò il 1º gennaio 1908 la propria decisione di rinunciare a disputare entrambe le competizioni «in segno di protesta contro l'illegale ed arbitrario procedere della Federazione»: secondo La Stampa, infatti, «il Milan Club aveva inviato la propria iscrizione al Campionato Federale, subordinandola ai diritti acquisiti con vincere per due anni consecutivamente la Coppa Spensley, con il titolo di Coppa del Campionato Italiano. La Federazione non poteva aderire al desiderio del Milan Club, sconfessando le deliberazioni di una vasta maggioranza, che volle per l'avvenire destinata al Campionato Federale tale Coppa, mutando così titolo e significato alla medesima; e in questo senso il Comitato direttivo della FIF rispose al Milan Club, aggiungendo che in caso di nuova vittoria si sarebbe cercato di salvaguardare i diritti preesistenti.»[3]

Questa considerazione, e in più il timore che l'accettazione della politica nazionalistica della Federazione sarebbe stata il primo passo verso la completa epurazione degli stranieri, portò la maggioranza dei Club a ritirarsi per protesta dal torneo federale, vinto poi dalla Juventus. A vincere il torneo italiano, snobbato anch'esso dai Club, fu la debuttante Pro Vercelli: i nuovi arrivati neutralizzarono i liguri dell'Andrea Doria e i lombardi dell'US Milanese conquistando il loro primo titolo.[2] Il nuovo calcio italiano usciva così dalle metropoli: cominciava il periodo d'oro delle provinciali. I cambiamenti non finirono però qui, poiché a Milano, il 9 marzo 1908, il Milan subì un'analoga secessione che diede origine all'Inter.

La rosa del primo scudetto nerazzurro nel 1910

A settembre si tenne nel capoluogo lombardo una riunione delle società, nella quale i club ribelli, onde mediare con la Federazione, proposero di chiamare i due tornei Campionato Italiano Nazionale e Campionato Italiano Federale e di istituire una finale tra i due vincitori per il titolo assoluto, con lo scopo di eliminare la differenziazione giuridica fra i due tornei.[4] All'assemblea dell'8 novembre 1908, si decise di assegnare definitivamente la Coppa Spensley al due volte detentore Milan a titolo risarcitorio (fatto che contribuì a invalidare il campionato federale del 1908 e a far riconoscere come unico campionato regolare quello italiano), tuttavia fu mantenuta anche per la stagione successiva la formula dei due campionati federale e italiano, rifiutando la concessione ai dissidenti del cambiamento di denominazione del campionato federale.[5][6] La reazione dei Football Clubs al nuovo affronto subito fu stavolta più tattica: agendo esattamente all'opposto rispetto all'anno prima, parteciparono al gran completo al campionato federale in modo da renderlo il solo campionato di rilievo, continuarono il boicottaggio del campionato italiano e rinviarono all'anno seguente la ricomposizione del braccio di ferro con la Federazione. La Pro Vercelli vinse così la Coppa Zaccaria Oberti abbinata alla vittoria del Campionato Federale, il quale venne poi riconosciuto negli albi d'oro come vero titolo di "Campione d'Italia", mentre il Campionato Italiano vinto dalla Juventus fu a posteriori disconosciuto.[7]

Nel frattempo la Federazione, ora ridenominata FIGC, fece una parziale marcia indietro riaprendo a quote di stranieri, ma soprattutto decise una drastica riforma del campionato. Sul modello della First Division inglese, nella stagione 1909-10 il meccanismo del torneo venne semplificato iscrivendo tutte le nove partecipanti ad un girone unico: esso avrebbe determinato una classifica di cui la squadra che ne avesse guadagnato la testa a fine stagione avrebbe vinto il titolo federale, ovvero di "Campione d'Italia", mentre alla squadra "pura italiana" che avrebbe totalizzato più punti negli scontri diretti sarebbe stato assegnato il titolo italiano, di secondaria importanza e di lì a poco nuovamente disconosciuto.[8] Alla fine della stagione, essendo l'Inter e la Pro Vercelli campione italiana appaiate in classifica, si dovette ricorrere ad uno spareggio per il titolo federale: il successo tricolore arrise ai nerazzurri dopo una grandissima polemica dei vercellesi contro la FIGC riguardo alla scelta della data della disputa della gara, schierando la quarta squadra comprendente giocatori dagli 11 ai 15 anni, che persero 10-3.[9] Per il forte comportamento antisportivo, la Pro Vercelli subì una squalifica. Dopo il 1910 la separazione fra i due titoli cessò ufficialmente di esistere, e venne ripristinato lo status quo precedente al 1907.

L'allargamento del torneo

Campionato dell'Italia Meridionale (Prima Categoria)
Stagione Vincitore 2º posto Risultato finalissima
1912-13 Lazio Naples 0 - 6 (vs. Pro Vercelli)
1913-14 Lazio Internazionale Napoli 1 - 9 (vs. Casale)
1914-15 Interrotto per cause belliche.[10]
1919-20 Livorno Fortitudo Pro Roma 2 - 3 (vs. Inter)
1920-21 Pisa Livorno 1 - 2 (vs. Pro Vercelli)

La Federazione era a questo punto intenzionata ad allargare gli angusti confini del torneo, onde dargli davvero una valenza nazionale, ma il problema era la nettissima differenza di valore fra le squadre provenienti dalle diverse parti del Paese. Nel 1910, comunque, la FIGC decise di innalzare il campionato veneto, che già si disputava da alcune stagioni, facendolo diventare parte del torneo nazionale a seguito dell'istituzione del "Comitato Regionale Veneto-Emiliano", a cui partecipò anche il Bologna, unica squadra transpadana cui fu riconosciuto il livello di Prima Categoria. Nel 1911 furono inserite in Prima Categoria il Vicenza e nel 1912 il Venezia a sfidare i campioni occidentali, ma in entrambi i casi dato il troppo elevato valore tecnico la Pro Vercelli, nella gara conclusiva, inflisse loro sonore lezioni con cinque gol al passivo per i biancorossi e addirittura tredici per i neroverdi lagunari.

Per garantire la definitiva patente di nazionalità al titolo, la FIGC aveva però bisogno che il campionato coinvolgesse anche tutto il Centro e il Sud, e non solo la Pianura Padana. A quei tempi le formazioni meridionali disputavano vari tornei regionali inquadrati nella Terza Categoria. Data la disparità del numero delle società affiliate, per raggiungere l'obiettivo prefissatosi la Federazione non poteva non attuare una sfasatura tra l'organizzazione calcistica delle due parti del Paese, elevando d'ufficio i tornei del Sud alla Prima Categoria per le squadre in possesso di un campo cintato di dimensioni 90 m × 50 m, pur non essendo tali raggruppamenti minimamente paragonabili al livello tecnico raggiunto da quelli del Nord ed apparendo dunque tale ricatalogazione puramente fittizia. Dato che contemporaneamente al Nord erano stati ristabiliti i gironi eliminatori regionali propedeutici al girone finale, gli incontri conclusivi fra i campioni del Nord e quelli del Sud presero il nome di girone finalissimo o, semplicemente, di finalissima. Questo piano di riforma rese necessaria l'introduzione di promozioni e retrocessioni con la nuova Promozione, il cosiddetto progetto Valvassori-Faroppa, che venne approvato all'assemblea federale del 31 agosto 1912. Il nuovo campionato, che per la prima volta introduceva il concetto di titolo sportivo, prevedeva:[11]

  • la disputa di tre gironi regionali: Piemonte, Lombardia-Liguria e Veneto-Emilia nell'Italia settentrionale di massimo sei squadre ciascuno; le migliori di ogni girone si sarebbero qualificate alle finali Nord Italia mentre l'ultima di ogni girone sarebbe retrocessa;
  • l'istituzione di un torneo dell'Italia meridionale, anch'esso suddiviso in una prima fase a livello regionale e in una fase finale subnazionale tra i campioni regionali; la vincente del torneo centro-meridionale avrebbe affrontato per il titolo in finalissima i campioni del Nord.
Il Casale dello storico scudetto 1914

Questo complicato meccanismo rese però sempre più lungo ed affollato il campionato perché, grazie al neo costituito campionato di Promozione che metteva in palio la promozione al massimo torneo, le retrocessioni stabilite sul campo venivano sistematicamente revocate all'inizio della stagione successiva grazie al progressivo e continuo allargamento del numero delle squadre ammesse alla massima categoria.

Nella stagione sportiva 1913-1914 venne la volta del piccolo ma grande rivelazione del torneo Casale, sorprendente formazione del Monferrato mentre il successivo torneo fu bloccato ad un passo dalla conclusione a causa dell'intervento italiano nella prima guerra mondiale. Per quest'ultima stagione il titolo del Genoa fu riconosciuto solo dopo la fine del conflitto.

Il numero delle partecipanti
Nella tabella qui sotto, possiamo capire l'incremento esponenziale delle partecipanti al campionato nel corso degli anni dieci e nell'immediato primo dopoguerra. Il torneo era riservato alle squadre del Triangolo Industriale fino al 1912, ammettendo nelle ultime due edizioni una rappresentante del Nord-Est alla finalissima. In quell'anno le società occidentali e quelle orientali vennero integrate in un unico campionato del Nord, ammettendo quindi alla finalissima la miglior squadra dell'Italia del Centro-Sud.
Stagione Fase regionale Fase nazionale Finalissima
1904 5 3  
1905 6 3  
1906 5 3  
1907 6 3  
1908 4 3  
1909 9 4  
1909-10 9  
1910-11 9 and / rit
1911-12 10 and / rit
1912-13 18 6 A Genova
1913-14 29 6 and / rit
1914-15 36 16  
1919-20 48 18 A Bologna
1920-21 64 16 A Torino

La crisi del 1921 e la Prima Divisione

Con la ripresa postbellica del 1919 cominciarono intensi dibattiti in vista di una riduzione e razionalizzazione del campionato, discussioni che sfociarono però in un nulla di fatto a causa dell'ostruzionismo delle provinciali che temevano per il proprio futuro all'interno di un eventuale torneo più elitario. L'Inter nel 1920 e la Pro Vercelli nel 1921 si laurearono così campioni dopo una lunghissima serie di gironi e partite, molte delle quali inutili e scontate. Nella stagione 1920-21 si arrivò addirittura a ben 88 squadre di cui 64 iscritte al torneo del Nord, quello di gran lunga più importante, tant'è che la finalissima si dovette disputare addirittura il 24 luglio

Vittorio Pozzo, ideatore del campionato di Prima Divisione.

Vittorio Pozzo, sostenuto dalle grandi società, presentò quindi un piano di riforma che prevedeva l'eliminazione delle eliminatorie regionali, sostituite con grandi gironi estesi all'intero Nord Italia; ciò postulava ovviamente una decisa decurtazione delle partecipanti al campionato riducendo le partecipanti a sole 24 divise in due gruppi, un livello leggermente superiore a quello delle 16 ammesse alle semifinali della stagione in via di conclusione, calcolato in modo da mantenere sostanzialmente invariato il numero di gare disputate dai futuri campioni d'Italia rispetto al recente passato. Il progetto Pozzo prevedeva così:[12]

  1. una Prima Divisione, o Divisione A a 24 squadre, così suddivise: 7 del Piemonte, 5 della Lombardia, 3 della Liguria, 4 dell'Emilia, 3 del Veneto e 2 della Toscana.
  2. una Seconda Divisione, o Divisione B a 48 squadre, a cui avrebbero partecipato le partecipanti al Campionato di Prima Categoria 1920-21 ma non ammesse alla nuova Prima Divisione, più le vincenti delle Finali di Promozione Regionale.
  3. una Terza Divisione, o Divisione C a livello regionale, a cui avrebbero partecipato le squadre di Promozione non ammesse alla Seconda Divisione, più le vincenti dei campionati di Terza Categoria Regionale.
  4. una Quarta Divisione, o Divisione D a livello regionale, corrispondente alla vecchia Terza Categoria Regionale.

Fu così che le 24 maggiori società italiane, approvando la riforma di Pozzo, si riunirono a Milano firmando il cosiddetto patto di Milano, che stabiliva che le squadre ammesse alla nuova Prima Divisione ridotta a 24 squadre sarebbero state solo loro.[13] Tale atto arbitrario generò alcune polemiche riguardo alla scelta delle 24 elette, perché se da un lato si ammettevano squadre che la stagione precedente avevano disputato campionati deludenti (come ad esempio il Brescia il cui giocatore Albertoni fu processato per professionismo e squalificato per due anni, eliminato nelle eliminatorie, e con il campo squalificato per ripetuti atti d'indisciplina, oppure l'Hellas Verona, eliminato nel girone Veneto), dall'altra parte si escludevano squadre che per meriti sportivi avrebbero avuto pieno diritto a parteciparvi, come la Bentegodi semifinalista subnazionale e Saronno e Trevigliese finaliste lombarde.[13] Le piccole società ritenevano inoltre che il numero di promozioni dalla Seconda alla Prima Divisione fosse troppo ridotto: solo la vincente della Seconda Divisione avrebbe sostituito una retrocedenda dalla Prima Divisione, mentre le società minori pretendevano un numero maggiore di promozioni.[13] Fu così che le società minori proposero un piano di riforma alternativo di quello Pozzo, il progetto delle società minori, concordato a Novi e a Milano:[13]

  1. Prima Categoria a 72 squadre, suddivise in otto gironi eliminatori.
  2. Promozione, senza cambiamenti e con le sei vincenti promosse.
  3. Terza Categoria, con l'esclusione delle terze squadre.

Il progetto prevedeva inoltre la disputa di una Coppa Italia, riservata per le eliminate dalla Prima Categoria e dalla Promozione.

Fu così che Pozzo arrivò a presentare il suo progetto a Torino, sede della Federazione, in un clima di tensione la mattina di domenica 24 luglio, lo stesso giorno della finalissima fra Pro Vercelli e Pisa in programma nel pomeriggio nel capoluogo piemontese, e in occasione della quale il Consiglio Federale era stato convocato. Le piccole società, ritrovatesi a loro volta a Novi Ligure il giorno prima, erano decise a dar battaglia. E infatti il Consiglio Federale, con 113 voti contro 65, bocciò la riforma Pozzo. L'insofferenza delle società metropolitane era però giunta al culmine: fu così che 24 squadre, le più forti e rappresentative, abbandonarono la federazione fondando una Confederazione Calcistica Italiana col compito di organizzare un campionato sul sistema del Progetto Pozzo (ma con la sola differenza che le ultime classificate dei gironi di Lega Nord non sarebbero retrocesse direttamente, bensì avrebbero potuto disputare degli spareggi-salvezza contro le migliori compagini di Seconda Divisione).[14] Nella stagione 1921-1922 si ebbero così due campioni, la federata Novese e una confederale Pro Vercelli giunta al canto del cigno, mentre la Coppa Italia FIGC fu vinta dal sorprendente Vado Ligure, una squadra di Promozione; l'insostenibilità di una situazione senza sbocchi portò le due fazioni a riconciliarsi di fronte a un arbitro super partes e sulla base del Compromesso Colombo, tanto da stabilire che:

  • le due associazioni sarebbero state riunificate mediante lo scioglimento della Confederazione e il reintegro delle società secessioniste nei ranghi federali;
  • il campionato 1922-23, ora denominato Prima Divisione sulla falsariga di quello organizzato dalla CCI, sarebbe stato composto da 36 squadre suddivise in tre gironi;
  • il nuovo torneo sarebbe stato gestito operativamente dalla Lega Nord e dalla Lega Sud della disciolta Confederazione e ora integrate nell'organigramma della Federazione;
  • nel settore meridionale si manteneva la solita struttura dei campionati regionali, riservandosi di operare tutte le misure necessarie per elevarne il tasso tecnico;
  • le vecchie categorie venivano abolite e tutte le squadre affiliate alla Federazione sarebbero state redistribuite su quattro livelli, di cui la Seconda Divisione e la Prima, a carattere nazionale e gestite dalle Leghe Nord e Sud, mentre i Comitati Regionali federali avrebbero continuato a organizzare i campionati regionali dove le precedenti categorie "Promozione" e Terza Categoria" sarebbero state trasformate in Terza e Quarta Divisione;
  • a partire dalla successiva stagione 1923-24, il campionato sarebbe stato formato da sole 24 squadre mediante la retrocessione di dodici squadre e il blocco una tantum delle promozioni;
  • la Federazione doveva riconoscere la piena validità del titolo di Campione d'Italia guadagnato dalla Pro Vercelli nel concluso torneo confederale.

Il Compromesso Colombo consacrava così la nuova massima categoria, la Prima Divisione, composta da una Lega Nord a 36 società, da ridursi a 24 a partire dalla stagione successiva, più una Lega Sud che invece continuava coi vecchi gironi regionali. La nuova Seconda Divisione comprendeva invece 48 società, suddivise in sei gironi da otto partecipanti, così stabilite:[15]

  • 4 perdenti gli spareggi previsti dal Compromesso Colombo, più le 2 perdenti gli spareggi-salvezza del torneo CCI[14]
  • 28 provenienti dalla Prima Categoria FIGC
  • 4 provenienti dalla Seconda Divisione CCI (i 4 campioni regionali)
  • 6 provenienti dalla Promozione FIGC (i 6 campioni regionali)
  • 2 provenienti dalla Venezia Giulia
  • 1 indicata dalla CCI
  • 1 indicata dalla FIGC

In seguito allo scioglimento o la mancata iscrizione di ben dieci delle aventi diritto a parteciparvi, furono ammesse al loro posto le seconde classificate dei campionati regionali di Promozione FIGC e Seconda Divisione CCI.[16]

Di fatto, quindi, il campionato di Prima Categoria fu soppresso e al suo posto furono istituite due nuove categorie di livello subnazionale/interregionale gestite dalla Lega Nord:

  • I livello: Prima Divisione a 36 squadre, campionato subnazionale (con gironi estesi a tutto il settentrione)
  • II livello: Seconda Divisione a 48 squadre, campionato interregionale ma con fase finale subnazionale.

Prima Divisione

La Prima Divisione era il nome dato, nel corso degli anni venti e fino al 1926, al massimo campionato italiano di calcio.

Il torneo ebbe anche edizioni successive, ma con un continuo declassamento e snaturamento del concetto originario della competizione, scendendo progressivamente dal secondo al quarto livello del calcio italiano, fino alla sua definitiva scomparsa nel 1959.

Storia

Origini

Vittorio Pozzo, l'ideatore della nuova competizione.

Fu istituito nel 1921 in seguito alla scissione fra la FIGC e le maggiori società dell'epoca che avevano costituito una propria associazione privata, la CCI. Il campionato italiano di Prima Categoria infatti, disputato ad inizio secolo da poche squadre dell'Italia nord-occidentale, si era poi ingrandito fino ad arrivare, nel 1920, alla cifra-record di 88 partecipanti complessive. Le maggiori formazioni, interessate ad un torneo più elitario, accolsero con entusiasmo un piano volto in tal senso presentato nell'estate del 1921, ma tale progetto fu respinto dalle piccole società, causando dunque la spaccatura della Federazione.

Nel 1922 si disputarono così due campionati, la Prima Categoria FIGC vinta dalla sorprendente Novese e la Prima Divisione CCI vinta da una Pro Vercelli giunta al canto del cigno. Dopo un anno tuttavia, consci dell'insostenibiltà della situazione, i dirigenti delle due organizzazioni addivenirono ad un accordo per la riunificazione del campionato che, dopo un anno di transizione, ritornò alla formula ideata da Vittorio Pozzo, ma finalmente sotto le insegne della FIGC.

Nel 1923 e nel 1924 il Genoa completò la sua epopea vincendo i suoi due ultimi titoli e facendo in tempo a divenire la prima società a fregiarsi dello scudetto. La riforma del 1922 aveva definitivamente cambiato il calcio italiano, che si avviava verso il professionismo, chiudendo le porte alle provinciali e a molte Grandi di inizio secolo. Nuove forze facevano irruzione nel campionato.

Il sodalizio della Juventus con la famiglia Agnelli e l'ingresso del fascismo nel calcio

Il 24 luglio 1923 fu una data storica per il calcio italiano, poiché l'elezione di Edoardo Agnelli alla presidenza della Juventus segnò l'ingresso della potentissima famiglia torinese proprietaria della FIAT nelle vicende del campionato. Gli abbondanti capitali di Casa Agnelli fecero rifiorire il sodalizio bianconero, in gravissima crisi dai tempi della scissione che aveva fatto nascere il Torino, e lo portarono nel giro di tre decenni a diventare la più titolata squadra italiana.

Il Bologna scudettato nel 1925.

Nel frattempo però nacque anche l'astro del Bologna che, sospinto dalle reti del bomber Angelo Schiavio, raggiunse lo scudetto nel 1925 dopo un'interminabile e polemicissima serie di finali contro i genoani, segnate da gravi disordini di ordine pubblico che sfociarono addirittura in scontri con colpi di armi da fuoco.

Con la prima storica Grande del campionato definitivamente avviata sul viale del tramonto, le due nuove Potenze del torneo si ritrovarono a contendersi direttamente fra loro la vittoria l'anno successivo, e stavolta a prevalere furono i bianconeri che si aggiudicarono il loro secondo scudetto a ventun anni di distanza dal primo.

Nell'estate del 1926 con la Carta di Viareggio il governo fascista riorganizzò il campionato abolendo la divisione fra Nord e Sud, inaccettabile dal punto di vista degli ideali nazionalistici del regime. Le vecchie Leghe Nord e Sud vennero di conseguenza smantellate: diciassette formazioni provenienti dall'ex Lega Nord e tre formazioni provenienti dall'ex Lega Sud, l'Alba Roma, la Fortitudo Roma e il Napoli, furono iscritte alla nuova Divisione Nazionale che apriva ufficialmente le porte al professionismo.

Struttura

La formula ordinaria del campionato prevedeva due gironi da 12 squadre ciascuno (nel 1923, invece, furono tre), gestiti da un apposito organismo, la Lega Nord. Le vincitrici si sarebbero sfidate in una finale in andata e ritorno per determinare il Campione settentrionale. Al Sud invece il meccanismo continuava uguale a come era organizzato nell'ambito della defunta Prima Categoria, cioè con campionati locali, gestiti dai Comitati Regionali, ora però riuniti sotto un organismo più ampio denominato Lega Sud. Una finalissima avrebbe poi messo di fronte i vincitori del Nord con quelli del Sud al fine di assegnare il titolo di Campione d'Italia.

Retrocessioni

Nella maggior parte delle edizioni la squadra ultima classificata di ciascun girone di Lega Nord scendeva l'anno successivo direttamente in Seconda Divisione. Eccedettero alla regola le stagioni 1922 (nella quale le ultime classificate settentrionali disputavano spareggi salvezza contro le migliori compagini di Seconda Divisione)[1][2][3][4] e 1923 (con quattro retrocessioni dirette nei gironi Nord). Nel 1924, inoltre, furono le penultime classificate a disputare dei play-out, mentre nel 1925, a causa dell'iscrizione in sovrannumero del Mantova, uno dei due gironi fu eccezionalmente a 13 squadre, per cui si stabilì che anche la penultima classificata di questo raggruppamento sarebbe retrocessa.

Un analogo meccanismo relegatorio, seppure più instabile a causa delle continue fusioni e soppressioni di società in dissesto sportivo e finanziario, era in vigore nei campionati regionali del Sud.

Fondatori della Lega Nord

Club Apparizioni in
Prima Divisione
Apparizioni in
Seconda Divisione
Uscita
dalla Lega
Alessandria 5 - -
Andrea Doria 5 - -
Brescia 5 - -
Bologna 5 - -
Casale 5 - -
Genoa 5 - -
Internazionale 5 - -
Juventus 5 - -
Legnano 5 - -
Livorno 5 - -
Mantova 4 1 -
Milan 5 - -
US Milanese 2 3 -
Modena 5 - -
Novara 5 - -
Padova 5 - -
Pisa 5 - -
Pro Vercelli 5 - -
Savona 2 3 -
Spezia 4 1 -
Torino 5 - -
Venezia 1 4 -
Verona 5 - -
Vicenza 1 3 lasciata nel 1924

Confluenti dalla FIGC

Club Apparizioni in
Prima Divisione
Apparizioni in
Seconda Divisione
Uscita
dalla Lega
Cremonese 4 - -
Esperia Como 1 2 lasciata nel 1925
Lucchese 1 3 -
Novese 2 2 -
Pastore Torino 1 1 lasciata nel 1924
Petrarca Padova 1 3 -
Rivarolese 1 3 -
Sampierdarenese 4 - -
Spal 1 3 -
Speranza Savona 1 3 -
US Torinese 1 1 lasciata nel 1924
Udinese 2 2 -
Virtus Bologna 2 1 lasciata nel 1925

Membri per promozione

Club Apparizioni in
Prima Divisione
Apparizioni in
Seconda Divisione
Uscita
dalla Lega
Derthona (dalla CCI) 2 2 -
Reggiana (dalla FIGC) 2 2 -
Parma (dalla FIGC) 1 3 -

Vincitori

Questa è la lista delle squadre vincitrici della Prima Divisione nel periodo in cui essa era la massima serie:

Il declassamento del torneo

La Juventus vincitrice del campionato di Prima Divisione 1925-1926, l'ultimo giocato al massimo livello italiano.

I fasti della Prima Divisione furono di breve durata. Il suo meccanismo era già in origine concepito come una fase di passaggio verso l'istituzione di un campionato nazionale e a girone unico come avveniva da decenni in Inghilterra. Fu così che nel 1926 le sue migliori società furono promosse in un neo-costituito torneo, la Divisione Nazionale, finalmente unificato fra Nord e Sud. La Prima Divisione formalmente continuò ad essere disputata, ma era ora ridotta, senza più lo scudetto in palio, a rappresentare il secondo livello del campionato italiano.

Una volta divenuta la serie cadetta del calcio tricolore, la Prima Divisione mantenne ancora una finale a livello nazionale ma, seppure la competizione fosse gestita dal nuovo Direttorio Divisioni Superiori come accadeva alla massima categoria, il torneo non si strutturò più su gironi nazionali come in precedenza, ma assunse un format basato su quattro gironi interregionali improntati su criteri geografici di vicinanza, esattamente come accadeva in precedenza per la Seconda Divisione. Le vincenti di ognuno dei quattro gironi sarebbero state promosse in Divisione Nazionale.

Con il trascorrere degli anni poi fu ulteriormente declassata, a causa della progressiva suddivisione del livello superiore, la Divisione Nazionale, in più serie. Nel 1928, infatti, la FIGC stabilì che il campionato di massima serie, la Divisione Nazionale, si sarebbe sdoppiata in due serie a girone unico: la Divisione Nazionale Serie A (o semplicemente Serie A) e la Divisione Nazionale Serie B (o semplicemente Serie B). Conseguenza di questa riforma fu che la Prima Divisione fu ulteriormente declassata rappresentando il terzo livello a partire dal 1929: la Prima Divisione avrebbe continuato a mettere in palio tre o quattro promozioni nella Divisione Nazionale della stagione successiva, ma non più nella massima serie (Serie A), bensì in Serie B. Quando poi la FIGC nel 1934 stabilì di istituire il campionato di Divisione Nazionale Serie C (o semplicemente Serie C) a partire dalla stagione 1935-1936, la Prima Divisione fu ulteriormente declassata: le migliori sei classificate di ogni girone di Prima Divisione 1934-1935 si qualificarono al nuovo campionato di Divisione Nazionale Serie C, mentre le rimanenti squadre andarono a costituire la nuova Prima Divisione, che non solo venne declassata a quarto livello, ma perse anche il carattere di campionato interregionale/nazionale (era fino ad allora gestita dal D.D.S., la stessa lega che gestiva i campionati di Serie A e Serie B), venendo affidata, da allora in poi, alla gestione dei Comitati Regionali. I campionati regionali di Prima Divisione (gestiti dai Direttori di Zona) continuavano ancora a mettere in palio delle promozioni in Divisione Nazionale, ma non più in Serie B, bensì in Serie C. Negli anni successivi fu ulteriormente declassata, rappresentando il quinto livello dal 1948 (a causa dell'istituzione del campionato interregionale di Promozione tra la Serie C e la Prima Divisione) e il sesto livello dal 1952 con la nascita della IV Serie e della Promozione.

Fu infine definitivamente abolita nel 1959 con la riforma che portò alla creazione delle tre categorie dilettantistiche regionali.

Dal 2008 al 2014 viene chiamata Lega Pro Prima Divisione la vecchia Serie C1.

Divisione Nazionale

La Divisione Nazionale fu il nome assunto da cinque edizioni della prima divisione del campionato italiano di calcio. Le prime tre di esse si svolsero tra il 1926-27 e il 1928-29 e le altre due furono a cavallo della fine della seconda guerra mondiale, nel 1943-44 e 1945-46, quando già il vertice del calcio in Italia si chiamava Serie A.

Origini

Fu istituita nel 1926 in seguito alla riforma dei campionati prevista dalla Carta di Viareggio, documento voluto dal regime fascista al fine di sottomettere il mondo del calcio alla propria autorità totalitaria.

Il campionato italiano era disputato ad inizio secolo solo da squadre dell'Italia settentrionale, e solo nel 1912 fu istituito un torneo del Sud, la cui vincitrice avrebbe sfidato i campioni del Nord per l'assegnazione dello scudetto. Il tasso tecnico fra le squadre delle due parti della penisola era però totalmente sproporzionato, e le finalissime nazionali si risolvevano di regola in pesanti rovesci per le rappresentanti meridionali.

Il fascismo, in linea coi propri ideali nazionalistici e di unità nazionale, volle superare dunque questa dicotomia inserendo in un campionato esteso a tutta la Penisola sia squadre del Nord che le migliori società del Sud. Vennero dunque prescelti due sodalizi di Roma e uno di Napoli che potessero contendersi il titolo con le blasonate formazioni del Nord.

Dopo un anno tuttavia l'esperimento sembrò già in crisi poiché tutte e tre le rappresentanti del Sud erano risultate retrocesse, schiacciate dalla potenza delle rivali settentrionali. Federazione e Governo non si diedero però per vinti: ribadendo i propri propositi, ripescarono le malcapitate e allargarono il campionato. Era chiaro tuttavia come la nuova struttura del campionato fosse altamente instabile e necessitasse di una nuova riforma.

Struttura

La formula originaria del campionato prevedeva due gironi da 10 squadre ciascuno, gestiti da un apposito organismo, il Direttorio Divisioni Superiori. Le tre migliori formazioni di ciascun raggruppamento sarebbero poi state riunite in un nuovo gruppo unico valido per l'assegnazione dello scudetto. Le escluse avrebbero partecipato invece a un torneo di consolazione, la Coppa CONI. Nel 1927 le magre figure riportate dalle società del Sud comportarono l'allargamento del torneo da 20 a 22 squadre, e anche la fase finale fu portata da sei a otto partecipanti nell'intento di coinvolgere un maggior numero di città nella lotta per il titolo.

Retrocessioni

In teoria il regolamento avrebbe previsto che le ultime due classificate di ogni raggruppamento retrocedessero nella declassata Prima Divisione (nel 1927-28 furono portate a tre per girone per far ritornare la categoria a 20 squadre dopo il momentaneo allargamento a 22). In realtà i continui ripescaggi comportarono de facto il blocco delle retrocessioni sia per il 1927 sia, come vedremo, per il 1928.

Vincitori

Questa è la lista delle squadre vincitrici della Divisione Nazionale:

La nascita della Serie A

La Divisione Nazionale intesa come campionato unico ebbe breve vita. Il suo meccanismo, instabile, era già in origine concepito come una fase di passaggio. Nel 1928 venne così deciso di fare finalmente il grande passo e istituire un girone unico nazionale come avveniva da decenni in Inghilterra. Il torneo fu quindi, come misura transitoria, autoritativamente allargato a 32 squadre per la stagione 1928-29. Al termine dell'annata, in base alla classifica, le società sarebbero state suddivise in due gruppi o, meglio, due serie: le peggiori avrebbero formato la Serie B, mentre le migliori sarebbero state le fondatrici del nuovo campionato italiano, la Serie A.

A dire la verità la Divisione Nazionale non sparì del tutto: il nome completo della nuova massima competizione sarebbe stato Divisione Nazionale Serie A, come quello del torneo cadetto Divisione Nazionale Serie B, appellativi che continueranno ad essere usati nei decenni successivi specialmente da alcuni dei più anziani giornalisti sportivi. La Divisione Nazionale non fu quindi abolita: fu semplicemente divisa in due serie, la Divisione Nazionale A e la Divisione Nazionale B, come sarebbe accaduto in seguito (nel 1978) con la Serie C, scissa in C1 e C2. Nel 1935 fu istituita un'ulteriore Serie della Divisione Nazionale, la Divisione Nazionale C, o semplicemente Serie C, questa però non a girone unico, ma a gironi plurimi. Solo nei primi anni del dopoguerra, la denominazione completa delle tre serie andò in disuso e il termine Divisione Nazionale finì con l'essere tagliato dalla denominazione: sui giornali e sugli almanacchi dell'anteguerra, sopra le classifiche, i campionati erano definiti come Divisione Nazionale - Serie ADivisione Nazionale - Serie B e Divisione Nazionale - Serie C.