Campioni Stranieri

Joe Louis (1914)

Bob Cousy (1928)

Bill Russell (1934)

Wilt Chamberlain (1936)

Nate Thurmond (1941)

Elvin Hayes (1945)

Kareem Abdul-Jabbar (1947)

Elmore Smith (1949)

Chuck Jura (1950)

Bob Morse (1951)

Mike D'Antoni (1951)

Mike Sylvester (1951)

Larry Kenon (1952)

John Lucas (1953)

Dragan Kićanović (1953)

Joe Pace (1953)

Adrian Dantley (1955)

Moses Malone (1955)

Larry Bird (1956)

Mark Eaton (1957)

Darwin Cook (1958)

Roosevelt Bouie (1958)

Oscar Schmidt (1958)

Magic Johnson (1959)

Zam Fredrick (1959)

Dale Ellis (1960)

Darren Daye (1960)

Fat Lever (1960)

John Stockton (1962)

Alvin Robertson (1962)

Hakeem Olajuwon (1963)

Karl Malone (1963)

Michael Jordan (1963)

Scott Skiles (1964)

Dikembe Mutombo (1966)

Kendall Gill (1968)

Gary Payton (1968)

Latrell Sprewell (1970)

Shaquille O'Neal (1972)

Jason Kidd (1973)

Steve Nash (1974)

Tim Duncan (1976)

Kobe Bryant (1978)

Steve Blake (1980)

Gilbert Arenas (1982)

Alan Anderson (1982)

Ben Gordon (1983)

LeBron James (1984)

Dwight Howard (1985)

Chris Paul (1985)

Stephen Curry (1988)

Brook Lopez (1988)

Chandler Parsons (1988)

James Harden (1989)

Klay Thompson (1990)

T.J. McConnell (1992)

Andre Drummond (1993)

Ben Simmons (1996)

Devin Booker (1996)

Earvin Johnson Jr., meglio conosciuto come Magic Johnson (Lansing14 agosto 1959), è un ex cestistaallenatore di pallacanestroimprenditore e dirigente sportivo statunitense, considerato uno dei più grandi giocatori della storia della pallacanestro[1][3].

Ha vinto cinque titoli NBA con i Los Angeles Lakers, l'oro alle Olimpiadi 1992 e al Tournament of the Americas 1992 con il Dream Team statunitense, nonché un titolo NCAA con Michigan State nel 1979[1]. È stato eletto tre volte miglior giocatore NBA e miglior giocatore delle finali NBA. Il suo nome figura nel Naismith Memorial Basketball Hall of Fame[4] e nella lista dei 50 migliori giocatori della storia NBA[5]. La sua maglia numero 32 è stata ufficialmente ritirata dai Lakers il 16 febbraio 1992[6].

Magic Johnson è stato capace di rivoluzionare la pallacanestro[1][7]: giocò infatti da playmaker, un ruolo tradizionalmente riservato al giocatore più basso e agile di una squadra[8]. Con i suoi 206 centimetri di altezza è stato il play più alto nella storia della NBA[1][9], ma al tempo stesso si è dimostrato un giocatore dinamico e dotato di un'eccellente visione di gioco[1]: è divenuto celebre per le doti nel palleggio, i passaggi dietro la schiena, gli alley-oop e i passaggi no-look[1][9][10]. Nel corso degli anni ottanta è stato protagonista di un'accesa rivalità sportiva con l'ala dei Boston Celtics Larry Bird[11][12]. Fino al 1992, anno del ritiro di Bird, si divideranno in totale otto titoli NBA[13].

Magic ha annunciato più volte il ritiro dall'attività agonistica. La prima nel novembre 1991, quando rivelò al mondo di aver contratto il virus dell'HIV[14][15]. Tornò però a giocare il 9 febbraio 1992, avendo ricevuto il nulla osta per poter prendere parte all'All-Star Game 1992[15]; partecipò poi alle Olimpiadi, al termine delle quali si ritirò nuovamente. Si dedicò all'attività di commentatore televisivo per la NBC (1992-1994), allenò brevemente i Lakers nella stagione 1993-1994, e fu nominato vicepresidente della squadra nella stagione 1994-1995[15]. Riprese a giocare nel 1996, disputando 36 incontri in maglia Lakers[16] e terminando così la carriera NBA. Nel maggio 1999 stipulò un accordo di sponsorizzazione di un anno[17] con la squadra svedese Borås M7[18][19], con cui giocò 6 partite di Svenska basketligan[20][21]. Nel 2000 ripeté l'esperienza con i Great Danes danesi, di cui divenne presidente e giocatore[21][22].

Nel 1991 ha dato vita alla "Magic Johnson Foundation", con lo scopo di raccogliere fondi per lotta contro l'AIDS e per sensibilizzare l'opinione pubblica ai temi della prevenzione e della cura del virus[23][24]. Nel marzo 2012, alla guida del gruppo imprenditoriale Guggenheim Baseball Management LLC, ha acquisito la proprietà dei Los Angeles Dodgers, squadra di baseball di MLB[25]. Nel 2017 è divenuto presidente dei Los Angeles Lakers[26], carica che ha mantenuto sino all'aprile 2019[27].

Carriera

Primi anni e high school

Earvin Johnson Jr. è il quarto di sette figli di Earvin Johnson Sr. e Christine Johnson[28]. Il padre, originario di Brookhaven nel Mississippi, si trasferì a Lansing nel Michigan per lavorare alla catena di montaggio[29] della Oldsmobile[30], una delle più antiche case automobilistiche statunitensi. Johnson visse con la famiglia in una casa modesta al numero 814 di Middle Street[31][32].

Acquisì le prime basilari nozioni della pallacanestro proprio dal padre[30] e sviluppò le doti di assistman già sui campi della Main Street School, scuola elementare di Lansing[30][33]. Dal padre imparò i fondamentali del gioco, vari schemi difensivi, il pick and roll, il concetto di aggressività sul campo[34], ma anche situazioni particolari come il tiro a due mani (sebbene non fosse più utilizzato), il gancio in corsa, il tiro dopo aver subito un contatto falloso[35]. Il giovane Johnson crebbe seguendo alla Cobo Arena di Detroit le partite di Dave Bingplaymaker - guardia dei Pistons[36]. Altri suoi idoli erano Earl Monroe e Marques Haynes; quest'ultimo (che non giocò mai in NBA ma fu un campione degli Harlem Globetrotters[37]) era apprezzato da Johnson per le eccellenti doti di palleggio[38]. A 11 anni conobbe di persona un altro dei suoi miti[39]Kareem Abdul-Jabbarcentro dei Milwaukee Bucks e di cui Johnson sarebbe diventato compagno di squadra ai Los Angeles Lakers nel corso di tutti gli anni ottanta.

Earvin Johnson Jr., soprannominato dagli amici "E.J."[40], disputava le prime vere partite di pallacanestro sui campi della Main Street di Lansing. Con ai piedi le sue Chuck Taylor All-Stars di colore rosso[41], si cimentava in sfide da playground[42] di fronte a numerosi spettatori[40]. Un ruolo importante nella crescita cestistica di Johnson fu svolto da Jim Dart, allenatore della squadra di pallacanestro della scuola e marito di Greta, insegnante di Johnson[43]. Dart gli insegnò i movimenti del pivot, l'uso della mano sinistra e il movimento del tagliafuori[32].

La scelta del liceo cadde inizialmente sulla Sexton High School, scuola a maggioranza di studenti di colore, situata a pochi passi da casa[44]. Tuttavia, a causa delle politiche di integrazione scolastica messe in atto nel corso degli anni settanta, Johnson fu costretto a optare per la Everett High School[32][44]. La scelta non gli fu molto gradita, sia perché la Everett era a maggioranza bianca, sia per la scarsa tradizione cestistica della squadra di pallacanestro della scuola[32][44]. Johnson non fu inizialmente ben accolto: una serie di contrasti con un proprio compagno lo spinse quasi ad abbandonare l'attività cestistica, ma il coach George Fox lo convinse a rimanere in squadra[44].

Nonostante fosse il giocatore più alto in rosa, Magic fu subito schierato come playmaker per via delle sue eccellenti doti atletiche e nei passaggi[44]. Progressivamente acquisì un ruolo da leader della squadra, e già al primo anno venne eletto miglior giocatore del campionato[44]. Johnson giocò alla Everett High School dal 1973 al 1977[45]. Nella stagione 1976-1977 guidò i compagni a un record di 27 vittorie e una sconfitta, che valse la vittoria nel campionato statale[1][30]; Magic collezionò 805 punti e 208 assist nell'arco della stagione, mantenendo una media di 28,8 punti e 16,8 rimbalzi per partita[30]. Nella finale contro i Birmingham Brother Rice di Bloomfield realizzò 34 punti, oltre a 14 rimbalzi e 4 assist[30].

È negli anni alla Everett che nacque il soprannome "Magic", che venne affibbiato a Johnson da Fred Stabley Jr., un giornalista del Lansing State Journal[46], dopo una partita in cui mise a segno 36 punti, collezionò 16 rimbalzi e servì 16 assist[1].

College a Michigan State

Nella scelta del college Johnson optò per ciò che aveva sempre desiderato[48]: appoggiato nella scelta dal padre e dagli amici più cari[48], si iscrisse alla Michigan State University di East Lansing[1][20][49]. Con la maglia dei Michigan State Spartans disputò due stagioni in Big Ten Conference[50], dal 1977 al 1979.

Nel 1977-1978 collezionò 30 presenze, realizzando 511 punti; chiuse la stagione con la media del 45,8% nel tiro da due e del 78,5% nei tiri liberi, oltre a 7,9 rimbalzi e 7,6 assist a partita[49][50]. Gli Spartans vinsero la Big Ten Conference[1][51] grazie a 25 vittorie e 5 sconfitte in campionato[30] dopo undici anni[52], ma non riuscirono a qualificarsi per le finali NCAA poiché vennero sconfitti nella finale regionale dai Wildcats dell'Università del Kentucky con il punteggio di 52-49[30][53].

Le ottime prestazioni valsero a Johnson il premio come miglior freshman[54] della Big Ten Conference[55]. Magic iniziò a essere conosciuto e apprezzato come uno dei migliori giocatori della pallacanestro collegiale[55]. Il 27 novembre 1978 gli venne dedicata la copertina di Sports Illustrated: fu immortalato in frac nel momento di una schiacciata, con il titolo "Michigan State's classy Earvin Johnson" (in italiano: Earvin Johnson il giocatore di classe di Michigan State)[56].

Nel suo anno da sophomore[57] riuscì a conquistare il titolo NCAA 1979. Mantenne le stesse medie della stagione precedente[50], e guidò gli Spartans sino al primo posto finale in Big Ten Conference (a pari punti con gli Iowa Hawkeyes e i Purdue Boilermakers)[30][50]. Nella finale regionale contro i Notre Dame Fighting Irish Magic realizzò 19 punti più 13 assist, mettendo a referto anche 2 palle rubate[58]. Le Final Four del campionato NCAA di Salt Lake City videro Michigan State impegnata dapprima contro i Quakers dell'Università della Pennsylvania[59]; Magic disputò una partita di altissimo livello, in cui realizzò una tripla doppia da 29 punti (9/10 nei tiri da due; 11/12 nei tiri liberi), 10 assist e 10 rimbalzi[60]. La partita si concluse 101-67 per gli Spartans, che pertanto ebbero accesso alla finale contro gli Indiana State Sycamores.

I Sycamores erano capitanati da Larry Bird, già eletto miglior giocatore della stagione[61]. La finale NCAA 1979 fu la prima occasione di sfida tra Magic e Bird, che in NBA avranno poi modo di scontrarsi in tre finali per il titolo[62], e rimane ancora oggi la partita di pallacanestro del college più seguita di tutti i tempi . Furono gli Spartans a vincere, anche grazie ai 24 punti di Johnson[63], eletto poi miglior giocatore delle Finali[61] e insignito dell'All-America[64].

NBA

Prima stagione NBA

Al Draft NBA 1979, tenutosi a New York il 25 giugno[65], i Los Angeles Lakers acquisirono il diritto alla prima scelta assoluta dopo un accordo con i New Orleans Jazz[66]. I californiani scelsero Magic Johnson, che firmò un contratto da 600.000 dollari a stagione[64][67].

L'esordio in NBA confermò le aspettative: disputò 77 incontri, mantenendo una media di 18 punti e 7,3 assist a partita[68]. Magic guidò i Lakers ai play-off per il titolo, e durante le finali contro i Philadelphia 76ers si consacrò campione[1]. In gara-6 fu schierato nel ruolo di centro, a causa dell'infortunio subito da Kareem Abdul-Jabbar in gara-5; il ventenne Magic Johnson disputò una partita eccellente: 42 punti, 15 rimbalzi, 7 assist e 3 palle rubate[1]. I Lakers vinsero il titolo sul campo dei 76ers, e Magic fu il primo rookie[69] della storia a essere eletto miglior giocatore delle finali NBA[1]; fu inoltre il terzo giocatore della storia a vincere consecutivamente un titolo NCAA e uno NBA, dopo Bill Russell e Henry Bibby[65] (nel 1987 toccherà anche a Billy Thompson)[70]. Nella stessa stagione era già stato selezionato per l'All-Star Game[71].

L'infortunio e la ripresa

Kareem Abdul-Jabbar e sullo sfondo Magic Johnson, nel 1985

L'11 novembre 1980, nel corso della partita tra i Los Angeles Lakers e gli Atlanta Hawks, Johnson si infortunò al ginocchio sinistro dopo un contrasto con il centro Tommy Burleson[72]. Inizialmente lo scontro sembrò non aver procurato danni seri, ma una settimana dopo si scoprì che la cartilagine del ginocchio aveva subito una grave lesione[72]. Magic fu costretto a saltare 45 incontri[1] e rientrò in occasione della sfida dei playoff 1981 contro gli Houston Rockets[1]; tuttavia la sua prestazione sottotono in gara-3 (solo 2 su 13 al tiro, e l'errore nell'ultimo tiro decisivo) costò la sconfitta e l'eliminazione della squadra già al primo turno[1].

Nell'estate del 1981 Magic Johnson rinegoziò il contratto con i Lakers, accordandosi per la cifra record di 1 milione di dollari a stagione per ben 25 anni, per un totale di 25 milioni[1][73][74]; il nuovo contratto (il più ricco nella storia della NBA sino ad allora) entrò in vigore a partire dal 1984[73][75]. L'accordo venne poi modificato ulteriormente nel 1988, quando Magic si accordò con il proprietario dei Lakers Jerry Buss per la riduzione della durata sino al 1994[75].

La stagione 1981-1982 vide ancora una volta vincenti i Lakers, che si aggiudicarono il titolo sconfiggendo nuovamente in finale i Philadelphia 76ers. Non fu però un'annata semplice per Magic, che fin da principio si scontrò con l'allenatore Paul Westhead riguardo ad alcuni aspetti legati ai nuovi schemi che, a detta di Johnson, penalizzavano il gioco offensivo suo e dell'intera squadra[1][76]. La società si schierò dalla parte del giocatore: Westhead venne esonerato dopo 11 partite[77] e sostituito da Pat Riley[1][76], con Jerry West responsabile degli schemi offensivi[78][79]. Nonostante lo stesso Magic Johnson avesse negato la propria responsabilità nell'esonero dell'allenatore, durante le successive partite il giocatore venne fatto oggetto di fischi e contestazioni su molti campi della NBA, anche dai tifosi dei Lakers[1][80]. Magic disputò una stagione da 18,6 punti, 9,5 assist e 9,6 rimbalzi a partita[68], divenendo il terzo giocatore della storia NBA (dopo Oscar Robertson e Wilt Chamberlain) a realizzare 700 punti, 700 rimbalzi e 700 assist nella stessa stagione[81].

Durante il campionato 1982-1983 Magic si mantenne sulle stesse medie della stagione precedente[68]; ciò gli valse la prima di nove convocazioni consecutive nell'All-NBA First Team[81]. I Lakers si qualificarono per le finali del 1983, e ancora una volta la sfida decisiva fu contro i Philadelphia 76ers[81] di Julius Erving e Moses Malone[82]. Il talento di Magic non bastò e, anche a causa degli infortuni di Norm NixonJames Worthy e Bob McAdoo, i Lakers furono sconfitti per 4-0[82].

Le sfide con i Celtics di Bird

Nella stagione 1983-1984, la sua quinta nei Lakers, Magic Johnson realizzò 1.560 punti totali tra stagione regolare (1.178) e playoff (382)[68]. La squadra raggiunse la terza finale consecutiva (la quarta in cinque anni), per la prima volta contro i Boston Celtics guidati dall'ala grande Larry Bird[83]. Magic e Bird si sfidarono per la prima volta in carriera nei playoff NBA, cinque anni dopo essersi incontrati nella finale per il titolo NCAA del 1979. I due erano stati compagni di squadra ai tempi del college nella selezione nazionale statunitense che disputò il World Invitational Tournament dell'aprile 1978[84].

La finale del 1984, al meglio delle sette partite, vide i Lakers portarsi in vantaggio grazie alla vittoria in trasferta in gara-1. Gara-2 fu invece vinta dai Celtics anche a causa dell'errore di Magic che, non accortosi che il tempo regolamentare stesse scadendo, non tirò in tempo sul punteggio di parità; la partita finì quindi ai tempi supplementari con la vittoria di Boston per 124-121[83]. La sfida si trasferì al Forum di Inglewood (Los Angeles); in gara-3 Magic mise a referto 21 assist nel 137-104 per i californiani, ma nell'incontro successivo i suoi errori nel finale (una palla persa, due errori decisivi ai tiri liberi) costarono la sconfitta per 129-125 ai supplementari[83]. Le due partite seguenti videro rispettare il fattore campo (i Celtics vincenti in gara-5, i Lakers in gara-6) e pertanto il titolo venne assegnato nella partita finale del Boston Garden. Con i Lakers sotto nel punteggio di tre punti, Magic ebbe due volte in mano il pallone decisivo per pareggiare il punteggio, ma lo perse a causa dell'intervento difensivo di Dennis Johnson prima e di Cedric Maxwell subito dopo[83]. I Boston Celtics vinsero poi per 111-102 aggiudicandosi il loro quindicesimo titolo, e Larry Bird fu eletto miglior giocatore delle finali[83].

L'occasione per la rivincita si presentò già nella successiva stagione 1984-1985, quando Lakers e Celtics si ritrovarono ancora una volta in finale. Durante il campionato Magic mantenne una media di 18,3 punti, 12,6 assist e 6,2 rimbalzi a partita[68]. La serie iniziò male per i Lakers, che persero 148-114 in casa dei Celtics[85], denominata successivamente "Memorial Day Massacre"; i californiani seppero poi recuperare e portarsi avanti per 3-2[85]. Gara-6 fu disputata al Boston Garden, e venne vinta dai Lakers per 111-100: fu la prima vittoria nella finali NBA per i Lakers contro i Celtics, dopo otto sconfitte consecutive[1].

Johnson mentre effettua un gancio-cielo contro Dennis Johnson.

Il dominio dei Lakers in Western Conference negli anni ottanta fu interrotto ancora una volta, dopo i playoff del 1981, nella stagione 1985-1986 dagli Houston Rockets, che sconfissero la squadra di Los Angeles nella finale di Conference per 4-1[86]. Ciò impedì a Magic di sfidare per la terza volta consecutiva Bird e i Celtics nella finale per il titolo; il playmaker si era comunque confermato con le sue medie abituali: 18,8 punti, 12,6 assist e 5,9 rimbalzi a partita in 72 presenze[68].

La sfida Lakers-Celtics tornò nuovamente nella stagione 1986-1987[87]. In campionato Magic realizzò il suo record stagionale di punti in carriera: 1.909 in 80 partite, vale a dire una media di 23,9 per partita[68]. Johnson fu inoltre eletto per la prima volta miglior giocatore dell'anno, precedendo in classifica Michael Jordan e Larry Bird[88]. La prima partita della finale playoff 1987 si concluse 126-113 per i Lakers, con un Magic Johnson da 29 punti, 13 assist e 8 rimbalzi; stesso destino ebbe gara-2, con i californiani vincenti per 141-122[89]. Si arrivò alla gara-6 di Los Angeles con Magic e i suoi davanti nella serie per 3-2; la partita fu subito molto combattuta e il primo tempo si concluse sul 55-51 per i Celtics, con Magic autore di soli 4 punti[89]. Nel secondo tempo però i Lakers seppero ribaltare il risultato: Magic realizzò 16 punti totali, corredati da 19 assist e 8 rimbalzi; il punteggio finale fu 106-93 per i padroni di casa, che pertanto vinsero il titolo. Johnson si aggiudicò per la terza volta in carriera il premio come miglior giocatore delle finali[1].

La finale del 1987 è anche ricordata per un gesto atletico di Johnson, che permise ai Lakers di vincere gara-4 all'ultimo secondo, con il risultato di 107-106[1][89]. Magic realizzò infatti il canestro decisivo grazie a un "gancio cielo"[1][89][90], movimento classico del compagno di squadra Kareem Abdul-Jabbar[91], di fronte a Larry BirdRobert Parish e Kevin McHale, che tentarono invano di stopparlo[89]. A fine gara negli spogliatoi lo stesso Magic definì il suo tiro come uno «junior, junior, junior sky-hook» (in italiano lo sky-hook è il gancio cielo[92])[1][89]. Il suo rivale sul campo Larry Bird dichiarò invece sorridendo: «Ti aspetti di perdere per un gancio cielo. Quello che non ti aspetti è che a farlo sia Magic.»[89] Al termine della sfida decisiva, che sarà l'ultima finale che i due giocheranno contro, lo stesso Bird ammise: «Magic è un grande, grande giocatore di pallacanestro. Il migliore che io abbia mai visto.»[89][93][94]

Ultimo titolo NBA

Pat Riley, allenatore dei Lakers e di Johnson dal 1981 al 1990

Prima dell'inizio della stagione NBA 1987-1988 l'allenatore dei Los Angeles Lakers Pat Riley dichiarò pubblicamente che la squadra avrebbe certamente confermato il titolo conquistato al termine dei playoff NBA 1987[95]; all'epoca, gli ultimi ad aver vinto due titoli NBA consecutivi erano i Boston Celtics, campioni nel 1967-1968 e 1968-1969. Durante il campionato, Magic Johnson seppe confermarsi ai suoi livelli con quasi 20 punti, 12 assist e 6 rimbalzi di media a partita[68]. I Lakers vinsero 62 partite su 80 e nei playoff sconfissero i San Antonio Spurs, gli Utah Jazz e i Dallas Mavericks[96]; approdarono pertanto per la seconda volta consecutiva in finale, contro i Detroit Pistons guidati dal playmaker Isiah Thomas. L'amicizia tra Magic e Thomas era all'epoca talmente consolidata che i due si scambiarono un bacio sulla guancia[97] prima dell'inizio di gara-1 della finale[98]; il rapporto iniziò però a deteriorarsi in gara-5, quando i due si scontrarono in un violento contrasto (Thomas spinse Magic, che rispose con una gomitata), che provocò la caduta del playmaker dei Pistons[98][99]. I Lakers vinsero ancora il titolo grazie al successo per 4-3 nella serie[100]; per Magic si trattò del quinto e ultimo titolo NBA in carriera. La sua media durante le sette partite fu di 21 punti, 13 assist e quasi 6 rimbalzi a partita[101]; nonostante le ottime statistiche, gli fu preferito il compagno di squadra James Worthy come miglior giocatore delle finali[102].

Il confronto Lakers-Pistons si ripeté anche nei playoff 1989. Magic aveva vinto il suo secondo titolo di miglior giocatore dell'anno[103] e si presentò in finale con una media in campionato di 22,5 punti, quasi 13 assist e 8 rimbalzi a partita[68]. A differenza dell'anno precedente la serie non ebbe storia: i Pistons vinsero infatti 4-0. Magic fu costretto a giocare solo la prima partita, e pochi scampoli delle due successive: nel corso di gara-2 subì infatti un infortunio alla parte posteriore della coscia che gli impedì di giocare gli ultimi due quarti dell'incontro; provò a tornare in gara-3, ma riuscì a rimanere in campo solo per pochi minuti[104].

Il campionato 1989-1990 si aprì senza Kareem Abdul-Jabbar, ritiratosi dopo 14 stagioni ai Los Angeles Lakers. Magic disputò un'ottima annata da oltre 22 punti, 11,5 assist e 6,6 rimbalzi di media a partita[68], che gli valse il terzo titolo di miglior giocatore stagionale[103]. Nei playoff i Lakers vennero però eliminati nelle semifinali di Western Conference dai Phoenix Suns[105]. La stagione 1990-1991 fu invece quella del confronto in finale contro i Chicago Bulls di Michael Jordan. Privi di James Worthy e Byron Scott in gara 4 e 5,[106] e con Johnson ben marcato da Scottie Pippen,[107] i Lakers furono sconfitti per 4-1.

Il dramma dell'HIV e il primo ritiro

Il Forum di Inglewood, che vide Magic protagonista per 13 stagioni NBA con i Lakers

Dopo un controllo di routine antecedente l'inizio della stagione NBA 1991-1992, Magic Johnson ricevette una terribile notizia: aveva contratto il virus dell'HIV[1][108].

Michael Mellman, medico dei Lakers, fu il primo a ricevere i risultati della diagnosi il 24 ottobre 1991[109]; si preoccupò quindi di richiamare immediatamente a Los Angeles il giocatore, impegnato in una partita amichevole a Salt Lake City contro gli Utah Jazz; tornato in città il giorno successivo, Magic fu informato della cosa nello studio dello stesso Mellman[108]. Il playmaker stentò a crederci, e richiese un ulteriore test, che però confermò i risultati del primo; ancora incredulo, fece eseguire un terzo test, che fornì la stessa diagnosi[108]. In quei giorni di ottobre Magic Johnson non venne convocato dai Lakers, ma la società non fornì mai una spiegazione dettagliata dei motivi dell'esclusione; addirittura il 5 novembre l'allenatore Mike Dunleavy disse alla stampa di aspettarsi a giorni il rientro del giocatore[108].

Il 7 novembre 1991 Magic Johnson annunciò pubblicamente la notizia, in una conferenza stampa che scioccò il mondo dello sport[1][23][108][110]. Magic spiegò anche che la moglie e il figlio che lei aspettava non risultavano sieropositivi al test HIV[108], e il dottor Mellman precisò che Magic non era malato di AIDS, specificando la differenza tra l'essere malati e l'aver contratto il virus[111]. Il dottore aggiunse anche che la situazione non produceva alcun effetto immediato sulla vita del giocatore, al quale fu comunque sconsigliato di continuare l'attività agonistica per evitare un possibile peggioramento delle condizioni del sistema immunitario[111].

A 32 anni, con 12 stagioni da professionista alle spalle, Magic Johnson ufficializzò pertanto il proprio ritiro dall'attività cestistica[108].

Olimpiadi 1992 e il secondo ritiro

Magic Johnson, dopo il ritiro dall'attività cestistica

Nonostante il ritiro, Magic Johnson fu il quarto giocatore più votato della Western Conference tra i candidati all'All-Star Game 1992[112]. I suoi compagni di squadra Byron Scott e A.C. Green dichiararono che Magic non avrebbe dovuto partecipare alla partita[113] perché ormai era un giocatore ufficialmente ritiratosi[114]Karl Maloneala grande degli Utah Jazz, disse che il rischio di ferite e di tagli durante una partita era molto frequente, facendo intendere che la presenza di Magic non lasciava sicuri gli altri giocatori[115].

Dopo aver ricevuto il parere medico favorevole, Magic Johnson scelse di prendere parte all'All-Star Game[15]. Disputò una partita eccellente[1]: mise a segno 25 punti, più 9 assist, 5 rimbalzi e 2 palle recuperate in 29 minuti di gioco[116]. A fine gara venne nominato miglior giocatore dell'All-Star Game per la seconda volta in carriera[1].

Magic decise di ritornare ufficialmente a giocare, accettando la convocazione della nazionale statunitense per il FIBA Tournament of the Americas, torneo continentale di qualificazione ai Giochi olimpici del 1992[117]. Disputò tutti i sei incontri della manifestazione, e mise a referto 58 punti e 54 assist totali[117]. Gli Stati Uniti vinsero tutte le partite, e si qualificarono alle Olimpiadi di Barcellona: era nato il cosiddetto Dream Team[118] (in italiano: "Squadra dei sogni").

I giocatori convocati per i Giochi furono gli stessi che parteciparono al Tournament of the Americas. Oltre a Magic figuravano in squadra campioni del calibro di JordanBirdMalonePippenBarkleyDrexlerEwingMullinRobinsonStockton e il giocatore universitario Laettner; l'allenatore era Chuck Daly, dei New Jersey Nets[119]. La squadra vinse agevolmente la medaglia d'oro; Johnson disputò 5 delle 8 partite del torneo olimpico, realizzando 48 punti complessivi[120].

Un mese dopo la vittoria olimpica, Magic dichiarò di voler tornare a giocare nei Los Angeles Lakers[81]. Nel frattempo la NBA introdusse una nuova regola, detta poi colloquialmente "Magic Johnson rule" (in italiano: "Regola Magic Johnson") e ancora in vigore, che prevede che un giocatore sanguinante (o con la maglietta sporca di sangue) debba obbligatoriamente uscire dal campo fino a che l'emorragia non sia stata bloccata[121].

In settembre e ottobre Magic Johnson disputò alcune partite amichevoli di esibizione, ma prima dell'inizio della stagione 1992-1993 annunciò ancora una volta il ritiro. La ragione non era legata a un aggravarsi delle sue condizioni di salute, bensì alle troppe polemiche sollevate da alcuni giocatori sulla presenza in campo di un giocatore sieropositivo all'HIV[81][122].

Il ritorno da allenatore

Johnson fotografato nel 2014

Magic Johnson non rimase lontano dal mondo della pallacanestro; nel dicembre 1992[123] venne infatti assunto dalla NBC come commentatore per gli incontri della NBA. Nel 1993 fece parte di una cordata di imprenditori che propose invano la creazione di una nuova franchigia NBA con sede a Toronto[124][125].

Il 27 marzo 1994 tornò ufficialmente in NBA nelle vesti di allenatore dei Los Angeles Lakers[126]; dichiarò di non essere rientrato con l'intenzione di proseguire la carriera da allenatore, ma semplicemente per assecondare la richiesta del proprietario della squadra Jerry Buss[127]. Nella stagione 1993-1994 i Lakers, allenati da Randy Pfund, erano reduci da un record di 27 vittorie e 37 sconfitte; Buss esonerò Pfund, affidò l'interim della guida tecnica a Bill Bertka per due incontri, e infine assunse Magic Johnson[128].

Magic esordì con una vittoria per 110-101 nella sfida contro i Milwaukee Bucks[129]. I Lakers vinsero altre quattro delle successive cinque partite ma chiusero la stagione perdendone dieci consecutive[129]: fu il record negativo nella storia della squadra, che non aveva mai subito una striscia così lunga di sconfitte[130]. Il 16 aprile 1994 Johnson dichiarò ufficialmente di non voler continuare la carriera da allenatore[131].

L'ultima stagione in NBA

Magic non smise di sorprendere il mondo della pallacanestro: il 30 gennaio 1996 tornò ancora una volta a indossare la maglia giallo-viola numero 32 dei Los Angeles Lakers, nella sfida contro i Golden State Warriors[132]. In un Forum tutto esaurito, disputò 27 minuti di partita, mettendo a referto 19 punti, 10 assist e 8 rimbalzi[133]. Magic Johnson riuscì finalmente a superare anche lo scetticismo dei suoi colleghi, ormai divenuti più informati e consapevoli di cosa significasse essere sieropositivi al test dell'HIV; lo stesso Karl Malone, che negli anni precedenti aveva espresso grosse perplessità, dichiarò: «Oggi siamo tutti più informati. Ho parlato a lungo con Magic, ogni cosa è chiarita: è il benvenuto.»[132]

Nel corso della stagione Johnson disputò 32 incontri[134]; ingrassato sino a 115 chili, non fu impiegato nel suo ruolo classico di playmaker bensì in quello di ala forte[1]. La partita più attesa[135] fu quella contro i Chicago Bulls di Michael Jordan, anch'egli rientrato in NBA dopo aver annunciato il ritiro nel 1993; vinsero i Bulls 99-84, e Magic realizzò 15 punti, due in meno di Jordan[136]. Magic concluse la stagione regolare con 14,6 punti, 6,9 assist e 5,7 rimbalzi di media a partita[68].

I Lakers riuscirono a qualificarsi per i playoff 1996, ma furono eliminati al primo turno dagli Houston Rockets, che vinsero 3-1 nella serie[137]. Nelle quattro partite di playoff, Magic mise a referto in totale: 61 punti, 26 assist e 34 rimbalzi[68].

L'incontro del 2 maggio 1996[138] al The Summit di Houston fu l'ultimo della sua carriera in NBA, dopo 13 stagioni nei Los Angeles Lakers.

Svezia e Danimarca

Magic Johnson

L'attività agonistica di Magic Johnson non cessò definitivamente nel 1996. Nel maggio 1999 stipulò un accordo di sponsorizzazione di un anno con una società cestistica con sede a Borås, nel sud della Svezia: il Borås Basket; la squadra assunse pertanto la denominazione ufficiale "Magic M7"[17][139]. Secondo il contratto, valido dal maggio 1999 al 21 maggio 2000, il Borås si impegnò a pagare 900.000 corone per poter utilizzare il nome "Magic"; inoltre la società aveva l'obbligo di versare a Johnson il 70% dei profitti netti[17]. Magic scelse di sponsorizzare una squadra svedese perché rimase fortemente impressionato dal paese scandinavo, quando nel 1996 vi si recò per disputare alcuni incontri di esibizione con una squadra di ex giocatori NBA[140].

Johnson disputò sei partite ufficiali della Svenska basketligan 1999-2000, il massimo campionato svedese. Esordì il 26 ottobre 1999 contro il Sallén Uppsala, mettendo subito a referto una doppia doppia da 14 punti e 11 rimbalzi; il Magic M7 vinse 84-60, davanti ad oltre 3.300 spettatori[141]. Tornò poi in Svezia nel gennaio 2000, per un tour di cinque partite.

Giocò e vinse due incontri consecutivi contro i Sundsvall Dragons, realizzando rispettivamente 17 e 30 punti[142]. Nella vittoria 105-102 del 21 gennaio contro i Norrköping Dolphins Magic realizzò due tiri liberi decisivi a cinque secondi dal termine; giocò tutti i 40 minuti della partita, e mise a segno 34 punti in totale[143]. Il 23 gennaio 2000 i Magic M7 affrontarono il Mölndals Kvarnby; vinsero 88-65 e Magic Johnson concluse l'incontro con 17 punti, 11 rimbalzi e 7 assist[144].

Il 24 gennaio 2000 Magic disputò la sua ultima partita ufficiale in campionato contro l'Alvik Stoccolma: i Magic M7 ebbero la meglio 120-96 e lui segnò 15 punti[145].

Terminata l'esperienza svedese, alla fine del 2000 Magic Johnson decise di sponsorizzare la società danese dei Great Danes, in modo analogo a quanto fatto con il Borås Basket. La squadra, che prendeva parte alla Lega NEBL, cambiò pertanto nome in "Magic Great Danes"[21]. Il suo esordio avvenne il 5 novembre 2000 a Copenaghen contro lo Žalgiris Kaunas[21][146]; in 40 minuti[147] mise a referto 9 punti (1/6 al tiro da due, 0/1 nel tiro da tre e 7/8 nei liberi), 14 assist e 8 rimbalzi, che non bastarono a evitare la sconfitta per 68-97[21]. La seconda e ultima partita ufficiale di Magic in Danimarca fu giocata il 7 novembre contro i finlandesi dell'Espoon Honka[21][147][148]; i Magic Great Danes vinsero 90-79 dopo un tempo supplementare, e il tabellino di Johnson (che giocò tutti i 45 minuti dell'incontro[147]) fu di 8 punti (4/6 nel tiro da due, 0/1 nel tiro da tre), 11 assist e 12 rimbalzi[21].

Nazionale

Le presenze ufficiali di Magic Johnson nella nazionale degli Stati Uniti riconosciute dalla USA Basketball sono 20[149]. La prima di esse è datata 5 aprile 1978 contro Cuba[150], in occasione della prima partita del World Invitational Tournament[151]; l'ultima fu la finale dei Giochi olimpici 1992 di Barcellona, quando gli Stati Uniti sconfissero la Croazia aggiudicandosi la medaglia d'oro[152]. In totale ha realizzato 197 punti.

World Invitational Tournament 1978

Il World Invitational Tournament del 1978 fu un torneo amichevole a inviti a cui presero parte gli Stati UnitiCuba, la Jugoslavia e l'Unione Sovietica[151]. La nazionale statunitense era composta da giocatori di NCAA, e fu la prima volta in cui Magic Johnson e Larry Bird giocarono insieme in Nazionale[153], cosa che accadrà nuovamente nel 1992 in occasione del Tournament of the Americas e dei Giochi olimpici.

Nel primo incontro, disputato contro Cuba il 5 aprile ad Atlanta, gli Stati Uniti vinsero 109-64; Johnson realizzò i suoi primi 4 punti con la Nazionale[150]. Due giorni dopo si giocò a Chapel Hill in Carolina del Nord, gli statunitensi vinsero 88–83 contro la Jugoslavia guidata da Dragan Kićanović (22 punti) e Mirza Delibašić (19 punti); Magic non realizzò alcun punto nell'incontro[154]. L'ultima partita si giocò il 9 aprile alla Rupp Arena di Lexington in Kentucky; gli americani vinsero la manifestazione, grazie al successo 107-82 sui sovietici. Il miglior marcatore fu Sergej Belov con 32 punti, mentre Johnson ne mise a referto 11[155].

Gagarin Cup 1978

La Jurij Gagarin Cup fu una manifestazione organizzata nell'agosto 1978 a Vilnius nell'ex Unione Sovietica, in modo analogo a quanto fatto con il World Invitational Tournament. Vennero invitati gli Stati Uniti, la Lituania, il Messico e la Cecoslovacchia; l'Unione Sovietica vi partecipò con due selezioni[156].

Nel primo incontro vinto 106-68 contro i lituani, Johnson realizzò 16 punti[157]. Nelle successive quattro partite la nazionale statunitense perse solamente contro la prima selezione sovietica per 104-99, concludendo così al secondo posto in classifica. Magic chiuse il torneo con 76 punti totali realizzati (media di 15,2 a partita) e 18 rimbalzi; realizzò 34 tiri da due su 54 tentativi (media del 63%) e 8 tiri liberi su 9 (media dell'88,9%)[156].

Tournament of the Americas 1992

Magic (al centro) scherza con Barack Obama durante un incontro NCAA

Il quinto Tournament of the Americas del 1992 passò alla storia come il debutto ufficiale assoluto del Dream Team, la selezione nazionale statunitense composta dai più grandi campioni NBA dell'epoca, considerata una delle più forti squadre di pallacanestro di tutti i tempi[117]. L'edizione 1992 era valida come qualificazione alle Olimpiadi 1992[117].

Gli Stati Uniti vinsero agevolmente tutti i sei incontri disputati, mantenendo una media di margine con gli avversari di 51,5 punti a partita, mettendo a segno 121,1 punti di media[117]. Magic giocò tutti gli incontri, e realizzò 54 punti totali; la sua media punti fu tra le più basse della squadra, ma si distinse per il numero di assist: ne servì ai compagni 54, vale a dire la media di 9 a partita.

Giochi olimpici 1992

Ai Giochi olimpici del 1992 di Barcellona Magic disputò 6 delle 8 gare disputate dal Dream Team, a causa di un infortunio al ginocchio subito durante l'incontro del 27 luglio contro la Croazia[158], in cui aveva già realizzato 4 punti[120]. Nella partita precedente, l'esordio degli Stati Uniti nella manifestazione, Johnson aveva contribuito con 6 punti nella vittoria 116-48 contro l'Angola[120]. Rimasto fuori dal campo contro Germania e Brasile, tornò per pochi minuti senza segnare contro la Spagna[159]. Nei quarti di finale contro il Porto Rico realizzò 13 punti nel 115-77 finale[120].

La semifinale contro la Lituania fu vinta 127-76 dagli Stati Uniti, e per Magic furono altri 14 punti a referto[120]. In finale il Dream Team sconfisse con ampio margine la Croazia: 117-85 il punteggio, anche grazie a 11 punti del giocatore dei Lakers[120]. La finale rappresentò l'ultima partita di Magic Johnson in Nazionale.

Dopo il ritiro

Il 20 febbraio 2017 è divenuto nuovo presidente dei Los Angeles Lakers[26]. Con lui alla dirigenza, affiancato da Rob Pelinka come nuovo general manager, i Lakers concludono il trasferimento di LeBron James, appena divenuto free agent dopo l'esperienza ai Cleveland Cavaliers[160].

Il 9 aprile 2019 si dimette da presidente dei Los Angeles Lakers[27][161]. Appena 13 giorni più tardi viene annunciato che aiuterà comunque i Lakers a reclutare giocatori[162].

Fuori dal campo

Magic durante una conferenza nel 2010

Vita privata

Magic Johnson è divenuto padre per la prima volta nel febbraio 1981 con la nascita di Andre, figlio avuto fuori dal matrimonio[163] con Melissa Mitchell[164]. Il 5 settembre 1991 si è sposato con "Cookie" Kelly: i due organizzarono un matrimonio da 275 invitati presso la Union Missionary Baptist Church di Lansing, a cui presero parte amici stretti come Isiah Thomas e Mark Aguirre[165]. La coppia ha avuto un figlio (Earvin III, nato nel 1992[166]) e nel 1995 ha adottato una bambina di nome Elisa[164][167].

Imprenditore

Magic Johnson ha fondato nel 1987 la Magic Johnson Enterprises, la cui sede è a Beverly Hills in California[168]. L'azienda è proprietaria di varie attività commerciali negli Stati Uniti, tra cui gli "AMC Magic Johnson Theatres" (cinema multisala della AMC Entertainment), oltre 30 Burger King, la catena di palestre "24 Hour Fitness Magic Johnson Sport Clubs"[169]. Fino al 2010 ha detenuto la comproprietà della Urban Coffee Opportunities, azienda proprietaria di oltre 100 Starbucks negli Stati Uniti; la Magic Johnson Enterprises ha poi ceduto la propria quota alla Starbucks Corporation[170].

Nel 1994 Magic ha acquisito circa il 5% della quota azionaria dei Los Angeles Lakers[170][171], divenendo inoltre vice presidente della squadra[172]. Nel 2010 ha ceduto la quota a Patrick Soon-Shiong[171], uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti[173].

Nel 2001 gli è stata dedicata una stella nella celebre Hollywood Walk of Fame, come riconoscimento alla creazione dei Magic Johnson Theatres[174].

Nel marzo 2012, alla guida del gruppo imprenditoriale "Guggenheim Baseball Management LLC", ha acquisito la proprietà dei Los Angeles Dodgers grazie all'offerta vincente di 2 miliardi di dollari. Oltre allo stesso Magic Johnson, del gruppo fanno parte gli imprenditori Mark R. Walter, Peter Guber, Stan Kasten, Bobby Patton e Todd Boehly[25]. Nel 2014 è divenuto il proprietario, insieme ad altri imprenditori, dei Los Angeles Football Club.[175]

Lotta all'AIDS e attivismo

Magic Johnson con Nancy Pelosi

Dopo aver dichiarato pubblicamente la propria sieropositività all'HIV nel novembre 1991, Magic Johnson creò la Magic Johnson Foundation: una fondazione benefica nata inizialmente con il fine di raccogliere finanziamenti da destinare a programmi per la lotta contro la diffusione dell'AIDS[23][24]. Con il passare degli anni la fondazione ha allargato i propri obiettivi, dedicandosi a svariate problematiche di tipo sociale: organizza programmi scolastici mirati all'inserimento di studenti provenienti da famiglie in difficoltà; promuove politiche per facilitare l'accesso alle cure mediche; ha costruito più di 15 centri di formazione tecnologica per insegnare l'uso del computer e garantire adeguato addestramento professionale[23][176]. Il programma "I stand with Magic", organizzato dalla Magic Johnson Foundation dal dicembre 2006, ha garantito oltre 38.000 test gratuiti per il controllo della sieropositività in 16 delle maggiori città statunitensi[176].

Nel 1992 entrò a far parte della Commissione Nazionale sull'AIDS, su invito dall'allora presidente degli Stati Uniti d'America George H. W. Bush[177]. Nei mesi successivi Johnson cercò di informare e sensibilizzare riguardo all'HIV e all'AIDS[177], sindrome all'epoca ancora poco conosciuta e considerata pericolosa quasi esclusivamente per gli omosessuali e i tossicodipendenti[178]. Scrisse il libro What You Can Do to Avoid AIDS (in italianoCosa puoi fare per evitare l'AIDS), prese parte a un programma televisivo su Nickelodeon chiamato A Conversation with Magic Johnson (in italiano: Una conversazione con Magic Johnson) in cui i giovani spettatori potevano rivolgergli domande sul tema[177].

Nel 1999 è stato il relatore principale nella conferenza tenutasi presso la sede delle Nazioni Unite in occasione della Giornata mondiale contro l'AIDS[24]; è stato inoltre nominato Messaggero di Pace ONU[179].

Politica

Magic Johnson è un elettore del Partito Democratico statunitense: nel 2005 ha sostenuto Phil Angelides nella candidatura alla carica di Governatore della California[180]; due anni più tardi è stato uno dei promotori della campagna elettorale di Hillary Clinton nella corsa alle elezioni primarie[181]; nel 2010 è stato uno degli endorser di Barbara Boxer per le elezioni del 111º Congresso degli Stati Uniti[182].

Nel 2012 ha sostenuto la campagna elettorale per la rielezione di Barack Obama[183], e tre anni più tardi si è espresso a sostegno di Hillary Clinton[184].

Media

Nel 1998 Johnson fu presentatore del talk show statunitense The Magic Hour, durato solo pochi mesi. È stato per diversi anni commentatore sportivo per la rete TNT e per il programma televisivo prepartita NBA Countdown. Ha prestato la sua immagine ai videogiochi Magic Johnson's Basketball (1989), Magic Johnson's MVP (1990), Super Slam Dunk (1993)[185], ed è apparso nei panni di se stesso nella puntata Magic Moment di The Super Mario Bros. Super Show! Nel 1992 appare nel video Remember the Time di Michael Jackson.

Statistiche

Le maglie ritirate dai Los Angeles Lakers: la numero 32 è quella di Magic Johnson
Legenda
  PG Partite giocate   PT  Partite da titolare  MP  Minuti a partita
 TC%  Percentuale tiri dal campo a segno  3P%  Percentuale tiri da tre punti a segno  TL%  Percentuale tiri liberi a segno
 RP  Rimbalzi a partita  AP  Assist a partita  PRP  Palle rubate a partita
 SP  Stoppate a partita  PP  Punti a partita  Grassetto  Career high
Denota le stagioni in cui ha vinto il titolo
* Primo nella lega
* Record

NCAA

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1977-1978 MSU Spartans 30 - - 45,8 - 78,5 7,9 7,4 - - 17,0
1978-1979 MSU Spartans 32 - 36,2 46,8 - 84,2 7,3 8,4 - - 17,1
Carriera 62 - 36,2 46,3 - 81,6 7,6 7,9 - - 17,1

NBA

Regular season

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1979-1980 L.A. Lakers 77 72 36,3 53,0 22,6 81,0 7,7 7,3 2,4 0,5 18,0
1980-1981 L.A. Lakers 37 35 37,1 53,2 17,6 76,0 8,6 8,6 3,4* 0,7 21,6
1981-1982 L.A. Lakers 78 77 38,3 53,7 20,7 76,0 9,6 9,5 2,7* 0,4 18,6
1982-1983 L.A. Lakers 79 79 36,8 54,8 0,0 80,0 8,6 10,5* 2,2 0,6 16,8
1983-1984 L.A. Lakers 67 66 38,3 56,5 20,7 81,0 7,3 13,1* 2,2 0,7 17,6
1984-1985 L.A. Lakers 77 77 36,1 56,1 18,9 84,3 6,2 12,6 1,5 0,3 18,3
1985-1986 L.A. Lakers 72 70 35,8 52,6 23,3 87,1 5,9 12,6* 1,6 0,2 18,8
1986-1987 L.A. Lakers 80 80 36,3 52,2 20,5 84,8 6,3 12,2* 1,7 0,5 23,9
1987-1988 L.A. Lakers 72 70 35,8 49,2 19,6 85,3 6,2 11,9 1,6 0,2 19,6
1988-1989 L.A. Lakers 77 77 37,5 50,9 31,4 91,1* 7,9 12,8 1,8 0,3 22,5
1989-1990 L.A. Lakers 79 79 37,2 48,0 38,4 89,0 6,6 11,5 1,7 0,4 22,3
1990-1991 L.A. Lakers 79 79 37,1 47,7 32,0 90,6 7,0 12,5 1,3 0,2 19,4
1995-1996 L.A. Lakers 32 9 29,9 46,6 37,9 85,6 5,7 6,9 0,8 0,4 14,6
Carriera 906 870 36,7 52,0 30,3 84,8 7,2 11,2* 1,9 0,4 19,5
All-Star 11 10 30,1 48,9 47,6 90,5 5,2 11,5 1,9 0,6 16,0

Play-off

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1980 L.A. Lakers 16 16 41,1 51,8 25,0 80,2 10,5 9,4* 3,1* 0,4 18,3
1981 L.A. Lakers 3 3 42,3 38,8 - 65,0 13,7 7,0 2,7 1,0 17,0
1982 L.A. Lakers 14 14 40,1 52,9 0,0 82,8 11,3 9,3 2,9* 0,2 17,4
1983 L.A. Lakers 15 15 42,9* 48,5 0,0 84,0 8,5 12,8 2,3 0,8 17,9
1984 L.A. Lakers 21 21 39,9 55,1 0,0 80,0 6,6 13,5* 2,0 1,0 18,2
1985 L.A. Lakers 19 19 36,2 51,3 14,3 84,7 7,1 15,2* 1,7 0,2 17,5
1986 L.A. Lakers 14 14 38,6 53,7 0,0 76,6 7,1 15,1* 1,9 0,1 21,6
1987 L.A. Lakers 18 18 37,0 53,9 20,0 83,1 7,7 12,2* 1,7 0,4 21,8
1988 L.A. Lakers 24 24 40,2 51,4 50,0 85,2 5,4 12,6 1,4 0,2 19,9
1989 L.A. Lakers 14 14 37,0 48,9 28,6 90,7 5,9 11,8 1,9 0,2 18,4
1990 L.A. Lakers 9 9 41,8 49,0 20,0 88,6 6,3 12,8 1,2 0,1 25,2
1991 L.A. Lakers 19 19 43,3 44,0 29,6 88,2 8,1 12,6 1,2 0,0 21,8
1996 L.A. Lakers 4 0 33,8 38,5 33,3 84,8 8,5 6,5 0,0 0,0 15,3
Carriera 190 186 39,7 50,6 24,1 83,8 7,7 12,3* 1,9 0,3 19,5

Massimi in carriera[

  • Massimo di punti: 46 vs Sacramento Kings (23 dicembre 1986)[186]
  • Massimo di rimbalzi: 17 (3 volte)
  • Massimo di assist: 24 (3 volte)
  • Massimo di palle rubate: 7 vs Kansas City Kings (13 marzo 1981)
  • Massimo di stoppate: 2 (35 volte)
  • Massimo di minuti giocati: 53 vs Sacramento Kings (8 marzo 1986)

Basketligan

Stagione Squadra Competizione Partite Statistiche tiro Altre statistiche
Pres. Titol. Minuti Tiri da 2 Tiri da 3 Liberi Rimb. Assist Rubate Stopp. Punti
1999-2000 Bandiera della Svezia Magic M7 Borås BL 6 - - - - - - - - - 127
Totale carriera 6 - - - - - - - - - 127

Lega NEBL

Stagione Squadra Competizione Partite Statistiche tiro Altre statistiche
Pres. Titol. Minuti Tiri da 2 Tiri da 3 Liberi Rimb. Assist Rubate Stopp. Punti
2000-2001 Bandiera della Danimarca Magic Great Danes NEBL 2 2 85 5/12 0/2 7/8 20 25 - - 17
Totale carriera 2 2 85 5/12
41,6%
0/2
0%
7/8
87,5%
20 25 - - 17

Nazionale

Cronologia completa delle presenze e dei punti in Nazionale - Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Data Città In casa Risultato Ospiti Competizione Punti Note
5/4/1978 Atlanta Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 109 - 64 Bandiera di Cuba Cuba Amichevole 4 [150]
7/4/1978 Chapel Hill Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 88 - 83 Bandiera della Jugoslavia Jugoslavia Amichevole 0 [154]
9/4/1978 Lexington Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 107 - 82 Bandiera dell'Unione Sovietica Unione Sovietica Amichevole 11 [155]
24/8/1978 Vilnius Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 106 - 68 Bandiera della Lituania Lituania Amichevole 16 [156][157]
agosto 1978 Vilnius Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 118 - 87 Bandiera dell'Unione Sovietica Unione Sovietica Amichevole n.d. [156]
agosto 1978 Vilnius Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 118 - 86 Bandiera del Messico Messico Amichevole n.d. [156]
agosto 1978 Vilnius Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 112 - 104 Bandiera della Cecoslovacchia Cecoslovacchia Amichevole n.d. [156]
agosto 1978 Vilnius Unione Sovietica Bandiera dell'Unione Sovietica 104 - 99 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Amichevole n.d. [156]
28/6/1992 Portland Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 136 - 57 Bandiera di Cuba Cuba Americas Ch'ship 1992 - Fase a gironi 4 [187]
29/6/1992 Portland Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 105 - 61 Bandiera del Canada Canada Americas Ch'ship 1992 - Fase a gironi 13 [188]
30/6/1992 Portland Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 112 - 52 Bandiera di Panama Panama Americas Ch'ship 1992 - Fase a gironi 6 [189]
1/7/1992 Portland Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 128 - 87 Bandiera dell'Argentina Argentina Americas Ch'ship 1992 - Fase a gironi 9 [190]
3/7/1992 Portland Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 119 - 81 Bandiera di Porto Rico Porto Rico Americas Ch'ship 1992 - Semifinale 16 [191]
5/7/1992 Portland Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 127 - 80 Bandiera del Venezuela Venezuela Americas Ch'ship 1992 - Finale 10 [192]
26/7/1992 Barcellona Angola Bandiera dell'Angola 48 - 116 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 1992 - Fase a gironi 6 [120][193]
27/7/1992 Barcellona Croazia Bandiera della Croazia 70 - 103 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 1992 - Fase a gironi 4 [120][194]
2/8/1992 Barcellona Spagna Bandiera della Spagna 81 - 122 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 1992 - Fase a gironi 0 [159][195]
4/8/1992 Barcellona Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 115 - 77 Bandiera di Porto Rico Porto Rico Olimpiadi 1992 - Quarti di finale 13 [120][196]
6/8/1992 Barcellona Lituania Bandiera della Lituania 76 - 127 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 1992 - Semifinale 14 [120][197]
8/8/1992 Barcellona Croazia Bandiera della Croazia 85 - 117 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 1992 - Finale 11 [120][152]
Totale   Presenze 20   Punti 197  

Riconoscimenti

In 906 incontri di stagione regolare NBA Magic Johnson ha messo a referto 17.707 punti, 6.559 rimbalzi, 10.141 assist e 1.724 palle rubate[68]. Nei playoff ha disputato 190 incontri, collezionando 3.701 punti, 2.346 assist, 1.465 rimbalzi e 358 palle rubate[16].

Figura al primo posto di sempre nella classifica per numero di assist a partita sia in stagione regolare grazie alla media di 11,2[198], sia nelle partite di playoff con la media di 12,3[199]. È al quarto posto nella classifica per numero di assist totali realizzati[200].

Ha concluso in testa nella classifica dei giocatori con più assist in campionato in tre stagioni: 1982-1983 (829 assist totali), 1985-1986 (907), 1986-1987 (977)[201]. Nelle stagioni 1982-19831983-19841985-1986 e 1986-1987 è stato il giocatore NBA con più assist di media a partita[201].

Nel 1988-1989 ha tenuto la migliore media in assoluto nei tiri liberi, con il 91,1% di canestri realizzati (513 su 563)[201]. Nel 1990-1991 è stato colui che ha perso più palloni (341), mentre nel 1980-1981 e nel 1981-1982 è stato quello con la migliore media di palloni recuperati per partita (rispettivamente 3,4 e 2,7)[201].

Magic Johnson è uno dei soli sette giocatori che nel corso della propria carriera hanno vinto almeno un campionato NCAA, un titolo NBA e una medaglia d'oro ai Giochi olimpici. Insieme a lui figurano: Clyde LovelletteBill RussellK.C. JonesJerry LucasQuinn Buckner e Michael Jordan[135].

In suo onore il 16 febbraio 1992 i Los Angeles Lakers hanno ufficialmente ritirato la maglia numero 32[6]. Lo stesso privilegio è stato riservato dalla società californiana a Jerry West (numero 44), Wilt Chamberlain (13), Elgin Baylor (22), Gail Goodrich (25), Kareem Abdul-Jabbar (33), James Worthy (42)[6]Shaquille O'Neal (34)[202] e Kobe Bryant (8 e 24)[203].

Dal 2002 il nome di Magic Johnson figura tra quello dei membri del Naismith Memorial Basketball Hall of Fame, massimo riconoscimento del mondo della pallacanestro; nel 2010 anche il Dream Team di cui fece parte nel 1992 è stato ammesso nell'elenco. Nel 1996 è stato inserito tra i 50 migliori giocatori del cinquantenario della NBA[5]. Nel 1992 è stato insignito del J. Walter Kennedy Citizenship Award, premio della NBA intitolato a Walter Kennedy e consegnato al miglior allenatore o cestista che più si è impegnato nel sociale[204].

È l'unico giocatore della storia ad aver vinto il premio MVP delle Finals nell'anno da rookie[205].

Palmarès

La stella dedicata a Earvin Magic Johnson sulla Hollywood Walk of Fame

Club

Los Angeles Lakers: 19801982198519871988
Michigan State Spartans: 1979

Nazionale

Barcellona 1992
Stati Uniti d'America 1992

Individuale

Premi NBA

198719891990
198019821987
19901992
198019821983198419851986198719881989199019911992
First Team : 198319841985198619871988198919901991
Second Team : 1982

 

Hall of Fame

Darren Daye

Darren Daye
Daye alla Scavolini Pesaro nella stagione 1987-88
     
Nazionalità Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Altezza 203 cm
Peso 100 kg
Pallacanestro 
Ruolo Ala piccola
Termine carriera 1997
Carriera
Giovanili
  Bandiera non conosciuta Kennedy High School
1979-1983 UCLA Bruins
Squadre di club
1983-1986 Washington Bullets 219
1986 Chicago Bulls 1
1986-1988 Boston Celtics 108
1988-1992 V.L. Pesaro 123
1992-1994 Mens Sana Siena 59
1994-1995 Hap. Galil Elyon  
1995-1996 Pau-Orthez 20
1996-1997 Mac. Rishon LeZion  
1997 Strasburgo 4
Nazionale
1979 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti U-19
Palmarès
 
 Mondiali Under-19
Oro Brasile 1979

Darren Keefe Daye (Des Moines30 novembre 1960) è un ex cestista statunitense, di ruolo ala piccola, professionista nella NBA e in Europa.

Biografia

È padre di Austin, anche lui cestista.

Carriera

Uscito dalla famosa UCLA, viene scelto al terzo giro del Draft NBA 1983 dai Washington Bullets. Ala piccola di 2,03 cm, resta nell'NBA sino al 1987 giocando per i Bullets, i Chicago Bulls e i Boston Celtics.

Nel marzo 1988, a stagione iniziata, viene chiamato in Italia dalla Scavolini Pesaro guidata da Valerio Bianchini: qui va a formare una coppia formidabile con Darwin Cook, tra le più forti di tutti i tempi mai viste nel campionato italiano. Resterà a Pesaro sino alla stagione 1991-1992, vincendo due scudetti. Dal 1992 al 1994 gioca invece nella Mens Sana Siena.

Lasciata l'Italia, Daye ha giocato anche in Israele (Hapoel Galil Elyon e Hapoel Rishon LeZion) e in Francia (Pau-Orthez).

Palmarès

Club

Pesaro: 1987-881989-90
Pesaro: 1992
Pau-Orthez: 1995-96

Individuale

Karl Malone

Karl Malone
Karl Malone al tiro con la maglia degli Utah Jazz
     
Nazionalità Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Altezza 206 cm
Peso 116 kg
Pallacanestro 
Ruolo Ala grande
Termine carriera 2004
Hall of fame Naismith Hall of Fame (2010)
Carriera
Giovanili
  Summerfield High School
1982-1985 L.T. Bulldogs
Squadre di club
1985-2003 Utah Jazz 1434 (36.374)
2003-2004 L.A. Lakers 42 (554)
Nazionale
1983-1996 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Carriera da allenatore
2007-2011 L.T. Bulldogs (vice)
Palmarès
 
 Olimpiadi
Oro Barcellona 1992
Oro Atlanta 1996
 Campionati americani
Oro Stati Uniti 1992
 Universiadi
Bronzo Edmonton 1983

Karl Anthony Malone (Summerfield24 luglio 1963) è un ex cestista e allenatore di pallacanestro statunitense.

Soprannominato The Mailman ("il postino") per via della sua costanza di rendimento, prima dell'affermazione di Tim Duncan era considerato quasi unanimemente la migliore ala grande di tutti i tempi[1][2][3][4]; è altresì considerato dai più il miglior giocatore a non avere mai vinto il titolo NBA[5].

Ha militato negli Utah Jazz dal 1985 al 2003 raggiungendo le finali nel 1997 e nel 1998, entrambe perse contro i Chicago Bulls di Michael Jordan, e nel 2003-2004 coi Los Angeles Lakers, dove ha chiuso la carriera nel 2004 dopo un'altra finale persa.

Malone è il terzo miglior marcatore NBA di sempre con 36 928 punti, alle spalle di LeBron James (38652) e Kareem Abdul-Jabbar (38 387)[6], è stato il più "anziano" a vincere il premio come MVP della stagione, e si posiziona al secondo posto nella classifica dei giocatori ad essere scesi in campo per il maggior numero di minuti[7].

Caratteristiche tecniche

Dotato di grande forza fisica,[1] è stato uno dei massimi specialisti di ogni epoca del gioco in post basso,[1][2] nonché un abilissimo interprete del pick and roll.[3] Ottimo tiratore dalla media distanza,[1][2] era inoltre un eccellente rimbalzista (figura al primo posto nella storia dell'NBA per rimbalzi difensivi catturati)[1] e un buon difensore.[4] Inizialmente poco preciso dalla linea del tiro libero – nella sua stagione da rookie realizzò meno del 50% dei suoi tentativi –, nel corso degli anni migliorò anche in questo fondamentale, incrementando la propria percentuale dalla lunetta fino a raggiungere un buon 74% di media in carriera.[3]

Carriera

College

Proveniente dalle zone povere della Louisiana, Malone era il più piccolo tra i nove figli della famiglia. Viveva in una fattoria con loro e la madre, dato che il padre, Shendrick Hay, si era risposato e successivamente era morto suicida quando Karl aveva solo 3 anni. Frequenta la Summerfield High School, dove guida la squadra a numerose vittorie. Sceglie poi, come college, il locale ateneo di Louisiana Tech, per potere restare vicino a casa, nonostante il corteggiamento della University of Arkansas Basketball. Viene inizialmente scelto per la selezione dei Giochi olimpici estivi di Los Angeles 1984 ma viene tagliato fra gli ultimi dal coach Bob Knight. Proprio nella stagione 1983-84, Malone gioca mettendo a segno 18,7 punti e 9,3 rimbalzi a partita. Nella stagione successiva Louisiana, grazie ad un record di 29-3 nella Southland Conference, avanza al torneo NCAA per la prima volta nella sua storia.

NBA

Utah Jazz (1985-2003)

Malone viene scelto al draft NBA del 1985, come tredicesima scelta assoluta, dagli Utah Jazz. Dimostra subito la sua origine non cittadina dicendo di essere contento di giocare nella fantastica città di Utah, non sapendo che Utah è il nome dello Stato e la città è Salt Lake City. Nei Jazz troverà un playmaker con cui riscriverà la storia della squadra, John Stockton. In quegli anni, infatti, i Jazz stavano ricostruendo il team e lo faranno brillantemente con la giovane coppia play-ala: diverrà famosa infatti la frase dei telecronisti "Stockton to Malone!", a segnalare le eccezionali capacità di passaggio del primo e realizzative del secondo. I Jazz non mancheranno mai l'accesso ai play-off per tutti gli anni della carriera di Stockton e Malone e spesso arrivano fino alla finale della Western Conference.

Le finali del 1997 e del 1998

Nel 1996-97 i Jazz, per la prima volta nella loro storia, arrivano alle finali NBA e ad attenderli ci sono i Chicago Bulls di Michael Jordan. Malone, forte del primo titolo di MVP della stagione, crede nella vittoria, ma i Bulls sono troppo forti e i Jazz si devono arrendere per 4-2.

L'anno dopo i Jazz ritornano in finale, sempre contro i Bulls, ma questa volta con il fattore campo dalla loro. Sul punteggio di 3-2 per i Bulls, i Jazz hanno due partite al Delta Center, il palazzetto di Salt Lake City. La sesta partita è un duello fra tutte le stelle delle rispettive squadre. Malone trascina i Jazz ad un finale equilibrato. Negli ultimi secondi, però, Jordan gli ruba la palla e segna il canestro del sorpasso decisivo a 5,2 secondi dal termine, togliendo alla coppia Stockton-Malone il sogno di un anello di campioni.

Malone vince ancora il titolo di MVP della stagione nel 1998-1999, ma non riuscirà più a portare i Jazz in finale.

Los Angeles Lakers (2003-2004)

Quando al termine della stagione 2002-2003 Stockton si ritira, Malone si trasferisce ai Los Angeles Lakers, in quello che è il nuovo team dominante della NBA, con Kobe BryantShaquille O'Neal e Gary Payton.

La sfortuna, tuttavia, si accanisce su Malone, costretto a saltare buona parte della stagione regolare per un infortunio (fino a quel momento aveva saltato solo dieci partite nella sua carriera). Nonostante ciò i Lakers arrivano in finale, ma un altro infortunio impedisce a Malone di essere al meglio. I Lakers si devono arrendere per 4-1 ai Detroit Pistons, sfavoriti dal pronostico, lasciando ancora una volta Malone senza anello.

Malone decide di uscire dal contratto con i Lakers, rinunciando al secondo anno previsto nell'accordo con il club di Los Angeles e tenendo in sospeso le decisioni sul suo futuro. Infine, nel febbraio 2005, decide di ritirarsi, smentendo le voci che lo davano ormai promesso ai San Antonio Spurs, perdendo così la possibilità di unirsi alla franchigia che quell'anno vincerà il titolo.

Statistiche

Legenda
  PG Partite giocate   PT  Partite da titolare  MP  Minuti a partita
 TC%  Percentuale tiri dal campo a segno  3P%  Percentuale tiri da tre punti a segno  TL%  Percentuale tiri liberi a segno
 RP  Rimbalzi a partita  AP  Assist a partita  PRP  Palle rubate a partita
 SP  Stoppate a partita  PP  Punti a partita  Grassetto  Career high
* Primo nella lega

NCAA

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1982-83 L.T. Bulldogs 28 - 31,9 58,2 - 62,3 10,3 0,4 1,9 0,7 20,9
1983-84 L.T. Bulldogs 32 - 31,6 57,6 - 68,2 8,8 1,3 1,6 0,7 18,8
1984-85 L.T. Bulldogs 32 - 28,9 54,1 - 57,1 9,0 2,3 1,5 0,5 16,5
Carriera 92 - 30,8 56,6 - 63,1 9,3 1,4 1,6 0,6 18,7

NBA

Regular season

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1985-86 Utah Jazz 81 76 30,6 49,6 0,0 48,1 8,9 2,9 1,3 0,5 14,9
1986-87 Utah Jazz 82 82 34,8 51,2 0,0 59,8 10,4 1,9 1,3 0,7 21,7
1987-88 Utah Jazz 82 82 39,0 52,0 0,0 70,0 12,0 2,4 1,4 0,6 27,7
1988-89 Utah Jazz 82 82 39,0 51,9 31,3 76,6 10,7 2,7 1,8 0,9 29,1
1989-90 Utah Jazz 82 82 38,1 56,2 37,2 76,2 11,1 2,8 1,5 0,6 31,0
1990-91 Utah Jazz 82 82 40,3 52,7 28,6 77,0 11,8 3,3 1,1 1,0 29,0
1991-92 Utah Jazz 81 81 37,7 52,6 17,6 77,8 11,2 3,0 1,3 0,6 28,0
1992-93 Utah Jazz 82 82 37,8 55,2 20,0 74,0 11,2 3,8 1,5 1,0 27,0
1993-94 Utah Jazz 82 82 40,6 49,7 25,0 69,4 11,5 4,0 1,5 1,5 25,2
1994-95 Utah Jazz 82 82 38,1 53,6 26,8 74,2 10,6 3,5 1,6 1,0 26,7
1995-96 Utah Jazz 82 82 38,0 51,9 40,0 72,3 9,8 4,2 1,7 0,7 25,7
1996-97 Utah Jazz 82 82 36,6 55,0 0,0 75,5 9,9 4,5 1,4 0,6 27,4
1997-98 Utah Jazz 81 81 37,4 53,0 33,3 76,1 10,3 3,9 1,2 0,9 27,0
1998-99 Utah Jazz 49 49 37,7 49,3 0,0 78,8 9,4 4,1 1,3 0,6 23,8
1999-2000 Utah Jazz 82 82 35,9 50,9 25,0 79,7 9,5 3,7 1,0 0,9 25,5
2000-01 Utah Jazz 81 81 35,7 49,8 40,0 79,3 8,3 4,5 1,1 0,8 23,2
2001-02 Utah Jazz 80 80 38,0 45,4 36,0 79,7 8,6 4,3 1,9 0,7 22,4
2002-03 Utah Jazz 81 81 36,2 46,2 21,4 76,3 7,8 4,7 1,7 0,4 20,6
2003-04 L.A. Lakers 42 42 32,7 48,3 0,0 74,7 8,7 3,9 1,2 0,5 13,2
Carriera 1476 1471 37,2 51,6 27,4 74,2 10,1 3,6 1,4 0,8 25,0
All-Star 12 8 20,3 54,2 - 72,5 6,2 1,6 1,0 0,4 12,1

Play-off

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1986 Utah Jazz 4 4 36,0 52,8 - 42,3 7,5 1,0 2,0 0,0 21,8
1987 Utah Jazz 5 5 40,0 42,0 - 72,2 9,6 1,2 2,2 0,8 20,0
1988 Utah Jazz 11 11 44,9* 48,2 0,0 72,3 11,8 1,5 1,2 0,6 29,7
1989 Utah Jazz 3 3 45,3 50,0 - 81,3 16,3 1,3 1,0 0,3 30,7
1990 Utah Jazz 5 5 40,6 43,8 0,0 75,6 10,2 2,2 2,2 1,0 25,2
1991 Utah Jazz 9 9 42,6 45,5 0,0 84,6 13,3 3,2 1,0 1,2 29,7
1992 Utah Jazz 16 16 43,0 52,1 0,0 80,5 11,3 2,6 1,4 1,2 29,1
1993 Utah Jazz 5 5 43,2 45,4 50,0 81,6 10,4 2,0 1,2 0,4 24,0
1994 Utah Jazz 16 16 43,9 46,7 0,0 73,8 12,4 3,4 1,4 0,8 27,1
1995 Utah Jazz 5 5 43,2 46,6 33,3 69,2 13,2 3,8 1,4 0,4 30,2
1996 Utah Jazz 18 18 40,3 46,9 0,0 57,4 10,3 4,4 1,9 0,6 26,5
1997 Utah Jazz 20 20 40,8 43,5 50,0 72,0 11,4 2,9 1,4 0,8 26,0
1998 Utah Jazz 20 20 39,8 47,1 0,0 78,8 10,9 3,4 1,1 1,0 26,3
1999 Utah Jazz 11 11 41,0 41,7 0,0 79,1 11,3 4,7 1,2 0,7 21,8
2000 Utah Jazz 10 10 38,6 52,0 100,0 81,0 8,9 3,1 0,7 0,7 27,2
2001 Utah Jazz 5 5 39,8 40,5 50,0 79,6 8,8 3,4 1,0 0,8 27,6
2002 Utah Jazz 4 4 40,8 41,1 0,0 71,4 7,5 4,5 1,3 0,8 20,0
2003 Utah Jazz 5 5 38,2 40,5 0,0 73,2 6,8 4,0 1,6 0,4 19,6
2004 L.A. Lakers 21 21 38,0 45,0 0,0 63,0 8,8 3,4 1,1 0,1 11,5
Carriera 193 193 41,0 46,3 16,2 73,6 10,7 3,2 1,3 0,7 24,7

Massimi in carriera[

  • Massimo di punti: 61 vs Milwaukee Bucks (27 gennaio 1990)
  • Massimo di rimbalzi: 23 vs Golden State Warriors (29 marzo 1994)
  • Massimo di assist: 10, sette volte
  • Massimo di stoppate: 5, cinque volte
  • Massimo di palle rubate: 7, quattro volte
  • Massimo di minuti giocati: 57 vs Chicago Bulls (3 febbraio 1992)

Palmarès

19971999 (il più anziano)
1986
19891993 (ex aequo con John Stockton)
First Team: 19891990199119921993199419951996199719981999
Second Team: 19882000
Third Team: 2001
19881989199019911992199319941995199619971998200020012002
First Team: 199719981999
Second Team: 1988

Nazionale

  • Oro ai Giochi Olimpici di Barcellona 1992
  • Oro ai Giochi Olimpici di Atlanta 1996
  • Oro ai Campionati Americani 1992

Record

Con 36 928 punti, Malone chiude la sua carriera come terzo marcatore assoluto di tutti i tempi, dietro a Lebron James e Kareem Abdul-Jabbar (che però ha una media punti a partita più bassa) e al primo posto tra i realizzatori in una singola squadra (36.374 punti con gli Utah Jazz).

Detiene il record di tiri liberi tirati (13.188) e realizzati (9.787).

Detiene il record di rimbalzi difensivi (11.406, limitato però al fatto che i rimbalzi offensivi vengono conteggiati solo a partire dalla stagione 1993-94).

Detiene il record di assist (5.248) e palle recuperate (2.085) per un'ala grande.

Detiene il record di stagioni con almeno 20 punti di media a partita (17).

Detiene il maggiore numero di stagioni consecutive con almeno 2000 punti segnati (12). È da sottolineare che il numero di stagioni sarebbe salito a 13 se non si fosse verificato lo sciopero dell'NBA nella stagione 1998-1999, nella quale si sono disputate solo 50 partite di regular season.

Nel 1996 è stato inserito nel gruppo dei 50 migliori giocatori della storia della lega.

Ha inoltre partecipato a due OlimpiadiBarcellona 1992, con l'originale Dream Team, e Atlanta 1996, vincendo in entrambi i casi la medaglia d'oro.

Il 24 marzo 2006, gli Utah Jazz hanno ritirato la maglia di Karl Malone, il cui numero 32 non potrà essere più indossato da nessun giocatore dei Jazz. Malone avrebbe potuto usare il 32 anche nell'anno a Los Angeles, nonostante quella maglia fosse stata ritirata per onorare Magic Johnson: il grande ex-giocatore dei Lakers si dichiarò infatti disposto a concedere a Malone l'uso del proprio numero, ma Karl preferì rifiutare in segno di rispetto. Malone a Los Angeles giocò con il numero 11, lo stesso che aveva sempre indossato in nazionale.

Partite memorabili

  • Malone è stato nominato MVP dell'All Star Game nel 1989 e nel 1993 (in quest'ultimo caso a pari merito con John Stockton).
  • Il 27 gennaio 1990 Malone segnò un career-high di 61 punti nella vittoria per 144-96 contro i Milwaukee Bucks. Fece 21 su 26 nei tiri su azione e 19 su 23 ai tiri liberi. Stabilì così il record per il miglior realizzatore in una partita dei Jazz da quando la squadra era andata via da New Orleans. Giocando in quella partita 33 minuti, Malone divenne il quarto giocatore nella storia NBA a segnare almeno 60 punti giocando meno di 40 minuti (prima di lui Jerry West con 63 punti in 39 minuti il 17 gennaio 1962, e George Gervin con 63 punti in 33 minuti il 9 aprile 1978; dopo di lui Kobe Bryant con 62 punti in 33 minuti contro i Dallas Mavericks il 20 dicembre 2005, e Klay Thompson con 60 punti in 29 minuti contro gli Indiana Pacers il 5 dicembre 2016.
  • Malone stabilì il proprio record personale di rimbalzi il 29 marzo 1994 contro i Golden State Warriors, catturandone 23 (11 in attacco e 12 in difesa).
  • Malone mise a referto la sua prima tripla doppia il 2 febbraio 1996 contro i Los Angeles Clippers con 27 punti, 15 rimbalzi e 10 assist.
  • L'11 maggio 1997 in una gara di play-off contro i Los Angeles Lakers Malone stabilì il record NBA mettendo a segno 18 tiri liberi su 18 tentativi. Finì la partita con 42 punti. Il record è stato superato nel 2011 da Dirk Nowitzki con 24 tiri liberi.
  • Malone segnò 50 punti in una gara play-off contro i Seattle SuperSonics il 22 aprile 2000 stabilendo il record di franchigia dei Jazz nei play-off, risultando anche il più vecchio giocatore a realizzare 50 punti in post-season.
  • Il 30 novembre 2003, mentre giocava nei Lakers, Malone divenne il più vecchio giocatore NBA a compilare una tripla doppia. All'età di 40 anni segnò 10 punti con 11 rimbalzi e 10 assist in 26 minuti contro i San Antonio Spurs.
  • Con 30 punti il 25 aprile 2004 a Houston Karl Malone divenne il più vecchio giocatore nella storia dei play-off a segnare più di 30 punti e il secondo a farlo a più di 40 anni (l'altro è stato Kareem Abdul-Jabbar).

Controversie

Nel corso della sua carriera Malone si è reso partecipe di due episodi controversi extra-campo:

  • Nel 1984 ha avuto un figlio da una ragazzina di 13 anni di nome Gloria Bell; il loro figlio è Demetress Bell, in seguito divenuto giocatore di football americano. Malone ha evitato la prigione solo perché Gloria e la sua famiglia non lo hanno denunciato;[8][9]
  • Nel 2004 si è rivolto alla moglie di Kobe Bryant (Vanessa) dicendole «Sono a caccia di una bella messicana».[10] La donna (di origine latinoamericana) ha subito riferito la frase di Malone al marito e da lì i due hanno rotto la loro amicizia.[10][11] Anche negli anni successivi i rapporti sono rimasti tesi con Malone che nel 2015 ha invitato Kobe a un confronto.[12]

Michael Jordan

Michael Jordan
     
Nazionalità Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Altezza 198[1] cm
Peso 98 kg
Pallacanestro 
Ruolo Guardia tiratrice
Termine carriera 16 aprile 2003[2]
Hall of fame Naismith Hall of Fame (2009)
FIBA Hall of Fame (2015)
Carriera
Giovanili
1979-1981  Laney Buccaneers  
1981-1984 N. Carol. Tar Heels 101 (1788)
Squadre di club
1984-1993 Chicago Bulls 667 (21.541)
1995-1998 Chicago Bulls 263 (7.736)
2001-2003 Wash. Wizards 142 (3.015)
Nazionale
1983-1992 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti 31 (491)
Palmarès
Trofeo Vittorie
NBA 6 vittorie
NCAA 1 vittoria

Per maggiori dettagli vedi qui

 
 Olimpiadi
Oro Los Angeles 1984
Oro Barcellona 1992
 Campionati americani
Oro Portland 1992
 Giochi panamericani
Oro Caracas 1983
Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.
Statistiche aggiornate al 16 aprile 2003
(EN)

«By acclamation, Michael Jordan is the greatest basketball player of all time.»

(IT)

«Per acclamazione, Michael Jordan è il più grande cestista di tutti i tempi.»

Michael Jeffrey Jordan, conosciuto anche con le sue iniziali MJ[4] (New York17 febbraio 1963), è un imprenditore, ex cestista ed ex giocatore di baseball statunitense.

Soprannominato Air Jordan[3] e His Airness[5] per le sue qualità atletiche e tecniche, fu eletto nel 1999 "il più grande atleta nordamericano del XX secolo" dal canale televisivo sportivo ESPN.[6] Negli anni ha acquisito molta fama sul campo che lo ha reso un'icona dello sport,[7] al punto da spingere la Nike a dedicargli una linea di scarpe da pallacanestro chiamata Air Jordan, introdotta nel 1984.[8]

Giocò per tre anni all'Università della Carolina del Nord a Chapel Hill, dove guidò la squadra alla vittoria del campionato nazionale NCAA nel 1982. Fu poi scelto per terzo al Draft NBA 1984 dai Chicago Bulls e diventò in breve tempo una delle stelle della lega, contribuendo a diffondere la NBA a livello mondiale negli anni '80 e '90.[9][10] Nel 1991 vinse il suo primo titolo NBA con i Bulls, per poi ripetersi con altri due successi nel 1992 e nel 1993, aggiudicandosi un three-peat, dopo il quale si ritirò per intraprendere una carriera nel baseball. Tornò ai Bulls nel 1995 e li condusse alla vittoria di un altro three-peat (1996, 1997 e 1998). Si ritirò una seconda volta nel 1999, per poi tornare come membro dei Washington Wizards dal 2001 al 2003, per poi ritirarsi definitivamente. Durante la sua carriera professionistica rappresentò anche la nazionale di pallacanestro degli Stati Uniti d'America, vincendo quattro medaglie d'oro, tra cui due ai Giochi olimpici di Los Angeles 1984 e Barcellona 1992.

I riconoscimenti ottenuti a livello individuale includono sei MVP delle finali,[11] dieci titoli di miglior marcatore (entrambi record), cinque MVP della regular season, dieci selezioni All-NBA First Team e nove nell'All-Defensive First Team, quattordici partecipazioni all'NBA All-Star Game, tre MVP dell'All-Star Game e un NBA Defensive Player of the Year Award. Detiene i record NBA per la media punti più alta nella storia della regular season (30,12 punti a partita) e nella storia dei playoffs (33,45 punti a partita).[12]

Fu introdotto due volte nella serie Naismith Memorial Basketball Hall of Fame: nel 2009[13] per la sua carriera individuale e nel 2010 come membro del Dream Team.[14] Diventò membro della FIBA Hall of Fame nel 2015.[15] Dal 2010 al 2023 è stato il principale azionista e presidente degli Charlotte Hornets dell'NBA ed è attualmente proprietario oltreché fondatore del team 23XI Racing della NASCAR Cup Series. Il 22 novembre 2016 fu insignito dal presidente USA Barack Obama della medaglia presidenziale della libertà, la più alta onorificenza civile statunitense.[16]

Biografia

Vita privata

Michael Jeffrey Jordan nacque il 17 febbraio 1963 nel quartiere di Brooklyn, a New York, dove i genitori Deloris, impiegata di banca, e James R. Jordan Sr., meccanico in una centrale elettrica, si erano appena trasferiti. Quarto di cinque figli, ha due fratelli (James R. Jordan Jr. e Larry) e due sorelle (Deloris, detta Sys e Roslyn, più piccola di un anno, ma che si diplomerà assieme a lui e con lui frequenterà la NCU).[17] Poco dopo la nascita di Michael, la famiglia si trasferì nuovamente, questa volta a Wilmington, nella Carolina del Nord.[18] I suoi genitori ebbero un approccio differente con lui: mentre sua madre fu protettiva nei suoi confronti, suo padre fu più duro, non perdeva occasione per schernirlo e per lamentarsi di lui; questo atteggiamento da parte di suo padre, come riconobbe anni dopo lo stesso Michael, contribuì ad alimentare la sua determinazione al miglioramento costante.[19]

Il 2 settembre 1989 si sposò con Juanita Vanoy, più grande di lui di quattro anni. Ebbero tre figli: Jeffrey (nato nel 1988 prima del matrimonio, e che ha giocato a basket in NCAA dal 2007 al 2012, ma non tra i professionisti dopo essere rimasto undrafted nel 2012), Marcus (nato nel 1990, anch'egli ha giocato a basket in NCAA dal 2009 al 2012 e rimase undrafted nel 2013) e Jasmine (nata nel 1992).[20] Nel 2006 la coppia ottiene il divorzio.[21][22][23]

Il 27 aprile 2013 si sposò con la modella cubana Yvette Prieto, di 15 anni più giovane.[24][25] Nel 2014 la coppia ha avuto due gemelle di nome Victoria e Ysabel.[26]

Gioco d'azzardo

Il 27 maggio 1993, nel periodo in cui giocava le finali di conference contro i New York Knicks, venne visto in un casinò legato a Cosa nostra statunitense[27] di Atlantic City;[28] nel 1992, dovette coprire una perdita di 57000 $ dovuti al gioco d'azzardo.[29] Dopo il suo primo ritiro nel 1993 l'allora commissioner dell'NBA David Stern negò in più occasioni che quella di Jordan fosse una sospensione dovuta alla sua vita extracampo.[29][30]

Controversie

Durante il mese di maggio del 2010, Jordan venne criticato per essere apparso in uno spot pubblicitario della Hanes mentre portava dei baffi a spazzolino, che vengono spesso identificati con Adolf Hitler.[31][32][33] L'amico Charles Barkley dichiarò al riguardo:[33]

«Ammetto che non so a cosa stessero pensando lui (Michael Jordan) o la Hanes in quel momento. Mi sembra semplicemente un'idea brutta e stupida.»

Caratteristiche tecniche

Jordan nel 1997

Jordan giocava come guardia tiratrice, con un'altezza dichiarata di 198 cm e con un peso che in carriera è oscillato tra i 90 e i 100 kg.[1] Dotato di tecnica offensiva, abile nel crossover con entrambe le mani e nel gioco spalle al canestro,[34] possedeva un rapido primo passo e doti acrobatiche,[3] che gli consentirono di distinguersi come uno dei più grandi schiacciatori di sempre,[35] come dimostrano le due vittorie all'NBA Slam Dunk Contest.[36]

Nella fase finale della sua carriera, quando il suo atletismo era diminuito per via dell'età e del periodo di lontananza dalla pallacanestro, Jordan perfezionò il tiro in allontanamento, una tecnica che gli consentiva di eludere le braccia protese dei difensori e che divenne un suo marchio di fabbrica tanto quanto le schiacciate che lo contraddistinsero da giovane.[37][38] Specialista nel tiro dalla media distanza, Jordan non era altrettanto abile nel tiro da tre punti: le sue percentuali da dietro l'arco sono state altalenanti per buona parte della sua carriera, ad eccezione del periodo compreso tra il 1994 e il 1997, in cui Jordan, favorito anche dal temporaneo abbassamento dell'arco da 7,25 m a 6,75 m,[39][40] migliorò le proprie percentuali, innalzando la propria media in carriera a 35% (poi sceso a 32,7 dopo le ultime tre stagioni). A corredo delle sue doti da realizzatore, vanno citate l'abilità a rimbalzo, l'efficacia nel tiro libero, la comprensione tattica del gioco e capacità di passatore spesso sottovalutate, retaggio dei primi due anni al liceo, durante i quali mandare a canestro i compagni era opzione non di rado privilegiata rispetto alla realizzazione individuale.[12][41]

Michael Jordan è inoltre stato considerato uno dei migliori difensori della NBA,[42] capace di formare, assieme a Scottie Pippen, una delle coppie difensive più forti di sempre. Jordan era solito prendere in consegna il top scorer avversario, marcandolo con efficacia grazie a una combinazione di forza fisica, velocità e riflessi;[43] abile stoppatore, era un difensore pericoloso anche lontano dalla palla, come confermano le medie statistiche in carriera sui recuperi difensivi.[12][44]

Oltre che per le doti tecniche e fisiche mostrate sul campo, si è distinto per la sua mentalità vincente e competitiva,[45] la regolare costanza di rendimento di stagione in stagione e la naturale leadership esercitata sui suoi compagni.[46] Una delle peculiarità più apprezzate è sempre stata la sua abilità nel giocare sotto pressione ed effettuare le giocate decisive delle partite: alcuni esempi sono il tiro con cui decise le NBA Finals del 1998 contro gli Utah Jazz e i due punti coi quali sconfisse nei play-off del 1989 i Cleveland Cavaliers; degna di nota anche la prestazione in gara 1 delle Finals del 1992 contro i Portland Trail Blazers, chiusa con 6/10 da oltre l'arco.[47]

Carriera

High School

Il giovane Michael frequentò la Emsley A. Laney High School, ricordato come un ragazzo estroverso, non eccelleva nello studio.[48] A 13 anni frequentò un corso di economia domestica su consiglio della madre,[48] ma impegnò tutte le sue energie nello sport, giocando a baseballfootball americano e pallacanestro, sport che iniziò a conoscere all'età di 11 anni, quando il padre costruì un campetto nel giardino di casa.[49]

Era un ragazzino molto gracile, per cui, dopo due anni promettenti come lanciatore della squadra di baseball locale, anni in cui lasciò intuire di avere potenzialità, la sua carriera si interruppe bruscamente a causa della sua ridotta fisicità, che gli impediva di lanciare con la dovuta forza ed energia.[41] Venne impiegato in altri ruoli all'interno della squadra e questo lo spinse ad abbandonare.[50] Parallelamente provò anche con la squadra locale di football americano, giocando in difesa con discreti risultati, fino a quando un contrasto di gioco gli causò la lussazione della spalla inducendolo di nuovo a dirottare altrove la sua attenzione.[50]

Si dedicò dunque alla pallacanestro, giocando per i Laney High School Buccaneers; dopo due anni tra le giovanili, provò a entrare in prima squadra, ma l'allenatore, Clifton "Pop" Herring, lo escluse, nonostante Jordan fosse considerato il miglior giocatore delle giovanili preferendogli Harvest Leroy Smith jr. perché era più alto.[50][51] L'episodio dell'esclusione dalla prima squadra servì a Michael Jordan per migliorarsi.[48] La sua esclusione si spiegò, come confermato da chi visse quegli anni al fianco di Jordan, con il fatto che la prima squadra, composta per regolamento quasi interamente da giocatori del quarto e quinto anno, aveva un'altezza media piuttosto ridotta (su 10 giocatori, otto erano sotto i 185 cm) e dunque aveva necessità di elementi alti; per questo Herring scelse Smith, giocatore che non ebbe molta fortuna tra i professionisti, anziché Jordan che misurava 178 cm.[48]

All'inizio del suo quarto anno al liceo raggiunse i 190 cm[52] ed entrò in prima squadra dove indossò per la prima volta il numero 23, come omaggio a suo fratello Larry.[53] Michael Jordan chiuse la stagione con 24,6 punti e 11,8 rimbalzi a partita.

Il quinto e ultimo anno di liceo, aiutò la Laney a migliorare il proprio record, anche se la corsa al titolo si arrestò in semifinale playoffs contro la New Hanover High School del futuro giocatore NBA Kenny Gattison.[54] Jordan, che a quel punto fu considerato dagli addetti ai lavori il liceale d'America più promettente assieme a Aubrey Sherrod, allo stesso Gattison e a Patrick Ewing, incrementò ancora le sue cifre, e a fine anno fu convocato al McDonald's Invitational Tournament.[55] Realizzò 30 punti (record) con 13 tiri segnati dal campo su 19, 4 su 4 ai tiri liberi, 6 palle rubate e 4 assist,segnando anche nei secondi finali i due tiri liberi che portarono la sfida sul definitivo 96-95; alla buona prestazione non seguì la nomina ad MVP della gara.[55] In estate comunicò, in una conferenza stampa che ebbe luogo nel proprio domicilio,[56] di aver scelto l'Università della Carolina del Nord a Chapel Hill guidata da Dean Smith rifiutando altre importanti offerte.[57]

College

Il numero 23 di Jordan appeso al soffitto del Dean Smith Center

Alla UNC, Jordan dovette confrontarsi con un allenatore dalla forte personalità e con il suo sistema di gioco, oltre che con i due giocatori più forti della squadra, dividendo così la leadership tecnica.[58] Sotto la guida di Dean Smith entrò appieno nel suo sistema di gioco e instaurò una discreta convivenza con James Worthy e Sam Perkins, formando una buona alchimia collettiva, rivelandosi una strategia vincente per la stagione dei Tar Heels.[59][60] Il primo anno di college fu un anno di apprendimento, sebbene, per coincidenze fortunose, Jordan partì in quintetto per tutta la stagione; tenne una media di oltre 15 punti a partita. Nella finale per il titolo NCAA del 1982 contro la Georgetown di Patrick Ewing, giocata al Superdome di New Orleans davanti a 61 612 spettatori (cui si aggiunsero i 17 milioni che la videro in TV),[61] Jordan mise a segno il tiro vincente a 15 secondi dal termine della partita, contribuendo così alla conquista del titolo.[62][63] A fine partita, negli spogliatoi, Jordan rispose così a un giornalista (della NBC) che lo stava intervistando: "Davvero non ho avvertito alcuna pressione. Era un tiro come un altro".[64]

In realtà, quel tiro gli cambiò in positivo la carriera, perché UNC aspettava il titolo NCAA da tanto tempo e quando finalmente arrivò, i festeggiamenti andarono avanti per settimane e Jordan venne molto celebrato dai tifosi. Se prima di quella finale era considerato, dall'opinione pubblica, come un giocatore molto forte ma comunque al pari di tanti altri, da quel momento la percezione che i tifosi avevano di lui cambiò. Come ricorda lui stesso "prima il mio nome era Mike, tutti mi chiamavano Mike Jordan, ma dopo il tiro ero diventato Michael Jordan".[65] Nonostante il nuovo status di star collegiale, durante l'estate si allenò intensamente[66] e, grazie alla crescita in altezza di ulteriori 5 centimetri,[66] all'inizio della seconda stagione sia i compagni di squadra sia i tecnici, poterono constatare i suoi miglioramenti fisici e tecnici. La stagione 1982 fu l'annata della sua definitiva consacrazione cestistica e, se in attacco venne considerato ormai da tutti come il più forte giocatore di college (la media punti salì, complice l'introduzione del tiro da tre punti, a quasi 21 a partita, con 5,8 rimbalzi), fu in difesa che diventò determinante, stupendo gli addetti ai lavori di metà degli USA (compreso il commentatore Dick Vitale), che a quel punto si convinsero di avere di fronte un giocatore dal grande potenziale.[67] Ciò nonostante, la stagione di UNC partì in sordina, soprattutto perché non c'era più James Worthy, che, dietro insistenza del suo allenatore, lasciò i Tar Heels con un anno di anticipo per andare in NBA (ai Los Angeles Lakers come prima scelta assoluta del Draft 1982) e si concluse anzitempo alle finali regionali contro Georgia; nonostante le sue statistiche, Jordan non vinse neppure il trofeo di MVP, assegnato al centro di Virginia Ralph Sampson.[66][68]

Jordan tra James Worthy e Dean Smith, rispettivamente compagno di squadra e allenatore al college, nel 2007

In estate partecipò ai giochi Panamericani con la squadra degli Stati Uniti, che, seppur con qualche affanno, vinsero la competizione battendo in finale Porto Rico per 101-85; a fine torneo Jordan fu il miglior marcatore con 17,3 punti a partita nonostante un'infiammazione al tendine del ginocchio destro ne avesse limitato il rendimento. La sua migliore prestazione fu contro il Brasile, partita in cui segnò 27 punti.[69][70]

Il terzo anno iniziò sotto i migliori auspici: i Tar Heels erano la squadra da battere, in rosa c'erano Sam PerkinsBrad Daugherty e Kenny Smith, venendo riconosciuta come la migliore formazione allenata da Dean Smith.[69][71] Difatti UNC partì come un rullo e arrivò agli ottavi del torneo NCAA (tra le cosiddette sweet sixteen) dove incontrò gli Indiana Hoosiers di Bob Knight.[72] Jordan giocò una stagione sottotono, limitando la propria individualità per adattarsi, ancora una volta, al "sistema Smith"; ne conseguì la definitiva maturazione del cestista, anche se non mancarono le critiche verso l'allenatore per avere messo in difficoltà Jordan per via del suo gioco.[73] A queste critiche replicò anni dopo lo stesso Jordan, dicendo:"Non conoscevo il gioco, me lo ha insegnato lui. Dean Smith mi diede la competenza necessaria per segnare trentasette punti a partita, è questo che la gente non capisce". Ma proprio il sistema di Dean Smith andò in crisi nella partita con Indiana, che da sfavorita, batté UNC 72-68 e Jordan chiuse con soli 13 punti e 6 su 14 al tiro.[72] Seguirono giorni di dubbi, perché Jordan non sapeva se lasciare, come Worthy,[74] l'università con un anno di anticipo oppure rimanere fino alla fine, compiacendo così il volere della madre. Il 5 maggio 1984 Jordan annunciò la propria scelta di entrare tra i professionisti.[74]

Dopo aver vinto il premio Naismith College Player of the Year, il John R. Wooden Award e l'Adolph Rupp Trophy nel 1984 decide di lasciare con un anno di anticipo il college per dichiararsi eleggibile al Draft NBA 1984 (laureandosi comunque nel 1986),[75] dove venne selezionato dai Chicago Bulls come terza scelta assoluta, dietro Hakeem Olajuwon e Sam Bowie.[76] Ci fu un tentativo dei Dallas Mavericks di acquisire via trade Jordan cedendo loro in cambio Mark Aguirre,[77] ma i Bulls rifiutarono.[78][79]

Il primo oro olimpico e i primi anni nell'NBA

L'estate del 1984 fu quella dei Giochi della XXIII Olimpiade a Los Angeles e Michael Jordan venne convocato da coach Bob Knight nella nazionale statunitense,[80] composta da soli giocatori universitari,[81] assieme a Sam PerkinsPatrick EwingChris MullinWayman Tisdale, Leon Wood, Alvin Robertson, Joe Kleine, John Koncak, Jeff TurnerVern Fleming e Steve Alford.[80] Nelle amichevoli di preparazione al torneo i dodici atleti giocarono contro selezioni di giocatori NBA, e Jordan mise in mostra il suo talento, guadagnandosi gli apprezzamenti di diversi addetti ai lavori, tra cui l'allenatore dei Lakers Pat Riley, nonostante non avesse ancora esordito tra i professionisti. Nell'ultima di queste amichevoli Jordan segnò 27 punti contribuendo al successo per 84-72 per la selezione, effettuando anche una schiacciata in campo aperto dopo avere superato in accelarazione la stella dei Lakers Magic Johnson.[82]

Los Angeles arrivò un oro molto agevole per gli USA, aiutati anche dal boicottaggio sovietico che tolse loro l'avversario più temibile; la squadra vinse 8 partite su 8 con un margine di scarto medio di 32 punti. Jordan, seppur ebbe delle difficoltà per via dei rigidi schemi offensivi di Knight, fu il miglior realizzatore con 17,1 punti a partita e a fine fece la seguente dichiarazione a un giornalista estero che gli mostrò una rivista secondo cui è il più forte giocatore del mondo: "Finora non ho ancora incontrato qualcuno che mi abbia impedito di fare quello che voglio fare".[82][83]

Il 12 settembre 1984 i Bulls annunciarono che Jordan aveva firmato un contratto di 7 anni per 6 milioni di dollari, il terzo più alto nella storia dell'NBA dopo quello dei due centri di Houston Hakeem Olajuwon e Ralph Sampson.[84]

Nello stesso periodo, la Nike, un'azienda di scarpe dell'Oregon con un fatturato annuo di 25 milioni di dollari, stava cercando nuovi canali di espansione e, grazie al suo lungimirante agente Sonny Vaccaro, stava espandendo la propria sfera d'influenza il mondo del basket,[85] dapprima quello collegiale e poi quello NBA.[85] La società usciva dal suo primo trimestre in perdita e necessitava di nuove idee per recuperare il terreno perso sulla concorrenza[86], fu proprio Vaccaro a intuire l'enorme potenziale di Jordan e a convincere Nike a scommettere ingenti risorse sul giovane talento prima di altre aziende concorrenti.[87] Nacque così la linea Air Jordan da un'idea di Peter Moore, designer creativo della Nike, e il logo è uno stemma con ali che cinge un pallone da basket[88]): Jordan, soprannominato con l'appellativo Air, firmò un contratto di 2 milioni di dollari in 5 anni oltre a una percentuale su ogni scarpa, un investimento senza precedenti per un atleta non professionista.[89]

Quando firmò per Chicago, i Bulls erano reduci da una stagione con 27 vittorie e 55 sconfitte, le cui partite casalinghe venivano giocate al vecchio Chicago Stadium, un palazzetto fatiscente situato in una zona poco raccomandabile della città, con una media di 7 000 spettatori, la più bassa della lega.[90]

L'esordio di Jordan avvenne il 26 ottobre 1984 contro i Washington Bullets, partita nella quale segnò 16 punti con 5 su 16 dal campo, 7 assist e 6 rimbalzi.[91] Due sere dopo segnò 37 punti contro i Milwaukee Bucks, vincendo il duello con la stella avversaria Sidney Moncrief, mostrando la sua leadership offensiva in poco tempo grazie anche al gioco di squadra focalizzato su di lui.[91][92] Alla nona partita contro San Antonio segnò 45 punti,[93] altrettanti poche settimane dopo contro il Cleveland Cavaliers; poi ne segnò 42 contro New York[94] e altri 45 contro Atlanta.[95] La prima tripla doppia (35 punti, 15 assist e 14 rimbalzi) arrivò contro Denver,[96] dopodiché, poco prima della pausa per l'All Star Game, Jordan realizza 41 punti contro i campioni in carica dei Boston Celtics.[92] Nominato dai tifosi per il quintetto base della squadra dell'Est nell'NBA All-Star Game del febbraio 1985: durante la competizione diversi compagni di squadra, tra cui Isiah Thomas, si rifiutarono di passargli la palla, infastiditi dalle troppe attenzioni su Jordan, dando così vita al boicottaggio meglio conosciuto come freeze-out;[9] cementandosi in questa maniera degli attriti.[97] Subito dopo l'All-Star Game, i Chicago Bulls andarono a fare visita ai Pistons, squadra di Thomas: Jordan segnò 49 punti con 15 rimbalzi e i Bulls vinsero la partita 139-126 nel tempo supplementare.[98] Grazie alle ottime prestazioni di Jordan, la squadra vinse 38 partite in regular season (11 in più dell'anno prima) e si qualificò ai playoffs, venendo sconfitti al primo turno da Milwaukee per 3-1. Jordan venne premiato come matricola dell'anno davanti alla prima scelta Hakeem Olajuwon.[99]

Jordan, appena eletto rookie of the year del campionato NBA 1984-85 con i Chicago Bulls, qui in canotta Stefanel per un match esibizione a Trieste nell'estate 1985, nell'ambito del lancio italiano delle scarpe Air Jordan I.[100]

Durante l'estate i Bulls vengono acquistati da Jerry Reinsdorf, ricco immobiliarista già proprietario della squadra di baseball dei Chicago White Sox, il quale, per prima cosa, assunse come general manager lo scout degli stessi White Sox Jerry Krause.[101] Quest'ultimo chiamò, come responsabile del coaching staffTex Winter, un allenatore di college in pensione molto apprezzato per aver creato un brillante schema di gioco offensivo noto come "attacco triangolo"; le basi della dinastia Bulls furono gettate, anche se Krause e Jordan non andarono mai d'accordo e l'acredine tra loro aumentò esponenzialmente fino alla turbolenta rottura.[102]

La seconda stagione di Jordan iniziò sotto tono: il 25 ottobre 1985, durante la partita contro i Golden State Warriors, subì un grave infortunio;[103] impossibilitato a giocare, tornò all'università, dove conseguì la laurea. Tempo dopo confessò di giocare partite segrete nonostante il veto dei medici, secondo i quali un rientro anticipato avrebbe potuto pregiudicare il futuro della sua carriera.[104] Ma come disse anni dopo Mark Pfeil, storico preparatore atletico dei Bulls: "Lui era fatto così. Se si convinceva che qualcosa non gli avrebbe fatto male, si concentrava oltre l'ostacolo e scendeva in campo".[104] A 18 partite dalla fine della regular season rientrò in campo nonostante l'ennesimo veto della dirigenza dei Bulls, veto motivato, ufficialmente, dalla paura di non rischiarlo inutilmente (vista la stagione ormai compromessa) e, ufficiosamente, dalla volontà di perdere qualche partita in più per ottenere maggiori chance di scelta al draft dell'estate seguente.[105] Con lui in campo, la squadra vinse 16 delle ultime partite e si qualificò ai play-off, dove incontrò, al primo turno, i Boston Celtics;[106] Chicago perse la serie 3-0, ma in gara due, giocata il 20 aprile 1986 al Boston Garden, Jordan riscrisse la storia del basket, segnando 63 punti con 5 rimbalzi e 6 assist,[107] prestazione che resterà la miglior di sempre quanto a punti segnati in una gara di play-off,[108] tanto da ricevere gli elogi da Larry Bird (che in quella partita segnò 36 punti con 12 rimbalzi e 8 assist).

(EN)

«I think it's just God disguised as Michael Jordan.»

(IT)

«Penso sia semplicemente Dio travestito da Michael Jordan.»

Il terzo campionato NBA fu quello della conferma per Jordan, che per la prima volta vinse la classifica marcatori, con 37,1 punti di media a partita.[109] Il ruolino di marcia fu impressionante: nelle 82 partite della stagione regolare, per 77 volte fu il miglior realizzatore della sua squadra, per 2 volte segnò 61 punti, per 8 volte superò i 50, per addirittura 37 volte ne realizzò 40 o più.[110][111] Superò la soglia dei 3 000 punti in una sola stagione (3 041), segnando il 35% dei punti totali della squadra.[111] A questo punto molti ritengono che, almeno a livello offensivo, Jordan sia il miglior giocatore della lega, anche se diversi osservatori lo ritenevano troppo egoista e nutrivano forti perplessità sulla sua capacità di essere un uomo squadra.[senza fonte] In realtà quest'idea era solo in parte, perché se da un lato MJ era portato, per indole, a diffidare dei suoi compagni (gli ci vollero anni per cambiare mentalità).[non chiaro]

Concluse la stagione con una media di 3,2 palle recuperate a partita e oltre 100 stoppate, vincendo il titolo di NBA Defensive Player of the Year Award, per il 1988;[43] nello stesso anno venne anche inserito nel quintetto difensivo ideale e guidò la classifica marcatori, con oltre 35 punti di media a partita, vincendo, per la prima volta, il titolo di MVP sia della stagione regolare che dell'All Star Game, che si giocò proprio a Chicago e nel quale segnò 40 punti; nell'occasione vinse, per la seconda volta, lo Slam Dunk Contest, la gara delle schiacciate, battendo in finale Dominique Wilkins con una schiacciata che passò alla storia, eseguita prendendo la rincorsa da bordo campo e staccando dalla linea del tiro libero.[112]

Tuttavia il riconoscimento più importante fu il primo passaggio, da parte dei Bulls, di un turno di playoffs dal 1981: 3-2 contro i Cleveland Cavaliers. Nelle prime due partite Jordan segnò 50 e 55 punti, impresa che non era mai riuscita prima a nessun altro nella storia della NBA, anche se gara-5 venne decisa dalla giovane matricola da Arkansas University Scottie Pippen, che, partendo in quintetto per la prima volta in stagione, segnò 24 punti.[113] In semifinale di Conference Chicago trovò i Detroit Pistons che, grazie al gioco duro e alle "Jordan Rules" (una tattica difensiva elaborata da Chuck Daly e Joe Dumars per arginare Jordan), vinsero agevolmente la serie 4-1.[114]

E fu proprio durante quella serie che Donald Sterling, proprietario dei Los Angeles Clippers, sondò il terreno con Krause per acquistare Jordan;[77] il GM dei Bulls era ancora convinto che con Michael in squadra non ci fosse alcuna possibilità di vincere il titolo ed è dunque molto propenso ad accettare (tanto più che Sterling offre, in cambio, un paio di scelte tra le prime cinque al draft di quell'anno), ma poi pensò alle conseguenze di una cessione e rifiutò l'offerta.[77] Perché, grazie a Jordan,[115] i tori fecero registrare il tutto esaurito a ogni partita e videro crescere il loro valore da 16 a 120 milioni di dollari i pochi anni, guidando la classifica NBA relativa alle vendite di materiali e gadget ufficiali;[115][116] più precisamente, come ricorda lo storico vicepresidente dei Bulls Steve Schanwald, circa il 40% del merchandising ufficiale venduto dalla NBA è legato ai Bulls.[117]

Grazie alla linea di scarpe Air Jordan guadagnò, in sponsorizzazioni, cifre fino ad allora inimmaginabili per uno sportivo,[41][115]

Jordan salta per una schiacciata nella stagione 1987-88

A settembre del 1988, comunque, Reinsdorf rinnovò il contratto per otto stagioni; la squadra iniziò male la stagione e fu ancora una volta Jordan a doversela caricare sulle spalle.[118] Questo non fece altro che aumentare le critiche della stampa, da tempo convinta che, a differenza di Magic Johnson e Larry Bird, Jordan fosse troppo individualista e incapace di valorizzare i compagni.[119] Anche per questo motivo l'allenatore Doug Collins chiese al suo vice Phil Jackson di catechizzare il suo giocatore sulla necessità del gioco di squadra;[120] il colloquio avvenne e, nonostante l'iniziale ritrosia di Jordan,[120] produsse i suoi effetti, anche perché, nel frattempo, Collins decise di relegare in panchina il poco convincente playmaker titolare Sam Vincent e di spostare nel ruolo proprio Jordan,[121] che non a caso realizzò, dopo il cambiamento, sette triple doppie consecutive (14 in totale tra gennaio e aprile),[121] coinvolgendo molto i compagni di squadra e portando i Bulls a 6 vittorie consecutive,[121] grazie anche alle ottime prestazioni di Pippen e del sophomore Horace Grant,[121] che partendo in quintetto con regolarità cominciò a garantire prestazioni convincenti.[121]

Il risultato fu che, con un record di 47-35 i Bulls avanzarono alla post season col quinto miglior record della Eastern Conference,[121] dove al primo turno incontrarono nuovamente i Cavaliers (finiti quarti),[121] con il fattore campo a sfavore: la serie fu molto equilibrata e si decise in gara-5, giocata il 7 maggio 1989 in Ohio, quando, a 2 secondi dalla fine della partita, con la squadra sotto di un punto, Michael segnò un tiro in sospensione praticamente impossibile (da quel momento universalmente ribattezzato the shot), dalla linea del tiro libero, in controtempo e con le mani in faccia di Craig Ehlo.[122] Al secondo turno i Bulls incontrarono i New York Knicks di Patrick Ewing e dell'ex Charles Oakley, che superarono abbastanza agevolmente 4-2 per poi ritrovarsi, in finale di Conference, gli storici rivali dei Detroit Pistons; in gara-1 Collins decise di mettere Jordan in marcatura su Thomas; la scelta diede i suoi frutti, perché il play dei Pistons, limitato dal maggior atletismo di Jordan, non riuscì a penetrare né a creare giochi per i compagni ed è costretto a tirare da fuori, ma con percentuali disastrose (3 su 18), sicché i Bulls espugnarono il campo di Detroit (che non perdeva in casa da 25 partite) 94-88. In gara-2 Thomas segnò 33 punti e Dumars 20 per la vittoria dei Pistons 100-91, mentre gara-3 venne vinta da Chicago 99-97 grazie a un altro tiro allo scadere di Jordan, che segnò anche 46 punti. In gara-4 la strepitosa difesa di Dumars costrinse Jordan a un misero 5 su 15 che valse la vittoria dei Pistons 86-80: nel dopo partita Collins accusò Jordan di essere stato troppo egoista e impreciso.[119] Per ripicca, nella successiva gara-5 il 23 prese solo otto tiri, lasciando a Detroit una facile vittoria per 94-85 e fomentando così la rabbia del suo allenatore, da tempo convinto che i Bulls non avrebbero mai vinto finché ci fosse stato Jordan.[119] Si tornò a Chicago per gara 6; la partita fu molto tirata ma, nonostante i 32 punti segnati da Jordan, Detroit riuscì a prendere un buon vantaggio nell'ultimo quarto e a vincere 103-94 grazie anche ai 33 punti di Isiah Thomas.[123] I Pistons andarono così in finale contro i Los Angeles Lakers di Magic Johnson, che batterono 4-0.

Tex Winter, l'uomo che si occupò degli schemi offensivi del triangolo

Il 6 luglio 1989 Reinsdorf e Krause licenziarono Doug Collins e affidarono la squadra al suo vice Phil Jackson, il quale confidò allo stesso Krause appena dopo la nomina a coach:[124]

«Sono sempre stato più orientato alla difesa, sia come giocatore che come allenatore. Lascerò l'attacco a Tex Winter, giocherò con il triplo post»

Jordan non era inizialmente contento di tale schema.[125][126] Nella prima stagione con il nuovo coach, i Bulls continuarono il loro percorso di crescita, arrivando a un record finale di 55-27, più vicino ai Pistons, campioni in carica. Jordan migliorò sempre più nel coinvolgimento dei compagni di squadra. In particolare, a beneficiarne furono Horace Grant e Scottie Pippen (quest'ultimo ricevette la sua prima convocazione all'ASG). Il 28 marzo 1990 Jordan fu protagonista della gara con più punti[127] segnati in carriera: contro i Cleveland Cavaliers segnò 69 punti, frutto di un 23/37 di tiri dal campo segnati, 6 triple realizzate e 21/23 ai liberi (oltre a 18 rimbalzi, 6 assist e 4 palle rubate).[127] I Bulls erano favoriti a Est e mantennero le aspettative vincendo agevolmente le prime due serie di playoffs contro i Bucks (3-1) e i 76ers (4-1), presentandosi dunque alla Finals di Conference dell'Est al cospetto di Detroit e dei suoi Bad Boys, così chiamati per il loro gioco intenso e aggressivo.[128][129] La serie tra Chicago e Detroit fu molto tirata, con Jordan autore di grandi prestazioni, soprattutto in gara-4. Il fattore campo fu rispettato sempre e si arrivò alla 7ª partita, che si giocò a Detroit per via del miglior record in regular season dei Pistons.[129] L'ultima gara della serie terminò con il punteggio di 93-74 per Detroit.[130] I Bulls dimostrarono di non essere ancora pronti al salto definitivo, e Jordan manifestò nervosismo spaccando una sedia negli spogliatoi a seguito di un gesto di stizza.[119]

Primo three-peat e secondo oro olimpico con il Dream Team

Scottie Pippen, fattore determinante con Jordan nei titoli vinti da Chicago

La stagione 1990-91 ricominciò con il roster dei Chicago Bulls sostanzialmente invariato, almeno nel quintetto base. La politica della franchigia fu di lasciare maturare la squadra, non snaturandola. A fine anno i Portland Trail Blazers stabilirono il miglior record della regular season con 63-19, davanti al 61-21 dei Bulls.[131] I Bulls mostrarono un gioco completo e senza punti deboli, avendo armonizzato la presenza di una superstar con le dinamiche di squadra, ciò valse a Jordan il secondo titolo di MVP della Lega.

I Bulls superarono nuovamente in scioltezza i primi due turni di playoffs (3-0 ai New York Knicks e nuovamente 4-1 ai Philadelphia 76ers di Charles Barkley) per ritrovarsi per il terzo anno consecutivo nelle Finals dell'Est, sempre contro i Detroit Pistons.[132] Nuovamente affrontata in Finale di Conference, Jordan si prese la sua rivincita, trascinando Chicago a un netto 4-0. Alla fine di gara-4, con il risultato ormai guadagnato dai Bulls, i Pistons (con Isiah Thomas e Bill Laimbeer in testa) uscirono dal campo diversi secondi prima del termine della partita.[133] Jordan evitò di subire passivamente questo atteggiamento dei Pistons e mentre questi uscivano dal campo si rivolse ai suoi compagni congratulandosi con loro.[134]

In finale trovarono i Los Angeles Lakers di Magic Johnson; in gara-1 i Bulls vennero sconfitti per 93-91, con Jordan che sbagliò il tiro del pareggio a pochi secondi dal termine, e i Lakers ribaltarono così il fattore campo.[135] La prestazione di Jordan fu comunque di rilievo: mise a referto 36 punti, 8 rimbalzi e 12 assist, con 15 punti, 5 assist e 7/10 dal campo nel solo primo quarto.[135] Nelle gare successive i Lakers non riuscirono più a tenere il passo dei Bulls, che si imposero per 4-1 vincendo il loro primo titolo.[136] Nella serie fu importante anche l'apporto di Scottie Pippen in marcatura su Johnson.[137]

Le Air Jordan VII indossate durante i Giochi olimpici di Barcellona 1992

Nel 1992 la finale fu contro Portland: il suo scontro diretto con Drexler venne deciso fin dalle prime battute: nella gara-1 delle finali andò a riposo nell'intervallo del primo tempo con 35 punti, con 6 canestri consecutivi da 3 punti.[138] Secondo il telecronista Marv Albert, lo stesso Jordan fu sorpreso dalla propria prestazione.[138] Dopo la vittoria dei Bulls in gara-6 Drexler disse: "All'inizio della serie pensavo che Michael avesse 2000 movimenti diversi. Mi sbagliavo. Ne ha 3000".[139]

Jordan con l'arbitro Stefano Cazzaro al torneo olimpico di Barcellona

Nell'estate del 1992, Jordan, dopo aver vinto il suo secondo titolo, partecipò ai Giochi olimpici estivi di Barcellona 1992, dove si tenne la prima apparizione di giocatori professionisti della NBA ai Giochi olimpici. Jordan venne nominato capitano della squadra insieme a Magic Johnson e Larry Bird. Jordan fu una delle stelle del Dream Team originale, considerata da molti esperti come la squadra di pallacanestro più forte di tutti i tempi; accanto a Michael figurarono infatti altri grandi campioni: il compagno di squadra Scottie PippenMagic JohnsonLarry BirdCharles BarkleyClyde DrexlerPatrick EwingKarl MaloneDavid RobinsonJohn StocktonChris Mullin e l'universitario Christian Laettner, guidati dal coach Chuck Daly.[140] Fu il secondo oro olimpico per Jordan, che contribuì attivamente al successo della squadra statunitense, risultando essere il secondo miglior marcatore della squadra con 14,9[141] punti di media (dopo Charles Barkley).[142]

Nella stagione successiva ebbe una media di 32,6 punti ed arrivò secondo nelle votazioni come DPOY.[143] Raggiunta la finale dei playoffs si trovarono di fronte ai Phoenix Suns, autori del miglior record stagionale, trascinati da Charles Barkley. Con i Bulls in vantaggio 3-2, si ritornò in Arizona per le sfide decisive: gara-6 fu molto combattuta e si arrivò all'ultimo possesso con i Bulls palla in mano e sotto di 2 punti. Jordan fu l'autore di tutti i 9 punti effettuati fino a quel momento dai Bulls nell'ultimo quarto ma, invece di tirare, scelse di passare la palla a Scottie Pippen, che vide sotto canestro smarcato Horace Grant, il quale optò per il passaggio a John Paxson, appostato dietro l'arco dei 3 punti, per il tiro che valse non solo il pareggio ma la vittoria della partita e della serie: fu il terzo titolo consecutivo.[144]

Successivamente Jordan commentò il suo three-peat così:[145]

Michael Jordan e Michael Jackson in un fotogramma del videoclip Jam (1992)

«Vincere tre titoli di seguito era un mio obiettivo, perché né Thomas, né Magic, né Bird ce l'hanno fatta. Non sto dicendo di essere più forte di loro, ma il fatto che solo io ci sia riuscito vorrà dire qualcosa.»

I Chicago Bulls vinsero il terzo titolo NBA di seguito, realizzando il cosiddetto three-peat,[146] riuscito solo ad altre 2 squadre nella storia della NBA.[147] In queste finali Jordan registrò la più alta media realizzativa di punti in una serie di finale con 41 punti (il massimo in quella serie furono i 55 punti che realizzò in gara-4).[148] In più vinse il terzo titolo consecutivo di MVP delle finali NBA, prima volta per un cestista a conquistare per tre volte tale riconoscimento.[11]

Nel 1992 partecipa al videoclip di Jam di Michael Jackson, dove il cantante insegna al cestista come ballare e in cambio Jordan insegna a Jackson come giocare a pallacanestro. Jordan e Jackson erano delle figure iconiche di quegli anni e di conseguenza diventò uno dei videoclip più rappresentativi dell'epoca.

La morte del padre e il primo ritiro

Lo United Center di Chicago, casa dei Bulls dal 1994, soprannominato The house that Michael built, ovvero "La casa costruita da Michael"

Il 22 agosto 1993 il padre di Jordan, James, venne assassinato: di ritorno dal funerale di un amico, decise di fermarsi sul bordo di un'autostrada interstatale nella Carolina del Nord per riposarsi.[149] Mentre stava dormendo, due criminali locali si fermarono, lo uccisero e rubarono la sua Lexus, che gli era stata regalata proprio da Michael. Gli autori del fatto furono rapidamente rintracciati poiché avevano effettuato alcune chiamate con il telefono cellulare della vittima.[150] Il 6 ottobre 1993, durante una conferenza stampa, Michael comunicò la decisione di lasciare la pallacanestro, decisione presa anche a seguito della morte improvvisa del padre.[151] Dichiarò di non avere più nulla da dimostrare, avendo già raggiunto l'apice della propria carriera.[152] Il mondo del basket rimase fortemente colpito da questa decisione ritrovandosi senza il proprio giocatore rappresentante,[153] in quanto Jordan fu il primo "atleta globale"[10] capace di canalizzare l'attenzione dei tifosi di tutto il mondo.[10][154]

Il 9 settembre 1994, un anno dopo il suo ritiro, giocò un'ultima volta al Chicago Stadium, prossimo alla demolizione, in una partita di beneficenza organizzata da Scottie Pippen, uno dei compagni di squadra "storici" e grande amico, segnando 52 punti.[155] Nel nuovo impianto, lo United Center, venne tenuta qualche giorno dopo la cerimonia ufficiale d'addio del giocatore, con il ritiro della canotta numero 23.[156] Davanti al nuovo stadio venne eretta una grande statua di Jordan impegnato in una schiacciata con una targa con le parole: "The best there ever was, the best there ever will be", ovvero "Il migliore che ci sia mai stato, il migliore che mai ci sarà".[157]

Carriera nel baseball

Michael Jordan
Jordan in allenamento con gli Scottsdale Scorpions
     
Nazionalità Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Altezza 198 cm
Peso 92 kg
Baseball 
Ruolo Esterno
Termine carriera 1994
Carriera
Squadre di club
1994 Birmingham Barons (AA)
1994 Scottsdale Scorpions (AFL)
Statistiche
   
Batte destro
Lancia destro
 

«Voglio dimostrare di poter primeggiare anche in un'altra disciplina»: con queste parole, e sempre per la devozione verso il defunto padre, Jordan tentò la carriera nel baseball professionistico, sognata fin da ragazzo.[158] L'amore del padre appena scomparso per questo sport fu probabilmente la motivazione più forte che spinse Jordan a ritirarsi dalla pallacanestro per dedicarsi alla sua nuova carriera.[159] Nel febbraio 1994 firmò un contratto da free agent con i Chicago White Sox; il 31 marzo venne assegnato ai Birmingham Barons, terza squadra degli White Sox, impegnata nella Doppia-A della Minor League.[160]

Nonostante la grande aspettativa del pubblico nei confronti del campione, Jordan ottenne risultati abbastanza modesti: con i Barons disputò 127 partite e tenne una media battuta di 202 con 3 home run, 51 punti battuti a casa, 30 basi rubate (quinto nella Southern League a pari merito) e 11 errori.[161]

Le prestazioni poco brillanti fecero salire la pressione di giornalisti e tifosi che, aspettandosi qualcosa in più dall'ex-superstar NBA, iniziarono a criticare Jordan, ipotizzando anche che il suo ingaggio fosse più dovuto a un fattore pubblicitario che ad altro.[162] Tra il settembre e il novembre 1994, giocò 35 incontri con gli Scottsdale Scorpions nella Arizona Fall League, lega affiliata alla Major League; chiuse con 252 di media battuta. Non soddisfatto dei risultati, Jordan continuò ad allenarsi con i Chicago White Sox fino al 2 marzo 1995, giorno in cui dichiarò conclusa la sua carriera di giocatore di baseball.[163]

Il primo ritorno nell'NBA e secondo three-peat

Nei primi del 1995 cominciò a circolare la notizia secondo cui Jordan avesse intenzione di tornare a vestire la casacca dei Bulls; la ESPN interruppe tutti i programmi per dare la notizia di un suo possibile ritorno. La Nike, sponsor storico di Jordan, inviò 40 paia di scarpe targate Air Jordan ai Bulls.[164] Il 18 marzo 1995 venne diramato un breve comunicato: "Michael Jordan ha informato i Bulls di aver interrotto il suo volontario ritiro di 17 mesi. Esordirà domenica a Indianapolis contro gli Indiana Pacers."[164][165] Lo stesso Jordan, tramite il suo manager David B. Falk e l'agenzia che gli curava gli interessi (la "F.A.M.E."), diramò un brevissimo comunicato stampa, che conteneva poche, ma efficaci parole: "I'm back" ("Sono tornato").[166] Come ulteriore segno di cambiamento, Michael scelse di usare al posto del numero 23 sulla canotta il 45, numero che aveva quando giocava a baseball da piccolo, e suo reale numero preferito.[165] Ritornò in seguito a usare il numero 23, inizialmente non utilizzato anche perché ritirato dalla squadra di Chicago.[165]

Tornato sotto la guida di coach Jackson, evidenziò delle difficoltà sia a livello fisico sia a livello tecnico a causa del lungo stop a cui si era volontariamente sottoposto.[167] Nonostante tutto continuò a mostrare sprazzi del suo talento, ad esempio, nel match giocato contro i New York Knicks al Madison Square Garden in cui mise a referto 55 punti.[168] Lo stesso Jordan ammise in seguito che, benché avesse mantenuto un'ottima preparazione fisica grazie all'avventura nel baseball professionistico, la pallacanestro richiedeva un diverso regime di allenamento.[168] Al raggiungimento dei play-off la sua media realizzativa era di 26,9 punti in 17 partite disputate, ma venne eliminata ai playoffs da Orlando e, proprio in una gara di playoffs contro i Magic, Jordan commise alcuni errori decisivi, tra cui una palla persa durante l'ultimo minuto di gioco a cui seguì la sconfitta;[168] il giocatore dei Magic Nick Anderson, in un'intervista, parlò del numero 45 dei Bulls come di un giocatore forte, ma non quanto il 23. Stuzzicato dal rivale e dal coach Phil Jackson, Jordan dalla partita successiva in poi tornò a indossare la canotta numero 23 pagando una multa per ogni partita di playoffs giocata con quel numero visto il divieto della Lega di cambiare la numerazione della propria canotta a stagione in corso.[169]

Dopo essere tornato in forma,[170] la stagione 1995-1996 vide Jordan di nuovo protagonista con la conseguente prestazione della squadra: la squadra fece segnare un record assoluto nella NBA: riuscirono nell'impresa di superare la soglia delle 70 vittorie nella regular season, vincendo ben 72 partite su 82, record poi superato solo dai Golden State Warriors nella stagione 2015-2016.[171] Con una line-up composta da Jordan, Ron Harper, Scottie Pippen, Dennis Rodman e Luc Longley,[172] nonché probabilmente la miglior panchina della Lega, soprattutto grazie a Steve Kerr e Toni Kukoč,[172] i Bulls migliorarono nettamente rispetto alla stagione precedente, passando da un record di 47-35 a 72-10.[173] Jordan vinse il suo ottavo titolo di marcatore e Rodman il suo quinto consecutivo da rimbalzista, mentre Kerr guidò la Lega nel tiro da tre punti. Jordan ottenne la cosiddetta Triple Crown, la prestigiosa impresa dei tre premi come MVP: infatti, in questa stessa stagione Michael fu MVP dell'All Star Gamedella stagione regolare e delle finali,[1] vinte contro i Seattle SuperSonics. Il manager Jerry Krause fu il "dirigente dell'anno", Jackson vinse il suo primo premio come allenatore dell'anno e Kukoč fu il sesto uomo dell'anno. Sia Pippen che Jordan furono parte dell'All-NBA First Team e gli stessi due, insieme a Dennis Rodman, fecero parte anche dell'All-Defensive First Team. La squadra trionfò contro Gary PaytonShawn Kemp e i loro Seattle SuperSonics vincendo il quarto titolo in 6 gare.[174]

Jordan durante un timeout con il suo allenatore Phil Jackson nel 1997

La stagione 1996-1997 fu ancora una stagione-record: i Bulls ottennero un record di vittorie-sconfitte di 69-13.[175] Nel corso dell'All-Star Game Jordan scrisse nuovamente la storia: con 14 punti, 11 assist e 11 rimbalzi fu il primo giocatore a realizzare una tripla doppia nella manifestazione.[176] Ancora una volta i playoffs videro i Bulls protagonisti, e nelle finali arrivò il quinto titolo dopo la vittoria contro gli Utah Jazz di Karl Malone e John Stockton. In gara-5 Jordan giocò il famoso flu game in cui segnò 38 punti (compresa la tripla decisiva a 25 secondi dalla fine) nonostante il giorno prima fosse stato vittima di un'intossicazione alimentare causata da una pizza.[177][178]

Jordan guidò la squadra durante la stagione 1997-1998, nella quale vinse il suo ultimo premio di MVP della regular season.[12] Dopo una regular season non all'altezza delle due precedenti, i Chicago Bulls ritrovarono lo smalto nei playoffs e raggiunsero nuovamente le finali, dove incontrarono gli Utah Jazz per il secondo anno consecutivo dopo avere vinto agevolmente la finale di Conference con un secco 4-0 contro i Los Angeles Lakers di Shaquille O'Neal e Kobe Bryant. Arrivò il sesto titolo per Jordan, suggellato da una palla rubata dalle mani di Karl Malone e dal canestro proprio di Jordan a 5,2 secondi dalla fine della sesta gara delle finali, giocata a Salt Lake City, entrato di diritto nella storia della pallacanestro: fu il secondo three-peat per Michael e i Chicago Bulls.[179] Il suo tiro è rimasto noto nell'immaginario collettivo come The Shot (esattamente come quello contro Cleveland), fissando il punteggio sull'87-86 finale.[180]

Il 14 gennaio 1999, al termine del lockout che posticipò l'inizio della stagione 1998-1999 in gennaio, annunciò per la seconda volta il ritiro.[181][182][183] Si dedicò al suo secondo sport preferito, il golf, e alla gestione dei Washington Wizards.[184] In merito a un suo eventuale ritorno sui campi da basket, affermò che tale eventualità non fosse da escludere totalmente, sebbene le probabilità fossero molto basse («sono ritirato al 99,9%»).[152][183][185]

Il secondo ritorno con i Washington Wizards

Jordan nel 2006

Il 25 settembre 2001 Jordan decise di tornare in campo, e da proprietario dei Washington Wizards tornò a essere giocatore.[186] Notevole fu l'interesse mediatico che si produsse intorno al suo ritorno, e i Wizards diventarono in breve una delle squadre più seguite dell'NBA.[186]

Durante le due stagioni nella nuova squadra, Jordan percepì un compenso di un milione di dollari, devoluto interamente in beneficenza alle famiglie delle vittime degli attentati dell'11 settembre 2001.[187][188] Nonostante l'età ormai avanzata e un infortunio che lo tenne fuori per parte della stagione 2001-2002, partecipò al suo 14º All-Star Game, a Filadelfia.[186] Terminò la sua prima stagione come Wizard con una media di 22,9 punti a partita.[3]

Nella stagione 2002-2003 ottenne una media di 20 punti a partita[3] e partecipò ancora una volta (l'ultima) all'All-Star Game, ad Atlanta, dove l'intera manifestazione venne organizzata per essere un tributo a Jordan.[189] Le divise della partita delle stelle furono fatte a copia delle divise dell'All-Star Game del 1988 di Chicago, nel quale Jordan fu eletto per la prima volta MVP, e nell'intervallo il tributo al giocatore, si realizzò sulle note di Hero, cantate da Mariah Carey, vestita per l'occasione con un abito che rappresentava insieme la canotta nº 23 dei Washington Wizards e quella dei Chicago Bulls.[189] Ripresa la partita, a circa tre secondi dalla fine, riuscì a segnare un tiro in fade-away che sembrerebbe regalare la competizione alla squadra dell'Est; tuttavia, un fallo su Kobe Bryant effettuato da Jermaine O'Neal all'ultimo secondo riuscì a ribaltare la situazione e tutto si concluse in una vittoria di 155 a 145 per l'Ovest, dopo un doppio overtime.[189][190]

Nel corso della stagione 2001-2002, Jordan diventò il giocatore più anziano (38 anni) dell'NBA a segnare più di 40 punti in una partita, mettendone a segno 51 contro gli Charlotte Hornets il 29 dicembre 2001.[186][191] e 45 contro i New Jersey Nets il 31 dicembre 2001[192] Nonostante i suoi sforzi, però, Jordan non riuscì a coinvolgere fino in fondo i compagni e a formare un gruppo valido né nella stagione 2001-02 né in quella seguente, non riuscendo a portare i Washington Wizards ai play-off. Questo a dispetto della presenza di numerosi giovani di talento come Richard Hamilton (scambiato per Jerry Stackhouse a inizio stagione 2002-03) il quale farà poi fortuna con i Detroit Pistons[193] o come Larry Hughes finito poi fuori rotazione.

Il 21 febbraio 2003 realizzò 43 punti contro i New Jersey Nets, divenendo l'unico giocatore con più di 40 anni ad aver realizzato più di 40 punti in un incontro NBA.[194] Verso la fine della stagione 2002-03 Jordan venne addirittura isolato da alcuni compagni i quali cominciarono a trovare opprimenti i suoi metodi di allenamento e gestione della squadra.[195] Queste stesse motivazioni furono alla base del suo licenziamento in qualità di presidente da parte del proprietario Abe Pollin.[196] Le ultime partite di Jordan in giro per le arene della NBA diventarono momenti per i fan avversari di dare un ultimo saluto al cestista, prima passando dalla sua Chicago, per l'ultima partita nel "suo" United Center,[197][198] per arrivare a Filadelfia, da Allen Iverson, alla 82ª partita di stagione regolare, che fu la sua ultima ed ebbe luogo l'ultimo tiro della sua carriera: un tiro libero che gli fece raggiungere quota 20 punti di media in stagione.[199]

Uscendo dalla partita a poco più di un minuto dal termine, si prese una standing ovation da parte di tutti i presenti, ciò costrinse una sospensione temporanea della partita, mentre dal pubblico avversario si alzò il coro "We Want Mike!".[200] Fu l'ultima apparizione su un parquet di Michael Jordan che, visibilmente emozionato, dopo aver salutato i giocatori avversari e gli amici presenti, si avviò verso gli spogliatoi.[199]

Al termine della stagione 2002-2003, si ritirò per la terza e ultima volta. Jordan concluse la sua carriera NBA con una media punti per partita di 30,12 nella stagione regolare, la più alta in tutta la storia dell'NBA,[3] superiore di pochi centesimi alla media punti di Wilt Chamberlain (30,06); è quinto come numero di punti segnati in carriera.[201]

Dopo il ritiro

Jordan nel 2007 durante una partita di golf, uno dei suoi hobby preferiti

Il 1º febbraio 2004 fondò il Michael Jordan Motorsports, un team impegnato nelle corse motociclistiche del campionato American Motorcyclist Association (AMA). Finora la squadra ha sempre gareggiato con motociclette giapponesi, con una certa predilezione per le Suzuki GSX-R.[202] L'attività venne sospesa dal 31 ottobre 2013, per valutare la possibilità di gareggiare in MotoGP.[203]

Nell'ottobre 2004, Giorgio Armani contattò Jordan tentando di convincerlo di giocare per l'Olimpia Milano, sponsorizzata dal 2004 proprio dal celebre stilista, ottenendo una risposta negativa.[204]

Nel 2006 venne nominato general manager degli Charlotte Bobcats (poi diventati Charlotte Hornets), squadra della Carolina del Nord e quattro anni più tardi ne diventò l'unico proprietario,[205] prima di cedere le quote di maggioranza nel 2023, rimanendo comunque socio di minoranza.[206]

Numeri di maglia

La canotta numero 23 della North Carolina autografata da Jordan

Michael Jordan ha indossato cinque diversi numeri di canotta nella sua intera carriera: lo storico 23, il 45 al ritorno dal suo primo ritiro, il 9 con la nazionale degli Stati Uniti alle Olimpiadi del 1984 e del 1992 e ai Campionati americani del 1992, il 5 sempre con la nazionale ai Giochi panamericani di Caracas 1983,[207] e il 12, indossato il 14 febbraio 1990, come canotta di emergenza, poiché in una gara contro gli Orlando Magic, a Orlando, un tifoso si intrufolò negli spogliatoi e rubò la canotta di Jordan.[208] Questa era del compagno di squadra Sam Vincent, ed essendo una canotta da allenamento era priva di cognome stampato sul retro; Jordan segnò 49 punti nella sconfitta contro i Magic.[208]

La canotta numero 23 di Jordan è stata ritirata dai Chicago Bulls e dai Miami Heat, anche se Michael non ha mai giocato per quest'ultima.[209] Fu desiderio del coach degli Heat, Pat Riley, fare un tributo a Jordan nella sua ultima gara a Miami nella stagione 2002-2003, innalzando al soffitto un banner raffigurante per una metà la canotta dei Bulls e per l'altra quella dei Wizards.[209]

Jordan indossò il numero 23 poiché, quando era giovane, ammirava molto il fratello maggiore Larry, che giocava alla Laney High School (oltre che nel campetto di casa con lui),[53] e indossava il 45,[53] e aspirava a essere forte la metà di quanto lo fosse lui.[210] Il 23 è la metà del 45 arrotondata per eccesso ed è anche per questo che Jordan ha indossato tale numero.[210]

Merchandising

Lo stesso argomento in dettaglio: Michael Jordan nella cultura di massa.

Oltre che per le sue qualità cestistiche, Michael Jordan ha guadagnato notorietà fuori dal campo per via delle sue apparizioni cinematografiche (su tutte quella in Space Jam) e per il brand Air Jordan.

Statistiche

Lo stesso argomento in dettaglio: Statistiche e record di Michael Jordan.
Legenda
  PG Partite giocate   PT  Partite da titolare  MP  Minuti a partita
 TC%  Percentuale tiri dal campo a segno  3P%  Percentuale tiri da tre punti a segno  TL%  Percentuale tiri liberi a segno
 RP  Rimbalzi a partita  AP  Assist a partita  PRP  Palle rubate a partita
 SP  Stoppate a partita  PP  Punti a partita  Grassetto  Career high
Denota le stagioni in cui Jordan ha vinto il titolo
* Primo nella lega
* Record

NCAA

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1981-1982 N. Carol. Tar Heels 34 34 31,7 53,4 72,2 4,4 1,8 1,2 0,2 13,5
1982-1983 N. Carol. Tar Heels 36 36 30,9 53,5 44,7 73,7 5,5 1,6 2,2 0,8 20,0
1983-1984 N. Carol. Tar Heels 31 31 29,5 55,1 77,9 5,3 2,1 1,6 1,1 19,6
Carriera 101 101 30,8 54,0 44,7 74,8 5,0 1,8 1,7 0,7 17,7

NBA

Regular season

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1984-1985 Chicago Bulls 82 82 38,3 51,5 17,3 84,5 6,5 5,9 2,4 0,8 28,2
1985-1986 Chicago Bulls 18 7 25,1 45,7 16,7 84,0 3,6 2,9 2,1 1,2 22,7
1986-1987 Chicago Bulls 82 82 40,0 48,2 18,2 85,7 5,2 4,6 2,9 1,5 37,1*
1987-1988 Chicago Bulls 82 82 40,4* 53,5 13,2 84,1 5,5 5,9 3,2* 1,6 35,0*
1988-1989 Chicago Bulls 81 81 40,2* 53,8 27,6 85,0 8,0 8,0 2,9 0,8 32,5*
1989-1990 Chicago Bulls 82 82 39,0 52,6 37,6 84,8 6,9 6,3 2,8* 0,7 33,6*
1990-1991 Chicago Bulls 82 82 37,0 53,9 31,2 85,1 6,0 5,5 2,7 1,0 31,5*
1991-1992 Chicago Bulls 80 80 38,8 51,9 27,0 83,2 6,4 6,1 2,3 0,9 30,1*
1992-1993 Chicago Bulls 78 78 39,3 49,5 35,2 83,7 6,7 5,5 2,8* 0,8 32,6*
1994-1995 Chicago Bulls 17 17 39,3 41,1 50,0 80,1 6,9 5,3 1,8 0,8 26,9
1995-1996 Chicago Bulls 82 82 37,7 49,5 42,7 83,4 6,6 4,3 2,2 0,5 30,4*
1996-1997 Chicago Bulls 82 82 37,9 48,6 37,4 83,3 5,9 4,3 1,7 0,5 29,6*
1997-1998 Chicago Bulls 82 82 38,8 46,5 23,8 78,4 5,8 3,5 1,7 0,5 28,7*
2001-2002 Wash. Wizards 60 53 34,9 41,6 18,9 79,0 5,7 5,2 1,4 0,4 22,9
2002-2003 Wash. Wizards 82 67 37,0 44,5 29,1 82,1 6,1 3,8 1,5 0,5 20,0
Carriera 1072 1039 38,3 49,7 32,7 83,5 6,2 5,3 2,3 0,8 30,1*
All-Star 13 13 29,4 47,2 27,3 75,0 4,7 4,2 2,8 0,5 20,2

Playoffs

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1985 Chicago Bulls 4 4 42,8* 43,6 12,5 82,8 5,8 8,5 2,8* 1,0 29,3
1986 Chicago Bulls 3 3 45,0 50,5 100,0 87,2 6,3 5,7 2,3 1,3 43,7*
1987 Chicago Bulls 3 3 42,7 41,7 40,0 89,7 7,0 6,0 2,0 2,3 35,7*
1988 Chicago Bulls 10 10 42,7 53,1 33,3 86,9 7,1 4,7 2,4 1,1 36,3
1989 Chicago Bulls 17 17 42,2 51,0 28,6 79,9 7,0 7,6 2,5 0,8 34,8*
1990 Chicago Bulls 16 16 42,1 51,4 32,0 83,6 7,2 6,8 2,8* 0,9 36,7*
1991 Chicago Bulls 17 17 40,5 52,4 38,5 84,5 6,4 8,4 2,4 1,4 31,1*
1992 Chicago Bulls 22 22 41,8 49,9 38,6 85,7 6,2 5,8 2,0 0,7 34,5*
1993 Chicago Bulls 19 19 41,2 47,5 38,9 80,5 6,7 6,0 2,1 0,9 35,1*
1995 Chicago Bulls 10 10 42,0 48,4 36,7 81,0 6,5 4,5 2,3 1,4 31,5
1996 Chicago Bulls 18 18 40,7 45,9 40,3 81,8 4,9 4,1 1,8 0,3 30,7*
1997 Chicago Bulls 19 19 42,3 45,6 19,4 83,1 7,9 4,8 1,6 0,9 31,1*
1998 Chicago Bulls 21 21 41,5 46,2 30,2 81,2 5,1 3,5 1,5 0,6 32,4*
Carriera 179 179 41,8 48,7 33,2 82,8 6,4 5,7 2,1 0,8 33,4*

Palmarès

Un lato del basamento della statua di Jordan fuori dallo United Center con tutti i riconoscimenti ottenuti

Squadra

NBA

Chicago Bulls199119921993199619971998

Nazionale

Los Angeles 1984Barcellona 1992
Caracas 1983
Portland 1992

NCAA

North Carolina Tar Heels1982

Individuale

Memorabilia di Jordan in mostra al Chicago History Museum

NBA

19881991199219961998
199119921993199619971998
1988
1985
1987198819891990199119921993199619971998
198819901993
19851986198719881989199019911992199319961997199820022003
198819961998
19871988
First Team: 1987198819891990199119921993199619971998
Second Team: 1985
First Team: 198819891990199119921993199619971998
First Team: 1985

Nazionale

1983, 1984

NCAA

1983-1984
1983-1984
1983-1984
1983-1984
1983-1984
1982-1983, 1983-1984
1983-1984
1983-1984
1982-1983, 1983-1984
1984
1983-1984
1981-1982

High school[

1981
  • Parade All-American First Team: 1
1981

Altri riconoscimenti

dal 2009 come giocatore; dal 2010 come membro del "Dream Team"
dal 2015 come giocatore; dal 2017 come membro del "Dream Team"

Onorificenze

Shaquille O'Neal

Shaquille O'Neal
Shaquille O'Neal con l'uniforme dei Phoenix Suns 2009
     
Nazionalità Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Altezza 216 cm
Peso 147 kg
Pallacanestro 
Ruolo Centro
Termine carriera 2011
Hall of fame Naismith Hall of Fame (2016)
FIBA Hall of Fame (2017)
Carriera
Giovanili
1989-1992 LSU Tigers
Squadre di club
1992-1996 Orlando Magic 295 (8.019)
1996-2004 L.A. Lakers 514 (13.895)
2004-2008 Miami Heat 205 (4.010)
2008-2009 Phoenix Suns 103 (1.695)
2009-2010 Cleveland Cavaliers 53 (636)
2010-2011 Boston Celtics 37 (341)
Nazionale
1994-1996 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti 16
Palmarès
 
 Olimpiadi
Oro Atlanta 1996
 Mondiali
Oro Canada 1994

Shaquille Rashaun O'Neal (Newark6 marzo 1972) è un ex cestistaattorerapper e opinionista sportivo statunitense.

Chiamato Shaq ma noto con molti altri soprannomi (Big Diesel, Big Aristotle, Last Center Left, Most Dominant Ever...)[1], ha giocato per diciannove anni in NBA vincendo tre titoli consecutivi con i Los Angeles Lakers (risultando in tutte e tre le occasioni MVP delle finali) e uno con i Miami Heat (il primo nella storia della franchigia).

Ricordato come uno dei giocatori più dominanti sul piano fisico, con il Team USA ha vinto il mondiale nel 1994 in Canada e il titolo olimpico ad Atlanta 1996; è inoltre l'ottavo marcatore NBA di tutti i tempi e nella stagione 1999-2000 è stato eletto MVP della stagione. Prima scelta assoluta al Draft NBA 1992, nella medesima stagione è stato nominato "Rookie dell'anno".

Dopo il ritiro nel 2011 i Lakers hanno reso nota l'intenzione di ritirare il n. 34, indossato nella sua permanenza in California[2], e la cerimonia è avvenuta il 2 aprile 2013[3][4]; analogamente il 22 dicembre 2016 gli Heat hanno ritirato la sua maglia n. 32[5].

Il 4 aprile 2016 è stato inserito nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame insieme a Yao Ming e Allen Iverson[6] e dal 2017 fa parte anche della FIBA Hall of Fame[7].

Biografia

O'Neal è nato il 6 marzo 1972 a Newark, nel New Jersey, da Lucille O'Neal e Joe Toney, giocatore di basket al liceo. Toney ha lottato contro la tossicodipendenza ed è stato arrestato ed imprigionato per possesso di droga quando O'Neal era un bambino. Dopo il suo rilascio, non ha più avuto un posto nella vita di O'Neal ed ha rinunciato ai suoi diritti genitoriali che sono passati al patrigno giamaicano di O'Neal, Phillip Arthur Harrison, un sergente dell'esercito di carriera. All'età di 13 anni O'Neal era già alto 1,98 m. A causa della carriera militare del suo patrigno, la famiglia lasciò Newark, trasferendosi nelle basi militari in Germania e Texas.

Caratteristiche tecniche

Alto 216 cm per 147 kg, dotato di un piede numero 58 (23 in misura anglosassone),[8] viene considerato uno dei giocatori più dominanti della storia NBA.[9][10] Dotato di forte personalità,[11] la sua imponente struttura fisica, supportata da una possente muscolatura, gli permetteva di combinare potenza ed esplosività insieme alla capacità di giocare spalle a canestro risultando davvero difficile da contenere, la sua schiacciata era talmente potente che in alcune occasioni ha compromesso la stabilità dell'impianto del canestro.[11][12]

Aveva nel tiro libero il suo più evidente punto debole: la sua percentuale realizzativa in questa voce statistica è inferiore al 53%, con un record negativo NBA di 0/11 stabilito nella sfida interna contro i Seattle SuperSonics dell'8 dicembre 2000.[13] Vista l'elevata probabilità di errore, le squadre avversarie adottavano spesso una tattica, nota come Hack-a-Shaq, che consisteva nel mandare O'Neal in lunetta nei momenti decisivi della partita, sperando che sbagliasse.[14] La sua difficoltà nel tiro libero è dovuta a una frattura del polso che ha subito quando era piccolo.[15]

A fine dicembre del 2008 O'Neal ha raggiunto il poco ambito traguardo dei 5000 tiri sbagliati dalla lunetta, che fino ad allora era stato appannaggio del solo Wilt Chamberlain.[16]

Carriera

High SchoolO'Neal frequentò la Robert G. Cole High School a San AntonioTexas, con la quale giocò dal 1987 al 1989. Con lui in campo, la squadra ebbe un record complessivo di 68 partite vinte ed una sola sconfitta. Nel suo ultimo anno, Shaq fece registrare 32 punti, 22 rimbalzi e 8 stoppate di media, conducendo i Cougars al titolo dello Stato. Il 7 marzo 2014, in occasione del 25º anniversario di quel trionfo, la sua maglia n. 33 è stata ritirata.[17]

College

Finita la high school, si iscrisse alla Louisiana State University per studiare business. Iniziò a mettersi in luce giocando nei LSU Tigers e vestendo il numero 33. Sotto la guida di coach Dale Brown, militò ad LSU fino al 1992, chiudendo la sua carriera universitaria dopo tre anni con più di 20 punti e di 10 rimbalzi di media a partita e ricevendo, nel 1991, il premio come miglior giocatore della NCAA. Proprio nel 1992 decise di fare il salto tra i professionisti, dichiarandosi eleggibile per il Draft NBA.

NBA

Orlando Magic

Venne scelto con la prima chiamata assoluta al Draft NBA 1992 dagli Orlando Magic. Si impose subito nel panorama NBA per le doti atletiche già messe in mostra al college. Nei suoi primi anni NBA, schiacciando, fece addirittura collassare il canestro per ben due volte, una volta contro i New Jersey Nets e una contro i Phoenix Suns. In un'intervista Shaq dichiarò che nella partita contro i Nets cercò volontariamente di rompere il canestro per "farla pagare" a Derrick Coleman, che gli aveva schiacciato in faccia nel precedente incontro tra le due squadre.[18]

Nella stagione 1994-95 gli Orlando Magic raggiunsero la prima finale NBA della loro storia, guidati in campo da O'Neal (media di 29,4 punti a gara) e Penny Hardaway. In finale vennero però sconfitti dagli Houston Rockets capitanati da un altro celebre centro, Hakeem Olajuwon. L'anno dopo i Magic riprovarono a raggiungere l'atto conclusivo: nella finale della Eastern Conference, tuttavia, incontrarono i Chicago Bulls del rientrante Michael Jordan e vennero eliminati in sole 4 partite.

L'estate 1996 è quella dell'addio a Orlando. O'Neal richiedeva alla sua squadra un prolungamento del contratto e delle cifre simili a quelle percepite da Alonzo Mourning, 112 milioni di dollari per 7 anni. I Magic offrirono oltre 117 milioni, mentre intanto i Los Angeles Lakers gliene promisero 6 in più: l'elevato ingaggio (122 milioni in 7 anni) e il richiamo di Los Angeles (O'Neal aveva sempre sognato di giocare in quella che era stata la squadra del suo idolo Magic Johnson, e inoltre non aveva mai nascosto le sue aspirazioni nel campo dello spettacolo) gli guadagnarono il trasferimento ai giallo-viola.[19]

Los Angeles Lakers

Shaquille O'Neal esegue un tiro libero con i Los Angeles Lakers

Nell'estate del 1996 O'Neal passò dunque ai Los Angeles Lakers come svincolato. La squadra, pur essendo una delle più quotate in Western Conference, e pur disputando ottime regular season, per tre anni si fermò prima dell'approdo in finale.

Con l'esplosione della giovane guardia Kobe Bryant e l'arrivo di Phil Jackson (già vincitore di sei titoli con i Chicago Bulls) come coach nel 1999, la squadra fece finalmente il salto di qualità. Per tre anni consecutivi i Lakers vinsero così il titolo NBA (20002001 e 2002); in queste tre occasioni O'Neal venne anche votato come miglior giocatore delle finali (unico giocatore nella storia della NBA a riuscirci insieme a Michael Jordan), vincendo anche il titolo di miglior giocatore della regular season nella stagione 1999-2000.

In seguito alla sconfitta subita nella finale NBA del 2004 da parte dei Detroit Pistons, però, O'Neal decise di lasciare Los Angeles, dopo otto stagioni e tre titoli NBA vinti. Si separò così anche da Kobe Bryant, l'altra stella della squadra, con cui aveva avuto diverse divergenze.[20]

Il 14 luglio 2004 venne ufficializzato il trasferimento di O'Neal ai Miami Heat: ai Lakers andarono in cambio Caron ButlerLamar Odom e Brian Grant, più la possibile scelta per un draft futuro.

Uno degli episodi più curiosi dell'avventura di O'Neal in maglia gialloviola si verifica il giorno del suo compleanno nel 2000: prima del derby contro i Los Angeles Clippers, i responsabili del palazzetto gli fecero pagare 6000$ per i biglietti destinati ai familiari: Shaq si vendicò segnando ai rivali ben 61 punti e conquistando 23 rimbalzi.

Miami Heat

O'Neal in un prepartita con gli Heat

Così, nell'estate 2004, O'Neal arrivò alla corte di Pat Riley, in Florida, ai Miami Heat, ai quali subito promise che nella sua permanenza agli Heat avrebbe portato alla franchigia almeno un titolo NBA.

Nel 2005 Miami, grazie a O'Neal e alla stella emergente di Dwyane Wade, arrivò ad un passo dalla finale e dall'impresa, dovendosi arrendere ai Detroit Pistons nelle finali della Eastern Conference, complice anche un infortunio allo stesso Wade.

Ma nel 2006 la promessa di O'Neal venne mantenuta. I Miami Heat batterono i Detroit Pistons, aggiudicandosi il titolo della Eastern Conference, e quindi il primo viaggio alle NBA Finals. In una serie lunga sei gare sconfissero i Dallas Mavericks, aggiudicandosi il titolo di campioni NBA per la prima volta nella loro storia. Fu quello il quarto titolo NBA della carriera del centro di Newark.

Nel 2007, invece, complice la tormentata stagione di Wade e dello stesso O'Neal dal punto di vista degli infortuni, gli Heat vennero eliminati nel primo turno dei play-off dai Chicago Bulls, con un perentorio 4 a 0 nella serie; playoff che del resto avevano conquistato solo con un buon finale di stagione raggiungendo il quarto posto della Eastern Conference.

Phoenix Suns

O'Neal con Steve Nash

Il 6 febbraio 2008 il cestista viene scambiato dagli Heat ai Phoenix Suns, in cambio di Shawn Marion e Marcus Banks.[21] Acquistato con lo scopo di aiutare soprattutto in difesa e a rimbalzo,[22] O'Neal ha contribuito al raggiungimento delle 55 vittorie in stagione; al primo turno dei playoff Phoenix è stata però battuta nettamente dai San Antonio Spurs, perdendo la serie per 4 a 1. Intanto gli Heat, senza O'Neal, hanno chiuso la regular season come peggior squadra della lega, con sole 15 vittorie e ben 67 sconfitte all'attivo.

Sempre nella stagione 2007-2008, per la prima volta da quando è in NBA, O'Neal non è stato selezionato per l'All-Star Game 2008, dopo ben 14 selezioni consecutive (ha però saltato l'appuntamento in tre occasioni per infortunio); ma tornato nel successivo All-Star Game 2009, vince il premio come MVP dell'All Star Game a pari merito con Kobe Bryant.

Il 12 novembre 2008, con una schiacciata durante una partita contro gli Houston Rockets, O'Neal supera i 26 395 punti in carriera segnati da John Havlicek, entrando così nella lista dei 10 migliori realizzatori nella storia della NBA.

Il 30 dicembre 2008, ancora con una schiacciata nell'ultimo quarto della partita contro i Memphis Grizzlies, supera Oscar Robertson e con 26 715 punti diventa l'ottavo miglior realizzatore di sempre nella NBA.

O'Neal esegue una schiacciata

Il 29 gennaio 2009, nel secondo quarto della partita contro i San Antonio Spurs, tocca quota 26.947 punti (anche questa volta gli ultimi due arrivano in schiacciata) e diventa il settimo miglior marcatore NBA di sempre, superando un altro grandissimo centro, Hakeem Olajuwon.

Il 21 marzo 2009, grazie ai 13 punti messi a referto nella vittoria contro i Washington Wizards, Shaq si porta a quota 27 411 punti diventando il quinto marcatore della storia NBA, superando un altro suo illustre pari-ruolo, Moses Malone. Anche stavolta gli ultimi due punti sono arrivati in schiacciata. Il 6 febbraio 2012 scende al sesto posto tra i più grandi marcatori NBA, venendo superato da Kobe Bryant.[23]

Cleveland Cavaliers

Il 25 giugno 2009 O'Neal passa ai Cleveland Cavaliers in cambio di Aleksandar PavlovićBen Wallace, una scelta nel 2º giro del Draft NBA 2009 e $500 000.[24] Per la nuova avventura con la squadra dell'Ohio decide di tornare ad indossare il numero 33, usato ai tempi di LSU.[25]

Il 19 gennaio 2010, grazie ai 16 punti realizzati contro i Toronto Raptors, supera il prestigioso traguardo dei 28 000 punti. All'epoca, divenne il 5º giocatore a riuscirci dopo Kareem Abdul-JabbarKarl MaloneMichael Jordan e Wilt Chamberlain.

Il 25 febbraio 2010 si procura una frattura ad un dito della mano che rende necessario un intervento chirurgico. Secondo i medici con tutta probabilità non potrà tornare in campo prima dei play-off. Shaq riesce a recuperare a poche gare dal termine della regular season, ma non viene schierato per precauzione; fa il suo ritorno in campo in gara-1 del primo turno dei playoff contro i Chicago Bulls. Contro i Bulls chiudono la serie in 5 partite, ma vengono eliminati dai Boston Celtics nelle semifinali di Conference.

Boston Celtics

O’Neal con la casacca dei Boston Celtics nel 2010

Il 4 agosto 2010 Shaq firma un contratto biennale con i Boston Celtics[26] dando comunque un buon contributo alla squadra al minimo salariale (1.4 milioni di dollari annui).[27] Vedendo i suoi abituali numeri di maglia non disponibili, opta per la casacca numero 36.

Il 1º giugno 2011 annuncia tramite Twitter il suo ritiro. Numerosi sono stati i tributi offerti alla sua carriera trasmessi sul mega schermo dei Miami Heat durante le finali NBA.

Dopo il ritiro

Nel settembre 2013 acquista una quota azionaria minoritaria dei Sacramento Kings, divenendo uno dei comproprietari della franchigia NBA.[28]

Carriera televisiva e Shaqtin'a Fool

Shaquille con Albert Pujols

Dal 2011 Shaquille O'Neal è uno dei conduttori, insieme al presentatore Ernie Johnson, all'opinionista ed ex giocatore Kenny Smith e all'ex stella NBA Charles Barkley, della celebre trasmissione di approfondimento sportivo Inside the NBA, in onda nel postgara su TNT.

All'interno del programma, oltre a partecipare come opinionista ai vari dibattiti, Shaq conduce la rubrica Shaqtin'a Fool, che grazie alla diffusione tramite Internet è diventata in breve tempo nota in tutto il mondo e anche in Italia. In questo spazio, O'Neal sceglie e commenta le cinque giocate più comiche delle partite NBA della settimana. Una delle "vittime" più frequenti è il centro dei Suns JaVale McGee (introdotto da Shaq che urla il suo nome), il quale è peraltro intervenuto più volte in trasmissione per dire bonariamente la sua.

Wrestling

Da sempre grande appassionato di wrestling,[29][30] è apparso il 3 aprile 2016 a WrestleMania 32 all'André the Giant Memorial Battle Royal dov'è stato eliminato dallo sforzo combinato di tutti gli altri atleti. In precedenza, quando non si era ancora ritirato dal basket, aveva fatto da general manager nella puntata di Raw del 27 luglio 2009.[31]

In vista di WrestleMania 33 si è ventilata la possibilità, poi non concretizzatasi, di un suo match contro Big Show.[32]

Nel dicembre 2020 ha iniziato una collaborazione con la federazione All Elite Wrestling, prendendo inizialmente parte a un episodio di AEW Dynamite e poi esordendo nel ring di Jacksonville a fianco di Jade Cargill (che ne aveva già anticipato l'arrivo in compagnia nei mesi precedenti) nella puntata del 3 marzo 2021, dove la coppia ha sconfitto Cody Rhodes e Red Velvet.[30][33][34]

Vita privata

Si è sposato con Shaunie Nelson il 26 dicembre 2002 e insieme hanno avuto quattro figli: Shareef, Amirah, Shaqir e Me'arah. Sia O'Neal che la moglie hanno anche avuto un figlio da precedenti relazioni. Il 4 settembre 2007 la coppia ha presentato istanza di divorzio, ma si è successivamente riconciliata. Il 10 novembre 2009, però, Shaunie ha nuovamente firmato le carte per il divorzio, citando "differenze inconciliabili". Nel 2015 il figlio Shareef è stato inserito tra i giocatori più promettenti nel panorama cestistico giovanile con un "gioco totalmente opposto allo stile del padre" a causa della sua costruzione più atletica e del miglior raggio di tiro.[35]

Nel 1994 è uscito un videogame ispirato alla sua figura, intitolato Shaq Fu e pubblicato da Electronic Arts per varie piattaforme dell'epoca. Il 1º gennaio 2010 viene accusato dalla modella Vanessa Lopez di molestie sessuali.[36] Nell'estate del 2010 O'Neal ha iniziato a frequentare la star televisiva Nicole "Hoopz" Alexander.[37] La coppia risiedeva nella casa di O'Neal a Sudbury, Massachusetts,[38] ma i due si sono lasciati nel 2012.[39]

Come ha annunciato lui stesso durante uno show televisivo[40], O'Neal è stato iniziato alla massoneria, iscritto al pié di lista della loggia "Widow's Son" n. 28 di Boston, Massachusetts[41][42].

Statistiche

Legenda
  PG Partite giocate   PT  Partite da titolare  MP  Minuti a partita
 TC%  Percentuale tiri dal campo a segno  3P%  Percentuale tiri da tre punti a segno  TL%  Percentuale tiri liberi a segno
 RP  Rimbalzi a partita  AP  Assist a partita  PRP  Palle rubate a partita
 SP  Stoppate a partita  PP  Punti a partita  Grassetto  Career high
Denota le stagioni in cui ha vinto il titolo
* Primo nella lega

NCAA

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1989-1990 LSU Tigers 32 - 28,2 57,3 - 55,6 12,0 1,9 1,2 3,6 13,9
1990-1991 LSU Tigers 28 - 31,5 62,8 - 63,8 14,7 1,6 1,5 5,0 27,6
1991-1992 LSU Tigers 30 - 24,1 61,5 - 52,8 14,0 1,5 1,0 5,2 24,1
Carriera 90 - 30,5 61,0 - 57,5 13,5 1,7 1,2 4,6 21,6

NBA

Regular season

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1992-1993 Orlando Magic 81 81 37,9 56,2 0,0 59,2 13,9 1,9 0,7 3,5 23,4
1993-1994 Orlando Magic 81 81 39,8 59,9* 0,0 55,4 13,2 2,4 0,9 2,9 29,3
1994-1995 Orlando Magic 79 79 37,0 58,3 0,0 53,3 11,4 2,7 0,9 2,4 29,3*
1995-1996 Orlando Magic 54 52 36,0 57,3 50,0 48,7 11,0 2,9 0,6 2,1 26,6
1996-1997 L.A. Lakers 51 51 38,1 55,7 0,0 48,4 12,5 3,1 0,9 2,9 26,2
1997-1998 L.A. Lakers 60 57 36,3 58,4* - 52,7 11,4 2,4 0,7 2,4 28,3
1998-1999 L.A. Lakers 49 49 34,8 57,6* 0,0 54,0 10,7 2,3 0,7 1,7 26,3
1999-2000 L.A. Lakers 79 79 40,0 57,4* 0,0 52,4 13,6 3,8 0,5 3,0 29,7*
2000-2001 L.A. Lakers 74 74 39,5 57,2* 0,0 51,3 12,7 3,7 0,6 2,8 28,7
2001-2002 L.A. Lakers 67 66 36,1 57,9* 0,0 55,5 10,7 3,0 0,6 2,0 27,2
2002-2003 L.A. Lakers 67 66 37,8 57,4 - 62,2 11,1 3,1 0,6 2,4 27,5
2003-2004 L.A. Lakers 67 67 36,8 58,4* - 49,0 11,5 2,9 0,5 2,5 21,5
2004-2005 Miami Heat 73 73 34,1 60,1* - 46,1 10,4 2,7 0,5 2,3 22,9
2005-2006 Miami Heat 59 58 30,6 60,0* - 46,9 9,2 1,9 0,4 1,8 20,0
2006-2007 Miami Heat 40 39 28,4 59,1 - 42,2 7,4 2,0 0,2 1,4 17,3
2007-2008 Miami Heat 33 33 28,6 58,1 - 49,4 7,8 1,4 0,6 1,6 14,2
Phoenix Suns 28 28 28,7 61,1 - 51,3 10,6 1,7 0,5 1,2 12,9
2008-2009 Phoenix Suns 75 75 30,0 60,9* 0,0 59,5 8,4 1,7 0,7 1,4 17,8
2009-2010 Cleveland Cavaliers 53 53 23,4 56,6 0,0 49,6 6,7 1,5 0,3 1,2 12,0
2010-2011 Boston Celtics 37 36 20,3 66.7 - 55,7 4,8 0,7 0,4 1,1 9,2
Carriera 1207 1197 34,7 58,2 4,5 52,7 10,9 2,5 0,6 2,3 23,7
All-Star 12 9 22,8 55,1 0,0 45,2 8,1 1,4 1,1 1,6 16,8

Play-off

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1994 Orlando Magic 3 3 42,0 51,1 - 47,1 13,3 2,3 0,7 3,0 20,7
1995 Orlando Magic 21 21 38,3 57,7 - 57,1 11,9 3,3 0,9 1,9 25,7
1996 Orlando Magic 12 12 38,3 60,6 - 39,3 10,0 4,6 0,8 1,3 25,8
1997 L.A. Lakers 9 9 36,2 51,4 - 61,0 10,6 3,2 0,6 1,9 26,9
1998 L.A. Lakers 13 13 38,5 61,2 - 50,3 10,2 2,9 0,5 2,6 30,5
1999 L.A. Lakers 8 8 39,4 51,0 - 46,6 11,6 2,3 0,9 2,9* 26,6
2000 L.A. Lakers 23 23 43,5 56,6 - 45,6 15,4* 3,1 0,6 2,4 30,7*
2001 L.A. Lakers 16 16 42,3 55,5 - 52,5 15,4* 3,2 0,4 2,4 30,4
2002 L.A. Lakers 19 19 40,8 52,9 - 64,9 12,6 2,8 0,5 2,5 28,5
2003 L.A. Lakers 12 12 40,1 53,5 - 62,1 14,8 3,7 0,6 2,8 27,0
2004 L.A. Lakers 22 22 41,7 59,3* - 42,9 13,2 2,5 0,3 2,8* 21,5
2005 Miami Heat 13 13 33,2 55,8 - 47,2 7,8 1,9 0,4 1,5 19,4
2006 Miami Heat 23 23 33,0 61,2 - 37,4 9,8 1,7 0,5 1,5 18,4
2007 Miami Heat 4 4 30,3 55,9 - 33,3 8,5 1,3 0,3 1,5 18,8
2008 Phoenix Suns 5 5 30,0 44,0 - 50,0 9,2 1,0 1,0 2,6 15,2
2010 Cleveland Cavaliers 11 11 22,1 51,6 - 66,0 5,5 1,4 0,2 1,2 11,5
2011 Boston Celtics 2 0 6,0 50,0 - 0,0 0,0 0,5 0,5 0,0 1,0
Carriera 216 214 37,5 56,3 - 50,4 11,6 2,7 0,5 2,1 24,3

Massimi in carriera

Palmarès

Squadra

Shaquille O'Neal con gli Heat insieme a Dwyane Wade e al presidente George W. Bush alla Casa Bianca, per la vittoria del titolo NBA 2006

NBA

Los Angeles Lakers: 200020012002
Miami Heat: 2006

Nazionale

O'Neal all'NBA All Star Game
Stati Uniti1994
Stati Uniti1996

Individuale

2000
200020012002
1993
1989
  • NCAA AP Player of the Year: 1
1991
  • NCAA AP All-America Fist Team: 2
1991, 1992
First Team: 19982000200120022003200420052006
Second Team: 19951999
Third Team: 1994199619972009
Second Team : 200020012003
2000 (a pari merito con Tim Duncan), 20042009 (a pari merito con Kobe Bryant)
  • Convocazioni all'NBA All-Star Game: 15 (tra parentesi le edizioni saltate per infortunio)
1993199419951996, (1997), 19982000, (2001), (2002), 200320042005200620072009
1994

Record

Il 19 gennaio 2010 grazie ad un layup nella partita contro i Toronto Raptors, O'Neal ha raggiunto quota 28 000 punti segnati nella NBA. È il quinto giocatore nella storia della lega a raggiungere tale record dopo Kareem Abdul-JabbarKarl MaloneMichael Jordan e Wilt Chamberlain, record che dopo di lui viene raggiunto anche da Kobe Bryant,Carmelo AnthonyLeBron James e Dirk Nowitzki.

Carriera di cantante

Shaquille O'Neal
 
Nazionalità Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Genere Hip hop
Periodo di attività musicale 1993 – in attività
Etichetta Jive Records
Trauma Records
T.W.Is.M. Records
Fireworks Distribution
Album pubblicati 6
Studio 5
Raccolte 1
Sito ufficiale

Dal 1993 O'Neal ha intrapreso, parallelamente a quella di cestista, anche la carriera di rapper. Finora ha pubblicato cinque album in studio e una compilation. Alcuni brani di questi album sono frutto della collaborazione con artisti di fama internazionale come Notorious B.I.G.Jay-ZDr. DreSnoop Dogg e Ludacris.

O'Neal ha inoltre inciso delle tracce per le colonne sonore dei film Kazaam e Steel, ai quali ha partecipato anche in qualità di attore protagonista.

Nel 1995 compare nel brano 2Bad di Michael Jackson, presente nell'album HIStory: Past, Present and Future - Book I, in un intermezzo rap[44]mentre nel 1998, registra il brano "We Be Ballin" insieme ad Ice Cube e Michael Jackson. Il brano doveva inizialmente essere incluso in una compilation NBA, poi non pubblicata.

Album

Album studio

Raccolte

Singoli

Carriera da DJ

O'Neal negli ultimi tempi[quando?] si è anche dilettato come disc jockey, usando lo pseudonimo di DJ Diesel, nome derivante da uno dei suoi molteplici soprannomi. Ha raggiunto una discreta fama e ha partecipato a eventi negli Stati Uniti e in Europa, tra cui Tomorrowland.[senza fonte]

Tim Duncan

Tim Duncan
Duncan con gli Spurs nel 2011
     
Nazionalità Bandiera delle Isole Vergini Americane Isole Vergini Americane
Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Altezza 211 cm
Peso 113 kg
Pallacanestro 
Ruolo Allenatore (ex ala grande / centro)
Termine carriera 1º luglio 2016 - giocatore
Hall of fame Naismith Hall of Fame (2020)
Carriera
Giovanili
  St. Dunstan's Ep. High School
1993-1997 W.F. Dem. Deacons
Squadre di club
1997-2016 San Antonio Spurs 1 392 (26 496)
Nazionale
1994-2004 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti 34 (497)[1]
Carriera da allenatore
2019-2020 San Antonio Spurs (vice)
Palmarès
Trofeo Vittorie
 Campionato NBA: 5 19992003200520072014
 
 Olimpiadi
Bronzo Atene 2004
 Campionati americani
Oro Porto Rico 1999
Oro Porto Rico 2003
 Universiadi
Oro Fukuoka 1995
 Goodwill Games
Bronzo San Pietroburgo 1994
Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.
Statistiche aggiornate al 30 giugno 2020

Timothy "Tim" Theodore Duncan (Christiansted25 aprile 1976) è un ex cestista e allenatore di pallacanestro americo-verginiano con cittadinanza statunitense.

Considerato uno dei migliori giocatori della storia[2][3][4][5], ha militato per tutta la sua carriera in NBA nei San Antonio Spurs, dai quali è stato selezionato come prima scelta assoluta al Draft NBA 1997 dopo aver terminato il college e di cui è stato anche capitano.

Vincitore di cinque titoli NBA, spiccano tra i riconoscimenti individuali due titoli come MVP della stagione regolare, tre come MVP delle finali e l'inserimento nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame nel 2020[6]. È stato inoltre eletto da Sports Illustrated miglior giocatore del decennio 2000-2010[7].

Assieme a John Salley è l'unico giocatore riuscito nell'impresa di vincere il titolo NBA in tre decenni diversi.

Biografia

È stato sposato dal 2001 al 2013 con Amy,[8] con la quale ha avuto una figlia di nome Sydney, nata nel 2005, e un figlio di nome Draven, nato nel 2007.[9] Successivamente si è fidanzato con Vanessa Macias, da cui ha avuto una figlia nel 2017 che lui ha chiamato Quill in onore del personaggio Marvel Star-Lord.[10] Possiede inoltre una laurea in psicologia ottenuta nei suoi anni a Wake Forest.[11]

La sua fondazione, la Tim Duncan Fondation, è impegnata in svariati campi, dall'educazione e lo sport dei giovani, alla ricerca nel campo della salute, specie nella lotta contro il cancro al seno.[12]

Caratteristiche tecniche

Tim Duncan giocava come ala grande, ma era in grado di ricoprire anche il ruolo di centro, in particolare nella seconda parte della carriera. Giocatore dal rendimento costante, capace di mantenere una doppia doppia di media in carriera in punti e rimbalzi,[13] era dotato di un repertorio completo, che gli consentiva di dare un notevole contributo alla propria squadra su entrambi i lati del campo.[14][15][16] Possedeva un vasto arsenale offensivo, che comprendeva un buon tiro dalla media distanza e una grande abilità in post basso; estremamente peculiare e unica nel gioco era la sua abilità di tiro nel saper sfruttare il tabellone per segnare canestro.[17] Tenuto conto del ruolo, era anche un buon passatore, come testimoniano i 3 assist di media in carriera.[18] Inoltre, grazie alla capacità di eseguire giocate fondamentali per la vittoria nei secondi finali delle partite, ha ottenuto la reputazione di clutch player,[19] spesso confermata anche nei play-off, nei quali tendeva a migliorare le proprie cifre in tutte le voci statistiche. Non era particolarmente abile nei tiri liberi, nei quali ha sempre avuto percentuali realizzative altalenanti; la sua media in carriera sfiora, comunque, un discreto 70%.[13]

Il suo stile di gioco era molto più improntato all'efficacia che alla spettacolarità, tanto da guadagnarsi il soprannome di The Big FundamentalSports Illustrated, dopo la vittoria del suo primo titolo NBA, lo definì «un calmo, noioso e dominante MVP»:[20] a conferma di ciò, la sua popolarità tra gli appassionati dell'NBA non è mai stata paragonabile a quella di altre superstar della sua generazione.[21] In compenso, Duncan ha goduto di notevole apprezzamento tra i critici della pallacanestro e i colleghi: tra gli altri, Kareem Abdul-Jabbar,[22] Bill Russell[18] e Shaquille O'Neal[23] ne hanno più volte tessuto le lodi.

Carriera

Gli inizi nel nuoto e i primi tiri a canestro

Fratello minore di due ottime nuotatrici (la sorella Tricia, in particolare, partecipò alle Olimpiadi di Seul), venne presto avviato al nuoto sotto la supervisione della madre, ed a 14 anni era considerato uno degli atleti più promettenti a livello nazionale sulla distanza dei 400 metri stile libero.[24]

Nel 1989 era già parte della squadra destinata a partecipare alle Olimpiadi di Barcellona 1992, ma la sua vita venne sconvolta da una tragedia: la madre, alla quale Duncan era molto legato,[25] si ammalò di cancro al seno.[24] Poi, in autunno, l'isola di Saint Croix fu vittima del passaggio dell'uragano Hugo che la devastò completamente, rendendo impraticabile la piscina.[24] Gli allenamenti a quel punto vennero programmati nell'Oceano Atlantico, e l'insuperabile fobia per gli squali spinse Duncan ad abbandonare la selezione olimpica.[24] Sua madre morì nella primavera del 1990: da quel momento Duncan non nuotò più a livello agonistico.[24][26]

Si avvicinò alla pallacanestro grazie alla sorella Cheryl: fu lei a spedire a casa Duncan un canestro per permettere al fratello di svagarsi.[24] Quando Cheryl ritornò a vivere a Saint Croix col marito Ricky Lowery, ex playmaker titolare per la Capital University di Columbus, Ohio, quest'ultimo instillò la passione per il gioco nel giovane Duncan, oltre ai primi rudimenti di tecnica di palleggio, tiro dal perimetro, penetrazione ed uso del tabellone, nonché la capacità di riconoscere le opportunità di passaggio.[24] In seguito, Duncan scelse di indossare lo stesso numero di maglia che Lowery aveva al college, il 21, mantenendolo per tutta la carriera.[25]

NCAA

Iscrittosi alla Wake Forest University, ad inizio stagione NCAA del 1994-95 molti parlarono di Duncan come probabile top pick al Draft NBA nel caso si fosse reso eleggibile,[24] ma Duncan decise di continuare la sua esperienza al college rifiutando quindi di entrare subito nella lega maggiore. Al termine di un'ottima annata raggiunse la convocazione All-ACC First Team, venne nominato miglior difensore dell'anno e conseguì medie di 16,8 punti e 12,5 rimbalzi.[24] Tra le sue prestazioni c'è da segnalarne una contro Florida State dove ha messo a referto una doppia doppia da 26 punti e 20 rimbalzi.[27]

Nel campionato NCAA 1995-96 guidò la propria squadra alle Sweet 16, ma non riuscì a portarla più avanti complice un'influenza. Venne nominato ancora una volta miglior difensore dell'anno e segnò una media di 19,8 punti. A fine stagione ancora molte voci lo videro protagonista per il Draft NBA, ma ancora una volta lui decise di rimanere al college.[24]

Duncan fu un All-American e nel 1997, annata nella quale vinse all'unanimità il John R. Wooden Award, mantenendo una media di 20,8 punti e 14,7 rimbalzi a partita,[11] e vinse per la terza volta consecutiva il premio come miglior difensore dell'anno.[11]

A differenza di molti altri giocatori NBA di quel periodo, Duncan decise di rimanere al college per tutti i 4 anni, durante i quali vinse tre volte il titolo di migliore difensore e fu due volte miglior giocatore dell'ACC.[28] Nel 1996 fu primo per punti, rimbalzi, percentuale al tiro e stoppate nella sua conference, e fu il primo nella storia dell'NCAA a superare i 1 500 punti, 1 000 rimbalzi, 400 stoppate e 200 assist.[28]

NBA

Draft ed esordio (1997-1998)

Al Draft NBA del 1997 venne selezionato dai San Antonio Spurs, che ottennero la prima scelta assoluta nonostante i Vancouver Grizzlies e i Boston Celtics (reduci rispettivamente da 14 e 15 vittorie nella stagione precedente, contro le 20 degli Spurs) avessero maggiori probabilità.[29]

Nel suo primo anno in NBA Duncan si mise subito in mostra: vinse il premio come matricola dell'anno nella stagione 1997-98 ottenendo 113 preferenze su 116,[30] e avendo ricevuto il titolo di rookie del mese in ogni mese della stagione.[9] Tra l'altro entrò nell'All-NBA First Team, ultimo rookie a riuscirci prima di lui fu Larry Bird nel 1980.[31] Il suo impatto si notò sin da subito, oltre che nelle prestazioni, anche nella leadership in campo.[32]

Il primo titolo (1998-1999)

Nella stagione seguente i San Antonio Spurs misero insieme una squadra in grado di puntare in alto, contando soprattutto sui due lunghi Duncan e David Robinson, mirando a interrompere il dominio dei Chicago Bulls, da quell'anno privi di Michael Jordan ritiratosi dopo la vittoria alle Finals del '98 contro gli Utah Jazz.[33] Nella sua seconda stagione Duncan tenne delle ottime medie punti (15,2 in novembre, 19,3 dicembre, 19,5 gennaio),[11] andando già oltre i 20 da febbraio in poi (25,7 febbraio, 23,8 marzo, 25,9 aprile)[11] arrivando ad avere 21,7 punti di media finali.[11] Nei playoff, insieme a Robinson, condusse i San Antonio Spurs al loro primo titolo NBA sconfiggendo i New York Knicks per 4-1, aggiudicandosi anche il premio di MVP delle finali e diventando il primo giocatore nella storia NBA a vincere il premio nella sua stagione da sophomore.[11] Anche nei playoffs, le sue prestazioni, nonostante un solo anno di carriera da professionista alle spalle, sono di livello alto: segna con ottime percentuali (51,1%) e in abbondanza, e cattura numerosi rimbalzi. In 17 partite di playoff riuscì a realizzare 10 doppie doppie. Di particolare rilevanza furono le partite contro i Knicks:[9] 27 punti, 14 rimbalzi, 2,2 stoppate in 45,8 minuti di media a gara.[31] Già in questa prima serie di playoffs si evidenzia la sua capacità di migliorare le proprie prestazioni quando cresce l'importanza delle partite.[31][34] A fine anno venne incluso sia nell'All-NBA First che per l'All-Defensive First Team.[9][31]

Anni di transizione (1999-2002)

Dopo il primo titolo, gli Spurs ebbero una fase di stallo: l'anno post-titolo Duncan continuò con le buone prestazioni tenendo di media 23,2 punti in stagione,[13] ma saltò interamente i playoff per un infortunio al ginocchio.[32] In stagione vinse il titolo di MVP dell'All-Star Game insieme a Shaquille O'Neal.[35]

Nell'estate 2000 Duncan andò vicino a lasciare San Antonio: sarebbe potuto essere acquistato dagli Orlando Magic,[32][36] ma la cosa non si concretizzò per via di alcune incomprensioni con Doc Rivers, all'epoca allenatore dei Magic ed ex dirigente dei neroargento.[36]

In stagione tenne di media 22,2 punti,[13] ma nei playoffs gli Spurs si fermarono contro i Los Angeles Lakers di Kobe e Shaq in semifinale di conference.[32] L'anno successivo la storia si ripeté, con Duncan che tenne addirittura 25,2 punti di media in RS (massimo in carriera),[13] ma ancora una volta si fermarono in semifinale di conference con i gialloviola.[32]

Consacrazione assoluta e dinastia texana (2002-2007)

Duncan e gli Spurs alla Casa Bianca

Nell'annata 2002-03 venne nominato MVP della stagione,[31] nella quale guidò per la seconda volta San Antonio al titolo NBA. Per giungere al secondo anello, gli Spurs ebbero la meglio sui New Jersey Nets di Jason Kidd per 4-2.[31] Duncan offrì prestazioni di assoluta eccellenza: in gara 6 registrò un clamoroso referto che recitava 21 punti, 20 rimbalzi, 10 assist e 8 stoppate (record delle finali eguagliato), sfiorando una storica "quadrupla doppia".[34] Al termine delle finali le sue medie contarono 24,2 punti, 17,0 rimbalzi, 5,3 assist e 5,3 stoppate (record), che gli valsero un altro titolo di MVP delle finali.[31]

L'anno seguente Duncan e compagni non riuscirono a ripetersi, fermati nel loro cammino dai rivali dei Los Angeles Lakers del duo O'Neal-Bryant. I losangelini eliminano San Antonio per 4-2 (ma verranno a loro volta fermati in finale dai Detroit Pistons guidati da coach Larry Brown).[37] La serie tra texani e californiani rimarrà comunque nella storia per l'epilogo di gara-5: con i Lakers avanti di un punto, Duncan riportò i suoi avanti 73-72, ma con 0,4 secondi da giocare Derek Fisher mandò a bersaglio l'ultimo tiro, fissando il punteggio finale sul 74-73 per Los Angeles.[37] La dirigenza dei San Antonio Spurs sostenne poi nella conferenza stampa post-gara che il cronometro degli arbitri era partito in ritardo, ma non espose alcun reclamo alla Lega, accettando la decisione presa dagli arbitri alla moviola.[38][39]

Duncan in attacco contro Ben Wallace.

Nella stagione 2004-05 Duncan non fu al meglio, tormentato per tutta la regular season dalla fascite plantare.[40] Riuscì comunque, grazie anche al continuo miglioramento dei suoi compagni (in particolare di Emanuel Ginóbili), a condurre la squadra alla finale contro i campioni in carica di Detroit. I Pistons erano anch'essi una squadra molto solida e difensiva, e diedero vita a una delle finali più combattute di sempre, che si concluse in gara 7 con la vittoria di San Antonio per 81-74 e la conquista del terzo titolo.[31] Nonostante le difficoltà fisiche, Duncan viaggiò ad una media di quasi 21 punti e 14 rimbalzi, e si aggiudica per la terza volta il premio di miglior giocatore delle finali battendo per 6 voti a 4 Ginóbili.[31] Il voto tenne conto delle normali gerarchie che ci sono all'interno delle squadre NBA, penalizzando però di fatto l'argentino, che secondo molti critici sportivi avrebbe meritato almeno l'ex aequo, se non di più.[41][42] Tra l'altro, parlando di gara-5 della serie, nonostante avesse segnato 26 punti e raccolto 19 rimbalzi, la definì "un incubo assoluto".[11]

Nel 2005-06 il caraibico continuò a soffrire di fascite plantare, che ne limitò i movimenti.[40] Gli Spurs non andarono al di là delle semifinali di conference, eliminati dai Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki, loro principali rivali nella Western Conference per la conquista del titolo.[43] La serie si concluse solo al supplementare della decisiva gara-7, durante il quale il senegalese DeSagana Diop si rivelò decisivo grazie ad un'ottima difesa su Duncan (in particolare durante l'overtime),[43] che comunque siglò una doppia doppia da 41 punti e 15 rimbalzi.[34]

Duncan al tiro libero

Nel 2006-07 Duncan finalmente archiviò i problemi con la fascite plantare[44] e i texani furono protagonisti nella post-season. Nonostante una partenza stentata nella regular season, gli Spurs ritrovarono solidità e affiatamento giungendo nuovamente in finale a combattere per il titolo, non senza aver superato grandi difficoltà nel corso dei playoffs. In semifinale di conference affrontarono infatti gli ostici Phoenix Suns guidati in panchina da Mike D'Antoni e in campo dal playmaker canadese Steve Nash, vincitore degli ultimi due titoli di MVP della regular season, in quella che si rivelerà poi la serie più difficile di tutti i playoff, di fatto una finale anticipata. San Antonio soffrì molto la squadra dell'Arizona e in particolare Duncan fu limitato da una marcatura molto fisica ed efficace da Kurt Thomas, non riuscendo ad esprimersi al meglio in un primo momento; tuttavia nella seconda parte della serie alzò il livello del suo gioco, tanto da ottenere medie di 26,8 punti, 13,7 rimbalzi, 4,2 stoppate.[31] La serie fu dura, equilibrata e combattuta, ma alla fine gli Spurs riuscirono a prevalere in 6 gare. In finale poi ebbero facile gioco dei Cleveland Cavaliers della stella nascente LeBron James, vincendo con un netto 4-0.[40] Per la prima volta, nonostante i suoi 22,2 punti, 11,5 rimbalzi, 3,3 assist e un grande apporto difensivo, Duncan non vinse il titolo di miglior giocatore delle finali, che venne assegnato da Tony Parker, il quale siglò nella serie 24,5 punti di media, tirando con un eccellente 57%. A fine anno entrò per la decima volta nell'All-NBA Defensive Team.[31]

Prosieguo dell'era Spurs (2007-2012)

Duncan, 2009

Nella National Basketball Association 2007-2008 Duncan continuò ad offrire ottime prestazioni:[9] condusse gli Spurs alle finali della Western Conference, mantenendo medie molto buone: 19,1 punti, 11,3 rimbalzi, 2,8 assist, 1,95 stoppate.[9] Realizzò 15 doppie-doppie e 4 triple doppie in stagione regolare, mentre durante i playoffs disputò un'ottima prestazione contro i Phoenix Suns in gara 1.[31] Questa partita, quasi vinta dai Suns a due secondi dalla fine in vantaggio di tre, venne risollevata grazie a un'inusuale tripla di Duncan sulla sirena, che fissò il risultato sul 104-104 alla fine del primo tempo supplementare.[31] La partita venne risolta poi nel secondo supplementare; Duncan chiuse con 40 punti, 15 rimbalzi, 5 assist e 3 stoppate.[31][45] Nelle finali di conference contro i Los Angeles Lakers Duncan fece del suo meglio (30 punti e 18 rimbalzi in Gara 1, 22 punti e 21 rimbalzi in Gara 3, 19 punti, 15 rimbalzi e 10 assist in Gara 5), ma non riuscì a evitare l'eliminazione degli Spurs.[45]

Duncan in azione contro Andrew Bynum

Nell'annata 2008-09 gli Spurs vinsero la Southwest Division con un record 52-28. Duncan fu il 24º miglior marcatore della lega (19,1 punti), il 4º miglior rimbalzista (10,7 a partita), l'11º migliore nelle stoppate (1,68), consegnando anche un buon numero di assist (3,5 a partita). Durante questa stagione soffre di tendinite ad un ginocchio a febbraio, ed è costretto a saltare alcune partite. Ai playoffs, San Antonio non andò oltre il primo turno contro i Dallas Mavericks, a cui bastarono 5 partite per avere la meglio. Le cifre mostrarono un sensibile calo di utilizzo di Duncan da parte di Coach Gregg Popovich: circa 7 minuti di media in meno a partita rispetto alla stagione regolare, segno di un non completo recupero dai travagli fisici. Nonostante questo, Duncan segnò quasi 20 punti a partita nelle sole 5 gare di playoff disputate.

Durante la stagione 2009-2010, il 12 dicembre, in occasione della partita contro i Blazers, Duncan raggiunse quota 1 000 partite in NBA, tutte con la maglia degli Spurs. Il 22 gennaio 2010 raggiunse quota 20 000 punti nel campionato NBA contro gli Houston Rockets, chiudendo la partita con 25 punti, 14 rimbalzi e 2 assist, cifre notevoli ma non sufficienti per evitare la sconfitta: a prevalere furono i Rockets col punteggio di 116-109.[46] Dopo una stagione da 17,9 punti e 10,1 rimbalzi,[47] gli speroni si fermarono al secondo turno dove subirono uno sweep dai Phoenix Suns,[48] nonostante lui avesse tenuto di media 20,3 punti e 10,5 rimbalzi nella serie.[49] Nel corso della serie Duncan patì molto il pick & roll delle 2 stelle dei Suns Steve Nash e Amar'e Stoudemire, i quali sfruttarono il divario fisico-atletico su Duncan.[11]

Nella stagione successiva le cose andarono meglio per gli Spurs che terminarono primi a ovest, seppur Duncan avesse raggiunto il career low (all'epoca) in punti e rimbalzi,[11] ponendo così fine a una striscia di 13 anni consecutivi in doppia doppia di media con 13,4 punti e 8,9 rimbalzi[11][13]. Nei playoffs gli Spurs vennero sorprendentemente eliminati al primo turno in 6 gare dai Memphis Grizzlies arrivati ottavi in RS.[50] Anche questa volta patì i P&R avversari di Mike Conley supportato da Zach Randolph e Marc Gasol.[11]

Nella stagione 2011-2012 vide abbassarsi il suo minutaggio per partita, a causa dell'età e per dare spazio ai numerosi giocatori in panchina, ma nonostante ciò riuscì a tenere il livello del suo gioco molto alto. Il 15 gennaio 2012 raggiunse i 21 829 punti segnati in carriera, durante la partita disputata contro i Phoenix Suns, mettendo a referto uno score di 24 punti e 11 rimbalzi nella vittoria per 102-91. Con questo risultato, Duncan superò nella classifica marcatori all time Gary Payton (fermo a 21 813 punti), collocandosi al 26º posto generale.[51] Due settimane prima superò Larry Bird per punti segnati in carriera (27º a 21.791 punti).[52] Approdò nuovamente ai playoffs vincendo la Southwest Division con un record di 50-16, secondo solo ai Chicago Bulls come record complessivo. Le sue medie furono 15,4 punti e 9,0 rimbalzi a partita.[13] I playoffs iniziarono nel migliore dei modi dato che gli Spurs superarono con facilità i primi due turni battendo gli Utah Jazz e i Los Angeles Clippers, ma, una volta arrivati in finale di Conference, affrontarono i giovani Oklahoma City Thunder trascinati dall'emergente Kevin Durant; gli Spurs iniziarono bene la serie andando avanti 2-0 e raggiungendo una striscia di 20 vittorie consecutive,[53] ma ad Oklahoma City la serie girò totalmente e si concluse 4-2 a favore di OKC nonostante una gara-6 del caraibico da 25 punti e 14 rimbalzi.[54] Contro gli stessi Thunder, Il 31 maggio 2012, mise a referto la 477ª stoppata in carriera nei playoffs con cui superò Kareem Abdul-Jabbar diventando il miglior stoppatore nella storia dei playoffs.[55]

Duncan all'All-Star Game

Le due finali contro Miami e il quinto titolo (2012-2014)

La stagione 2012-2013 segnò per Duncan un ritorno ai suoi migliori livelli, conclusa con il raggiungimento con i San Antonio Spurs delle 50 vittorie stagionali per il quattordicesimo anno consecutivo. A febbraio prese parte all'All Star Game, a New Orleans,[56] mentre a fine stagione venne inserito nell'All-NBA Team. Arrivò alle Finals dove i suoi Spurs, in vantaggio 3-2 nella serie, vennero sconfitti 4-3 dai Miami Heat: nella decisiva gara 6, un canestro allo scadere di Ray Allen con Miami sotto di 3 punti, regalò il pareggio alla propria squadra. Sconfitti al supplementare di gara-6, gli Spurs vennero poi battuti fuori casa in gara 7 per 95-88. Duncan chiuse con 24 punti e 12 rimbalzi ma, ad un minuto dalla fine, sbagliò per due volte il tap-in del pareggio, ben marcato da Shane Battier.[57]

Nel 2014 gli Spurs dominano la Regular Season con un record di 62-20 e nei playoffs eliminarono Dallas MavericksPortland Trail Blazers e Oklahoma City Thunder ritrovandosi in finale ancora contro i Miami Heat di LeBron JamesDwyane Wade e Chris Bosh.[31] Il risultato stavolta fu un netto 4-1 per San Antonio e Duncan (doppia doppia di media) fu campione NBA per la quinta volta, dopo avere tenuto di media nelle finali una doppia doppia da 15,4 punti e 10 rimbalzi.[58] Inoltre, nello stesso giorno, diventò il recordman per minuti giocati (oltre 8 860) e numero di doppie-doppie (158) in carriera nei playoffs, superando rispettivamente Kareem Abdul-Jabbar e Magic Johnson.[59] Nello stesso momento, il trio Duncan-Ginóbili-Parker diventò il più vincente nella storia dei playoff NBA.[60] Dopo la vittoria delle Finals in 5 partite, Duncan diventò l'unico giocatore, insieme a John Salley, a vincere l'anello in tre decenni differenti.[61]

Le ultime stagioni (2014-2016)

Il 23 giugno 2014 Duncan esercitò la sua player option da 10,3 milioni di dollari per la stagione 2014-15.[62] Il 14 novembre 2014 Duncan superò i 25 000 punti segnati nel primo tempo della vittoria per 93-80 contro il Los Angeles Lakers, diventando il 19º giocatore nella storia NBA a raggiungere tale traguardo.[63] Il 2 dicembre 2014 Duncan diventa il secondo giocatore più anziano nella storia NBA a mettere a referto una tripla doppia (dietro Karl Malone), finendo con 21 punti e 20 rimbalzi e 10 assist (sfiorando la quadrupla, avendo totalizzato anche 8 stoppate) contro i Memphis Grizzlies.[64][65] Il 19 febbraio 2015 superò Alex English piazzandosi al 16º posto nella classifica marcatori all-time con 30 punti contro i Los Angeles Clippers. Due giorni dopo, mise a referto 3 stoppate contro i Denver Nuggets, superò Patrick Ewing nella classifica all-time. Il 4 marzo 2015 catturando 6 rimbalzi contro i Sacramento Kings, superò Nate Thurmond, piazzandosi 9º nella classifica all-time dei rimbalzi.[66] L'8 marzo 2015, dopo 18 anni di carriera e 1 544 partite giocate, chiuse per la prima volta senza canestri dal campo nella vittoria per 116-105 contro i Bulls.[67][68][69]

Il 3 novembre 2015 ottenne il successo numero 954 con i San Antonio Spurs a seguito di un 94-84 contro i New York Knicks: diventò così il giocatore ad avere vinto più partite con la stessa squadra superando il record di John Stockton fermo a 953.[70]

Il 2 gennaio 2016, durante la sfida che vide opposti i suoi Spurs agli Houston Rockets, terminò per la prima volta in carriera una partita senza segnare neanche un punto.[71] Il 5 aprile 2016 Tim Duncan ottenne il successo numero 1 000 in carriera, tutti con la maglia degli Spurs, migliorando ulteriormente il record di vittorie di un giocatore con una sola maglia; fu il terzo atleta professionista a superare la quota 1 000 dopo Kareem Abdul-Jabbar e Robert Parish.[72] A fine stagione per la prima volta in carriera non andò in doppia cifra nella media punti (8,6 la media).[47] Nei play-off, dopo avere eliminato i Memphis Grizzlies, gli Spurs uscirono a gara-6 contro OKC, con Duncan che patì il divario atletico contro degli avversari ben più giovani.[44][73]

Nonostante avesse firmato la player option il 29 giugno,[74] l'11 luglio annunciò il ritiro dopo 19 stagioni passate con i San Antonio Spurs.[75]

Il 18 dicembre 2016 i San Antonio Spurs ritirarono il numero 21 in suo onore.[76]

Nazionale

Nel 1994 giocò le sue prime partite in nazionale partecipando ai Goodwill Games di San Pietroburgo, in cui disputò 3 delle 5 partite della squadra che vinse la medaglia bronzo.[77]

Nel 1999 partecipò ai campionati americani, vincendo la medaglia d'oro tenendo di media 12,7 punti in 10 partite.[78]

Figurò nella lista iniziale dei convocati della selezione che avrebbe poi vinto l'oro alle Olimpiadi di Sydney 2000, ma un infortunio gli precluse la possibilità di partecipare ai Giochi e fu sostituito da Antonio McDyess.[32]

Partecipò anche ai campionati americani 2003 vincendo nuovamente l'oro.[79]

Fece parte per l'ultima volta della Nazionale di pallacanestro degli Stati Uniti alle fallimentari Olimpiadi di Atene 2004 in cui la selezione statunitense conquistò la medaglia di bronzo.[31]

Allenatore

Il 22 luglio 2019 ritorna agli Spurs come assistente di Gregg Popovich, iniziando così la carriera di allenatore.[80] Il 12 novembre 2020 si dimette dall'incarico.[81]

Statistiche

Tim Duncan in azione contro i Lakers
Legenda
  PG Partite giocate   PT  Partite da titolare  MP  Minuti a partita
 TC%  Percentuale tiri dal campo a segno  3P%  Percentuale tiri da tre punti a segno  TL%  Percentuale tiri liberi a segno
 RP  Rimbalzi a partita  AP  Assist a partita  PRP  Palle rubate a partita
 SP  Stoppate a partita  PP  Punti a partita  Grassetto  Career high
Denota le stagioni in cui ha vinto il titolo
* Primo nella lega
* Record

NCAA

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1993-1994 W.F. Dem. Deacons 33 - 30,2 54,5 100,0 74,5 9,6 0,9 0,4 3,8 9,8
1994-1995 W.F. Dem. Deacons 32 - 36,5 59,1 42,9 74,2 12,5 2,1 0,4 4,2 16,8
1995-1996 W.F. Dem. Deacons 32 - 37,2 55,5 30,4 68,7 12,3 2,9 0,7 3,8 19,1
1996-1997 W.F. Dem. Deacons 31 - 36,7 60,8 27,3 63,6 14,7 3,2 0,7 3,3 20,8
Carriera 128 - 35,1 57,7 32,1 68,9 12,3 2,3 0,5 3,8 16,5

NBA

Regular season

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1997-1998 San Antonio Spurs 82 82 39,1 54,9 0,0 66,2 11,9 2,7 0,7 2,5 21,1
1998-1999 San Antonio Spurs 50 50 39,3 49,5 14,3 69,0 11,4 2,4 0,9 2,5 21,7
1999-2000 San Antonio Spurs 74 74 38,9 49,0 9,1 76,1 12,4 3,2 0,9 2,2 23,2
2000–2001 San Antonio Spurs 82 82 38,7 49,9 25,9 61,8 12,2 3,0 0,8 2,3 22,2
2001–2002 San Antonio Spurs 82 82 40,6 50,8 10,0 79,9 12,7 3,7 0,7 2,5 25,5
2002–2003 San Antonio Spurs 81 81 39,3 51,3 27,3 71,0 12,9 3,9 0,7 2,9 23,3
2003–2004 San Antonio Spurs 69 68 36,6 50,1 16,7 59,9 12,4 3,1 0,9 2,7 22,3
2004–2005 San Antonio Spurs 66 66 33,4 49,6 33,3 67,0 11,1 2,7 0,7 2,6 20,3
2005–2006 San Antonio Spurs 80 80 34,8 48,4 40,0 62,9 11,0 3,2 0,9 2,0 18,6
2006–2007 San Antonio Spurs 80 80 34,1 54,6 11,1 63,7 10,6 3,4 0,8 2,4 20,0
2007–2008 San Antonio Spurs 78 78 34,0 49,7 0,0 73,0 11,3 2,8 0,7 2,0 19,3
2008–2009 San Antonio Spurs 75 75 33,7 50,4 0,0 69,2 10,7 3,5 0,5 1,7 19,3
2009–2010 San Antonio Spurs 78 77 31,3 51,8 18,2 72,5 10,1 3,2 0,6 1,5 17,9
2010–2011 San Antonio Spurs 76 76 28,4 50,0 0,0 71,6 8,9 2,7 0,7 1,9 13,4
2011-2012 San Antonio Spurs 58 58 28,2 49,2 0,0 69,5 9,0 2,3 0,7 1,5 15,4
2012-2013 San Antonio Spurs 69 69 30,1 50,2 28,7 81,7 9,9 2,7 0,7 2,6 17,8
2013-2014 San Antonio Spurs 74 74 29,2 49,0 0,0 73,1 9,7 3,0 0,6 1,9 15,1
2014-2015 San Antonio Spurs 77 77 28,9 51,2 28,6 74,0 9,1 3,0 0,8 2,0 13,9
2015-2016 San Antonio Spurs 61 60 25,2 48,8 0,0 70,2 7,3 2,7 0,8 1,3 8,6
Carriera 1392 1389 34,0 50,6 17,9 69,6 10,8 3,0 0,7 2,2 19,0
All-Star 15 12 20,7 54,8 25,0 76,5 9,1 2,1 0,9 0,5 9,3

Play-off

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1998 San Antonio Spurs 9 9 41,6 52,1 0,0 66,7 9,0 1,9 0,6 2,6 20,7
1999 San Antonio Spurs 17 17 43,1 51,1 0,0 74,8 11,5 2,8 0,8 2,6 23,2
2001 San Antonio Spurs 13 13 40,5 48,8 100 63,9 14,5 3,8 1,1 2,7 24,4
2002 San Antonio Spurs 9 9 42,2 45,3 33,3 82,2 14,4 5,0 0,7 4,3* 27,6
2003 San Antonio Spurs 24 24 42,5 52,9 0,0 67,7 15,4 5,3 0,6 3,3* 24,7
2004 San Antonio Spurs 10 10 40,5 52,2 0,0 63,2 11,3 3,2 0,8 2,0 22,1
2005 San Antonio Spurs 23 23 37,7 46,4 20,0 71,7 12,4 2,7 0,4 2,3 23,6
2006 San Antonio Spurs 13 13 37,9 57,3 0,0 71,8 10,5 3,3 0,8 1,9 25,8
2007 San Antonio Spurs 20 20 36,8 52,1 0,0 64,4 11,4 3,2 0,6 3,1 22,2
2008 San Antonio Spurs 17 17 39,2 44,9 20,0 62,6 14,5 3,3 0,9 2,1 20,2
2009 San Antonio Spurs 5 5 32,8 53,2 0,0 60,7 8,0 3,2 0,6 1,2 19,8
2010 San Antonio Spurs 10 10 37,3 52,0 50,0 47,8 9,9 2,6 0,8 1,7 19,0
2011 San Antonio Spurs 6 6 35,3 47,8 0,0 62,5 10,5 2,7 0,5 2,5 12,7
2012 San Antonio Spurs 14 14 33,1 49,5 0,0 70,7 9,4 2,8 0,7 2,1 17,4
2013 San Antonio Spurs 21 21 35,0 47,0 0,0 80,6 10,2 1,9 0,9 1,6 18,1
2014 San Antonio Spurs 23 23 32,7 52,3 0,0 76,0 9,2 2,0 0,3 1,3 16,3
2015 San Antonio Spurs 7 7 35,7 58,9 0,0 55,9 11,1 3,3 1,3 1,4 17,9
2016 San Antonio Spurs 10 10 21,8 42,3 0,0 71,4 4,8 1,4 0,2 1,3 5,9
Carriera 251 251* 37,3 50,1 14,3 68,9 11,4 3,0 0,7 2,3 20,6

Massimi in carriera

  • Massimo di punti: 53 vs Dallas Mavericks (26 dicembre 2001)[82]
  • Massimo di rimbalzi: 27 vs Atlanta Hawks (27 gennaio 2010)
  • Massimo di assist: 11 (3 volte)
  • Massimo di palle rubate: 8 vs Denver Nuggets (9 febbraio 2000)
  • Massimo di stoppate: 9 (2 volte)
  • Massimo di minuti giocati: 52 vs Sacramento Kings (27 aprile 1999)

In 19 stagioni NBA, Duncan ha totalizzato 1 392 partite con gli Spurs, 26 496 punti, 15 091 rimbalzi, 4 225 assist e 3 020 stoppate. Ha mantenuto medie di 19 punti, 10,8 rimbalzi, 3 assist e 2,2 stoppate. Nei playoffs ha totalizzato 251 presenze con 5 172 punti, 2 859 rimbalzi, 764 assist e 568 stoppate. In media, 20,6 punti, 11,4 rimbalzi, 3 assist e 2,3 stoppate. È inoltre uno degli unici 5 giocatori nella storia della lega a mettere a segno una tripla doppia in una finale decisiva NBA, segnando 21 punti, prendendo 20 rimbalzi e fornendo 10 assist.[83]

Cronologia presenze e punti in Nazionale

Cronologia completa delle presenze e dei punti in Nazionale - Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Data Città In casa Risultato Ospiti Competizione Punti Note
15-7-1999 San Juan Uruguay Bandiera dell'Uruguay 72 - 118 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 1999 - 1º turno n.d. [78]
16-7-1999 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 94 - 60 Bandiera del Canada Canada Americas Ch'ship 1999 - 1º turno n.d [78]
17-7-1999 San Juan Argentina Bandiera dell'Argentina 72 - 103 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 1999 - 1º turno n.d. [78]
18-7-1999 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 88 - 52 Bandiera di Cuba Cuba Americas Ch'ship 1999 - 1º turno n.d [78]
19-7-1999 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 107 - 71 Bandiera della Rep. Dominicana Rep. Dominicana Americas Ch'ship 1999 - 2º turno n.d [78]
20-7-1999 San Juan Argentina Bandiera dell'Argentina 73 - 90 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 1999 - 2º turno n.d. [78]
21-7-1999 San Juan Venezuela Bandiera del Venezuela 61 - 83 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 1999 - 2º turno n.d. [78]
22-7-1999 San Juan Porto Rico Bandiera di Porto Rico 76 - 115 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 1999 - 2º turno n.d. [78]
23-7-1999 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 88 - 59 Bandiera dell'Argentina Argentina Americas Ch'ship 1999 - Semifinale n.d [78]
24-7-1999 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 92 - 66 Bandiera del Canada Canada Americas Ch'ship 1999 - Finale n.d [78]
17-8-2003 New York Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 101 - 74 Bandiera di Porto Rico Porto Rico Amichevole 21 [84]
20-8-2003 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 110 - 76 Bandiera del Brasile Brasile Americas Ch'ship 2003 - 1º turno 17 [85]
21-8-2003 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 111 - 73 Bandiera della Rep. Dominicana Rep. Dominicana Americas Ch'ship 2003 - 1º turno 6 [86]
22-8-2003 San Juan Venezuela Bandiera del Venezuela 69 - 98 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 2003 - 1º turno 13 [87]
25-8-2003 San Juan Canada Bandiera del Canada 71 - 111 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 2003 - 2º turno 16 [88]
26-8-2003 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 94 - 86 Bandiera dell'Argentina Argentina Americas Ch'ship 2003 - 2º turno 19 [89]
27-8-2003 San Juan Messico Bandiera del Messico 69 - 96 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 2003 - 2º turno 16 [90]
28-8-2003 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 91 - 65 Bandiera di Porto Rico Porto Rico Americas Ch'ship 2003 - 2º turno 16 [91]
30-8-2003 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 81 - 71 Bandiera di Porto Rico Porto Rico Americas Ch'ship 2003 - Semifinale 14 [92]
31-8-2003 San Juan Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 106 - 73 Bandiera dell'Argentina Argentina Americas Ch'ship 2003 - Finale 23 [93]
31-7-2004 Jacksonville Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 96 - 71 Bandiera di Porto Rico Porto Rico Amichevole 15 [94]
3-8-2004 Colonia Italia Bandiera dell'Italia 95 - 78 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Amichevole 15 [95]
4-8-2004 Colonia Germania Bandiera della Germania 77 - 80 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Amichevole 19 [96]
6-8-2004 Belgrado Serbia e Montenegro Bandiera della Serbia e Montenegro 60 - 78 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Amichevole 16 [97]
8-8-2004 Istanbul Turchia Bandiera della Turchia 67 - 79 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Amichevole 16 [98]
10-8-2004 Istanbul Turchia Bandiera della Turchia 68 - 80 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Amichevole 25 [99]
15-8-2004 Atene Porto Rico Bandiera di Porto Rico 92 - 73 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2004 - Fase a gironi 15 [100]
17-8-2004 Atene Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 77 - 71 Bandiera della Grecia Grecia Olimpiadi 2004 - Fase a gironi 14 [101]
19-8-2004 Atene Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 89 - 79 Bandiera dell'Australia Australia Olimpiadi 2004 - Fase a gironi 18 [102]
21-8-2004 Atene Lituania Bandiera della Lituania 94 - 90 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2004 - Fase a gironi 16 [103]
23-8-2004 Atene Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 89 - 53 Bandiera dell'Angola Angola Olimpiadi 2004 - Fase a gironi 15 [104]
26-8-2004 Atene Spagna Bandiera della Spagna 94 - 102 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2004 - Quarti di finale 9 [105]
27-8-2004 Atene Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 81 - 89 Bandiera dell'Argentina Argentina Olimpiadi 2004 - Semifinale 10 [106]
28-8-2004 Atene Lituania Bandiera della Lituania 96 - 104 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2004 - Finale 3º posto 6 [107]
Totale   Presenze 34   Punti 370  

Record

  • Miglior percentuale di vittorie (70,1%) in NBA e in tutte le leghe sportive americane (NBA, NFL, NHL e MLB) da parte della sua squadra durante i suoi 19 anni di carriera.[108]
  • Maggior numero di doppie-doppie in gare di playoff.[109]
  • Maggior numero di rimbalzi difensivi in gare di playoff.[110]
  • Maggior numero di stoppate in gare di playoff.[111]
  • Maggior numero di stoppate in una serie di finale (2003).[112]
  • Maggior numero di rimbalzi offensivi in gare di finale.[113]
  • Maggior numero di inclusioni nell'NBA All-Defensive Team.[114]

Palmarès

NCAA

Individuali

NBA

Squadra

San Antonio Spurs: 19992003200520072014

Individuali

20022003
199920032005
199820002001200220032004200520062007200820092010201120132015
First Team1998199920002001200220032004200520072013
Second Team200620082009
Third Team20102015
First Team: 1999, 2000, 2001, 2002, 2003, 2005, 2007, 2008
Second Team: 1998, 2004, 2006, 2009, 2010, 2013, 2015

Nazionale

Kobe Bryant

Kobe Bryant
Kobe Bryant nel 2015
     
Nazionalità Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Altezza 198 cm
Peso 96 kg
Pallacanestro 
Ruolo Guardia
Termine carriera 1º luglio 2016
Hall of fame Naismith Hall of Fame (2020)
Carriera
Giovanili
1989-1991 Pall. Reggiana
1994-1996 Lower Merion High School
Squadre di club
1996-2016 L.A. Lakers 1346 (33.643)
Nazionale
2007-2012 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti 37 (504)
Palmarès
 
 Olimpiadi
Oro Pechino 2008
Oro Londra 2012
 Campionati americani
Oro Stati Uniti 2007

Kobe Bean Bryant (Filadelfia23 agosto 1978 – Calabasas26 gennaio 2020) è stato un cestista statunitense.

Ha giocato prevalentemente nel ruolo di guardia tiratrice ed è considerato tra i migliori giocatori nella storia dell'NBA.[1][2][3] Figlio di Joe Bryant e nipote da parte di madre di Chubby Cox, entrambi ex giocatori di basket,[4] Bryant è cresciuto cestisticamente in Italia,[5] dove ha imparato i fondamentali europei,[6] e ha disputato tutta la sua carriera professionistica nei Los Angeles Lakers, conquistando 5 titoli;[7] è stato inoltre il primo giocatore NBA a militare nella stessa squadra per venti stagioni.[8] Con la Nazionale statunitense ha partecipato ai FIBA Americas Championship 2007 e ai Giochi olimpici di Pechino 2008 e di Londra 2012, vincendo la medaglia d'oro in tutte e tre le manifestazioni.[7]

Il 4 marzo 2018 ha vinto il Premio Oscar insieme al regista e animatore Glen Keane, nella categoria miglior cortometraggio d'animazione per Dear Basketball, che ha sceneggiato ispirandosi alla sua lettera di addio al basket.[9]

Rientra tra gli sportivi più conosciuti al mondo[10][11][12] e la sua carriera è ritenuta una delle migliori nella storia dello sport professionistico.[13]

Il 4 aprile 2020 è stato inserito tra i membri del Naismith Memorial Basketball Hall of Fame.[14]

Caratteristiche tecniche

Kobe Bryant è quarto tra i migliori marcatori nella storia dell'NBA con 33643 punti,[15] ed è quarto anche per quanto riguarda i punti realizzati nei playoffs con 5640.[16]

Ha giocato solitamente come guardia tiratrice, ma all'occorrenza ha ricoperto i ruoli di playmaker e ala piccola.[17] Dal 1999 al 2013 è stato sempre incluso in almeno uno dei tre quintetti dell'All-NBA Team, mentre dal 1998 fino al ritiro ha sempre partecipato all'NBA All-Star Game. Eccellente difensore (dote talvolta messa in secondo piano dall'altrettanto spiccata abilità offensiva),[18] in 12 occasioni ha fatto parte di uno dei due NBA All-Defensive Team,[7][19] secondo (a pari merito con Kevin Garnett) per volte in cui è stato inserito negli All-Defensive Team dietro a Tim Duncan.[20] Si era distinto anche per la grande personalità, carisma e mentalità vincente con cui giocava le partite.[21][22][23]

Ha avuto una media di 25 punti a partita, da aggiungere a uno score di 4,7 assist, 5,2 rimbalzi e un totale di oltre 1900 palle rubate.[24][25] Era bravo anche nei clutch-time[26] e a segnare i tiri contestati.[21][27] È stato anche un abile tiratore da tre punti: nel 2003 ha stabilito il record NBA di triple realizzate in una sola partita (12), detenendolo fino al 2016.[28] Si è ispirato molto a Michael Jordan sia nello stile di gioco che nella mentalità, tanto che lo stesso Jordan si è complimentato con lui per la sua carriera oltre a sostenere di «avere rivisto in Bryant molto di sé stesso».[29]

Per via della sua mentalità e professionalità è stato d'ispirazione per molti cestisti: giocatori come Kevin Durant,[30] Dwyane Wade[31] e Derrick Rose[32] hanno definito Bryant il Michael Jordan della loro generazione; anche LeBron James ha ammesso di essersi ispirato a lui, sostenendo di «volere essere come lui» a inizio carriera.[33][34] Bryant è stato d'ispirazione anche per tanti altri sportivi, tra cui Roger FedererNeymar e Serena Williams.[34][35][36]

Carriera

Dall'Italia alla high school

Bryant iniziò a giocare a basket sin dai 3 anni e visse in Italia dai 6 fino ai 13 anni di età,[4] spostandosi nelle varie città dei club per i quali giocava il padre.[37] Tra il 1984 e il 1991 passò da Rieti a Reggio Calabria, per proseguire a Pistoia e infine a Reggio Emilia.[4]

Tornato negli USA si iscrisse all'high school, dove guadagnò fama a livello nazionale vincendo il titolo statale con la Lower Merion High School, situata in un sobborgo di Filadelfia, infrangendo al contempo il record di punti nel quadriennio liceale per la zona di Philadelphia detenuto da Wilt Chamberlain, realizzandone 2883 in due anni (1994-1996).[38]

NBA

Tredicesima scelta al Draft 1996

La maglia indossata da Bryant all'High School (Lower Merion) che è stata ritirata

Nel 1996, non ancora diciottenne, decise di fare il grande salto tra i professionisti e si dichiarò eleggibile per il Draft NBA senza passare per il college,[38][39] nonostante vi fossero state offerte per lui da parte di prestigiose università come Kentucky e Duke.[40]

Venne scelto dagli Charlotte Hornets al primo giro come numero 13 assoluto; subito dopo, però, gli Hornets cedettero ai Los Angeles Lakers i diritti su Bryant in cambio del ventottenne centro Vlade Divac, che dopo sette stagioni lasciò i gialloviola.[41] I californiani avevano appena messo sotto contratto il centro più forte sul mercato, Shaquille O'Neal, e non avevano più bisogno di Divac.[41] I Lakers, prima di orchestrare lo scambio, organizzarono un provino per testare le qualità del giovane Bryant (che tra l'altro sperava di essere scelto proprio dai Lakers) e ne furono conquistati.[42][43] Lo scambio fu architettato da Jerry West che convinse Divac ad andare a Charlotte nonostante lui non volesse venire scambiato per un giocatore che veniva dall'high school, minacciando addirittura di ritirarsi.[41][44]

Le prime stagioni (1996-1999)

Debuttò tra i professionisti il 13 novembre 1996 in una sfida contro i Minnesota Timberwolves,[45] senza segnare punti.[46] All'epoca era il debuttante più giovane nella storia dell'NBA a 18 anni e 72 giorni.[47] Durante la prima stagione a Los Angeles Bryant partì come riserva di Eddie Jones e di Nick Van Exel; in febbraio vinse lo Slam Dunk Contest precedendo Chris Carr e Michael Finley.[48] A inizio stagione il suo minutaggio fu limitato, ma in seguito aumentò arrivando a una media di 15,5 minuti e 7,6 punti a partita.[49] Nei playoffs Bryant mostrò di essere ancora acerbo: nella partita decisiva della serie contro gli Utah Jazz (persa 4-1) tirò corto tre volte, e il compagno di squadra Nick Van Exel criticò la scelta del coach Del Harris di aver fatto gestire all'inesperto Bryant i possessi palla decisivi.[50] Diversa fu la reazione del suo compagno di squadra Shaquille O'Neal che prese le sue difese sostenendo che lui sia stato "l'unico che ha avuto il coraggio di prendersi quei tiri".[51] Comunque le sue prestazioni gli valsero l'ingresso nell'All-Rookie Second Team, diventando il più giovane della storia a esserci entrato.[52]

Le critiche dovute ai tiri sbagliati contro i Jazz fortificarono Bryant che nella stagione successiva giocò di più e meglio, partendo con il piede giusto segnando 23 punti contro gli Utah Jazz facendo vincere i Lakers per 104-87. Il 14 dicembre 1997 segnò per la prima volta in carriera 30 punti nel successo per 119-89 contro i Dallas Mavericks.[49] Solo 3 giorni più tardi ne segnò 33 nella sconfitta per 104-83 contro i Chicago Bulls di Michael Jordan che ne segnò 36.[53] A fine anno raddoppiò la sua media, che salì a 15,4 punti a partita.[25] Allo stesso tempo cominciò a mostrare le sue qualità: il voto dei tifosi lo inserì nel quintetto base per l'All-Star Game di New York (record come più giovane titolare nella storia della rassegna),[54] mentre al termine dell'annata arrivò secondo nelle votazioni come miglior 6º uomo dell'anno dietro a Danny Manning.[55] I Lakers si presentarono meglio ai playoff con un record di 61-21, ed eliminarono Portland (4-0) e Seattle (4-1), arrivando sino alla finale di Conference dove vennero nuovamente sconfitti da Utah per 4-0.[49]

L'anno seguente, a seguito delle cessioni di Van Exel e Jones,[56] il ventenne Bryant diventò la guardia titolare. Kurt Rambis, ex giocatore dei Lakers, sostituì il licenziato coach Del Harris. Al termine del lungo lockout che posticipò l'inizio della stagione al 5 febbraio, il 31 gennaio Bryant rinnovò il suo contratto per 6 anni a 71 milioni di dollari complessivi.[49][57] Nonostante la squadra avesse faticato durante l'anno, Bryant disputò una buona annata, e il club nei playoff eliminò al primo turno gli Houston Rockets, con Bryant che nella definitiva gara-4 mise a referto 24 punti e 8 assist in 47 minuti d'impiego con la squadra che vinse 98-88 chiudendo la serie; il cammino della franchigia terminò al turno successivo nelle semifinali di Conference, dove venne eliminata dai San Antonio Spurs futuri campioni.[49] A fine anno venne incluso per la prima volta nell'All-NBA Team (precisamente nel terzo).[58]

Gli anni delle Finals (1999-2004)

Bryant a inizio carriera

Nell'estate 1999 Rambis fu degradato a vice-allenatore e come nuovo coach arrivò Phil Jackson, già 6 volte campione NBA con i Chicago Bulls.[59] Nonostante Jackson avesse pensato di cederlo ai Detroit Pistons in cambio di Grant Hill,[60][61] Bryant rimase in squadra e subito i Lakers vinsero il titolo nel 2000, dopo avere eliminato in ordine Sacramento KingsPhoenix Suns e Portland Trail Blazers, contro gli Indiana Pacers.[62] Contro i Pacers i gialloviola vinsero in 6 gare, Bryant diede il suo contributo tenendo di media 15,6 punti,[63] e in gara-2 subì un infortunio alla caviglia; non disputò gara-3, ma giocò in gara-4 seppur dolorante e contribuì alla vittoria della squadra per 120-118 con 28 marcature.[64][65] Venne anche inserito per la prima volta nell'All-Defensive Team (divenendo il più giovane a farne parte).[7]

Nel 2000-2001 Bryant si prese maggiori responsabilità iniziando a superare Shaquille O'Neal nelle gerarchie della squadra; O'Neal non gradì e tra dicembre e gennaio si susseguirono voci che accostarono i due giocatori ad altre franchigie.[64] Dopo l'All-Star Game (in cui Bryant fu il miglior finalizzatore dell'ovest)[66] i due si rappacificarono,[64] ma vi fu un altro problema per Bryant: in marzo venne riportata sul Chicago Sun-Times da Rick Telander un'indiscrezione su una presunta frase di Jackson, secondo il quale Bryant non si integrava con il suo modo di giocare.[67] Oltre a questo i Lakers si piazzarono secondi a ovest, arrivando ai playoff tra le perplessità,[68] che vennero spazzate in post-season in cui i lacustri vinsero tutte le 15 partite della Western Conference (3 contro i Trail Blazers, 4 contro i Kings e gli Spurs, e contro quest'ultimi Bryant fu protagonista di una prestazione da 36 punti, 9 assist e 8 rimbalzi in gara-3),[69][70] per raggiungere la finale dove incontrarono i Philadelphia 76ers dell'MVP della regular season Allen Iverson, che vinse il premio nonostante Bryant avesse disputato un'ottima stagione da 28,5 punti e 5 assist di media.[71] In finale Los Angeles vinse nuovamente l'anello in 5 gare.[70]

L'anno successivo Bryant fu nominato per la prima volta MVP dell'All-Star Game, in cui segnò 31 punti.[72] In stagione totalizzò 25,2 punti e 5,5 rimbalzi e 5,5 assist.[25] I gialloviola nei playoff, dopo avere eliminato agevolmente i Trail Blazers e gli Spurs (con Bryant che tenne 27 punti di media nelle 5 gare della serie, e che in gara-4 ne segnò 28 di cui 7 con la squadra sotto per 80-81), in finale di Conference riaffrontarono i Sacramento Kings dell'ex Vlade Divac e Chris Webber.[73] Questa volta la serie fu combattuta e, dopo 30 punti di Bryant nella vittoriosa gara-1, in gara-2 Bryant giocò male anche per via di un'intossicazione alimentare e i Kings vinsero; Sacramento vinse anche gara-3, mentre in gara-4 i Lakers vinsero pareggiando la serie con 25 punti di Bryant[74] e un tiro allo scadere di Robert Horry.[73] La serie si protrasse fino a gara-7, con i Lakers che passarono il turno grazie anche a Bryant che realizzò 30 e 31 punti nelle ultime due gare della serie.[75][76] La finale si rivelò facile in quanto i gialloviola batterono i New Jersey Nets di Jason Kidd,[77] e questo fu il terzo three-peat per Jackson, dopo i due con i Chicago Bulls.[78]

Nel 2002-2003 Bryant disputò un grande mese di febbraio in cui tenne di media 40,6 punti in 14 partite,[79] con una striscia di 13 partite consecutive con almeno 35 punti segnati,[80] oltre ad aver partecipato all'All-Star Game dove ne segnò 22.[81] Nel mentre, il 7 gennaio 2003, si rese protagonista nella sfida contro i Seattle SuperSonics (vinta 108-93) segnando 45 punti e mettendo a segno 12 triple,[82] battendo in tal senso un record appartenente a Dennis Scott, che il 18 aprile 1996 si era fermato a 11.[28] Terminò la stagione (per la prima volta) a 30 punti di media, superando anche O'Neal nella statistica del WS,[83][84] ma nei playoffs i gialloviola non riuscirono a ripetersi in quanto vennero sconfitti dai San Antonio Spurs al secondo turno.[85]

Dopo la sconfitta con i neroargento i Lakers decisero di rinforzarsi prendendo due fuoriclasse come Karl Malone e Gary Payton, giocatori storici della NBA entrati nella fase calante della carriera, che si inserirono in un team già costruito per vincere l'anello.[86]

I loro arrivi coincisero con lo scandalo che riguardò Bryant circa l'ipotesi di stupro e questo rovinò del tutto i rapporti con O'Neal, da sempre burrascosi,[88] e Bryant gettò benzina sul fuoco con delle frasi con cui chiamò in causa O'Neal.[19][89][90] A ogni modo, agli occhi di molti osservatori i rapporti fra i due peggiorarono negli anni anche a causa della crescita di Bryant come giocatore, a cui faceva da contraltare la fine della fase di assoluto dominio di O'Neal, con quest'ultimo che accettava sempre meno l'ipotesi di dover lasciare la scena e diventare il "secondo" della coppia, permettendo a Bryant di prendere in mano la squadra nei momenti decisivi e garantendo, probabilmente, il prolungamento di una dinastia vincente a LA.[91] Bryant si presentò visibilmente scosso per quanto avvenuto in estate,[89] ma ciò non gli impedì di tenere (seppur con prestazioni incostanti) delle buone medie[92] e di entrare nell'All-NBA First Team e nell'All-NBA First Defensive Team.[93] Dopo avere regolato al primo turno gli Houston Rockets in 5 gare,[92] nelle semifinali i lacustri reincontrano gli Spurs; Bryant fu decisivo con 42 punti segnati in gara-4 dopo essere tornato da un'udienza.[94] La serie si chiuse per merito dello storico compagno Derek Fisher con un tiro a 0,4 secondi dalla fine di gara-6.[95] Dopo avere eliminato in 6 gare i Minnesota Timberwolves in finale di conference,[92] i gialloviola tornarono in finale NBA dove affrontarono i Detroit Pistons; Bryant ebbe molte difficoltà, segnò 33 punti nell'unico successo del team in gara-2,[92] ma soffrì molto l'arcigna difesa di Tayshaun Prince e Rip Hamilton (seppur tenendo di media 22,6 punti), e la squadra perse così l'anello in 5 gare.[93] A seguito di questa sconfitta, Bryant decise di testare la free agency, ma il 15 luglio 2004 siglò un rinnovo con i Lakers per sette anni, per la cifra di 136,6 milioni di dollari.[96] Contestualmente, venuto a conoscenza del fatto che il proprietario dei Lakers Jerry Buss era intenzionato a tenere Bryant, O'Neal chiese di essere ceduto, ponendo fine di fatto a una squadra che aveva dominato l'inizio del millennio.[97] Va notato che O'Neal vinse poi un titolo a Miami con gli Heat nel 2006, dove fece coppia con il nuovo astro nascente Dwyane Wade, a cui O'Neal non fece nessuna fatica a cedere la leadership del team, e fu proprio Wade a essere meritatamente nominato MVP di quelle finali.[98] All'addio di Shaq, si accompagnarono quelli di coach Jackson (che nell'estate 2004 pubblicò un libro dove definì Bryant "inallenabile"),[99] Payton (che vinse poi l'anello a Miami con Shaq),[98] Malone e di alcuni giocatori del nucleo storico dei Lakers come Derek Fisher e Rick Fox facendo ripartire tutto da Bryant,[92] che rimase nonostante vi fosse la possibilità per lui di trasferirsi ai Clippers e ai Bulls.[96][100] Tra l'altro lui non andò ai Clippers anche su consiglio di Jerry West che riteneva tale contesto non vincente.[101]

Gli anni d'attesa (2004-2007)

Bryant prima di un tiro libero nel 2005

Dopo una dura stagione 2004-2005 sotto coach Rudy Tomjanovich e Frank Hamblen in cui i Lakers non arrivarono ai playoff (nonostante Bryant avesse tenuto di media 27,6 punti),[92] Phil Jackson, nonostante le sue dure critiche a Bryant di un anno prima, tornò ad allenare i losangelini, che oltre a Bryant avevano poche sicurezze nel roster (sostanzialmente, quel che rimane della contropartita per la cessione di O'Neal, ovvero Lamar Odom).[99][102] Il 20 dicembre 2005, segnò 62 punti in tre quarti di gioco contro i Dallas Mavericks, di cui 30 nel solo terzo quarto.[103] Al momento di andare in panchina, senza più rientrare per l'ultimo quarto di gioco, Bryant aveva segnato appunto 62 punti contro i 61 dell'intera compagine avversaria, cosa mai accaduta in precedenza dopo tre quarti di gioco.[104]

Bryant in riscaldamento nel 2007

Il 22 gennaio 2006 stabilì il secondo miglior punteggio di tutti i tempi in una singola partita nella storia NBA, segnando 81 punti contro i Toronto Raptors, guidando i Lakers alla vittoria per 122-104. Significativo il fatto che i Lakers stessero perdendo di 18 punti nel terzo quarto: ciò valorizza ancor di più la prestazione di Bryant, ottenuta per far vincere la propria squadra; Bryant fece 21/33 da due punti, 7/13 da tre e 18/20 ai tiri liberi, ai quali vanno aggiunti 6 rimbalzi, 2 assist, 3 palle recuperate e 1 stoppata, 14 punti nel primo quarto, 12 nel secondo e due realizzazioni di 27 e 28 punti nei due quarti finali. La sua prestazione è seconda solo ai 100 punti messi a segno da Wilt Chamberlain il 2 marzo 1962 con i Philadelphia Warriors contro i New York Knicks.[105] Fu anche grazie a questa prestazione che tenne di media nel mese 43,4 punti a gara, migliore nella storia per un giocatore dei Lakers.[7] Chiuse la stagione con la massima media[25] della sua carriera di 35,4 punti a partita, risultando essere il migliore marcatore della lega portando i Lakers ai playoffs da settimi,[106] rientrando nella top 10 per punti a partita segnati in una stagione, secondo solo a Michael Jordan, Elgin Baylor e a Wilt Chamberlain,[107] e fu il settimo giocatore in assoluto per marcature in una stagione (2832).[108] A fine stagione, nonostante i gialloviola si piazzarono settimi a ovest, Bryant arrivò quarto nelle votazioni per l'MVP della stagione regolare, vinto da Steve Nash.[109] Fu proprio contro i Suns di Nash che i gialloviola si scontrarono ai playoffs;[110] Bryant disputò una grande serie segnando il tiro decisivo a 2 centesimi di secondo dalla fine della partita in gara-4, mentre in gara-6 segnò 50 delle 118 marcature dei gialloviola.[106] Tuttavia la sua prestazione fu vanificata in quanto i Suns di punti ne segnarono 126 portando la serie sul 3-3, e nella decisiva gara-7 non bastarono 24 realizzazioni di Bryant in quanto i Suns vinsero con un netto 121-90 eliminando i californiani.[110]

Nel luglio 2006 venne operato a un ginocchio, pertanto fu costretto a saltare i mondiali che si tennero in Giappone tra agosto e settembre.[111] Il 22 marzo 2007 diventò il quarto giocatore nella storia a segnare almeno 50 punti in 3 partite consecutive (con Wilt ChamberlainMichael Jordan ed Elgin Baylor), il primo a riuscirci dal 1987, quando ci riuscì Jordan.[112] Superò anche questo record due giorni dopo, segnando altri 50 punti che lo portarono a essere il secondo giocatore NBA dopo Wilt a fare un poker over 50 (65-50-60-50, in ordine contro Trail Blazers, Timberwolves, Grizzlies e New Orleans Hornets).[106] La partita successiva segnò 43 punti. Le sue prestazioni fra l'altro valsero un record vittorie-sconfitte di 4-0 alla squadra (che era reduce da una serie di 6 sconfitte consecutive).[112] Tuttavia in stagione si rese protagonista di brutti episodi che lo portarono a più squalifiche: il 28 gennaio 2007 tirò una gomitata a Manu Ginóbili, "reo" di averlo stoppato, e venne sospeso per una partita.[113] In marzo invece fu protagonista di due episodi simili in cui le vittime furono Marko Jarić e Kyle Korver, venendo sospeso in entrambi i casi per una partita.[114][115] La mancata acquisizione di Jason Kidd per non privarsi del giovane ma acerbo centro Andrew Bynum fece montare Bryant su tutte le furie,[116] tanto che nel marzo 2007 Bryant richiese nuovamente la cessione.[117] In più Bryant non aveva un buon rapporto con Bynum, visto che lui spinse per mandarlo via.[19] A fine stagione fu nuovamente il miglior realizzatore della lega con 31,6 punti portando i Lakers ai playoffs ancora da settimi;[118] ma in post-season i californiani reincontrarono i Suns, e questa volta, nonostante i 32,8 punti di media di Bryant, uscirono a gara-5.[106][119]

Gli ultimi due titoli e il declino della squadra (2007-2013)

Bryant con il nuovo numero 24

Nella stagione 2007-2008, nonostante i suoi malumori e le voci di trade con i Minnesota Timberwolves (da cui i Lakers volevano prendere Kevin Garnett in cambio, ma non si concretizzò in quanto Garnett andò ai Boston Celtics durante il Draft 2007)[106] e i Chicago Bulls (che avrebbero ceduto Luol Deng per avere il Mamba in novembre),[120] Bryant rimase e, oltre ad avere cambiato numero (da 8 a 24),[83] fu tra gli artefici della bella stagione della squadra, vincendo il premio di MVP della regular season, tenendo di media 28,3 punti.[106] I Lakers, grazie anche all'innesto di Pau Gasol arrivato nel febbraio 2008,[106] tornarono alle finali per la prima volta dalla sconfitta del 2004, ma vennero battuti dai Boston Celtics 4-2.[121]

La stagione 2008-09 confermò i Lakers come una delle migliori squadre, e nella regular season ottennero il 2º record assoluto una partita solamente dietro i Cleveland Cavaliers.[122] La stagione partì molto bene sia per lui che per la squadra che vinse 17 delle prime 19 partite,[123] in cui tenne 24,7 punti di media.[25] Il 2 febbraio 2009 realizzò una prestazione da incorniciare al Madison Square Garden contro i New York Knicks mettendo a referto 61 punti che rappresentarono il record nella lunga storia dello stadio della Grande mela,[124] prima che Carmelo Anthony ne realizzasse 62 proprio con i Knicks il 25 gennaio 2014;[125] il precedente record di punti apparteneva a Bernard King che il giorno di Natale dell'84 ne totalizzò 60.[126] Diventò anche co-MVP dell'ASG 2009 a pari merito con l'ex-compagno di squadra Shaquille O'Neal, riproponendo per una gara la coppia del three-peat vista tra il 2000 e il 2002 con Phil Jackson in panchina.[127] Al termine della stagione regolare i lacustri si piazzarono al primo posto a ovest grazie anche al suo contributo.[25] Il 14 giugno 2009 vinse per la prima volta il premio di MVP delle finali, giocate dai Lakers contro i sorprendenti Orlando Magic (4-1 il risultato finale della serie), diventando il primo giocatore dai tempi di Jerry West nel 1969 a mantenere una media di almeno 32,4 punti e 7,4 assist in una serie[128][129] e il primo dopo Michael Jordan ad avere una media di almeno 30 punti, 5 rimbalzi e 5 assist per una squadra che abbia vinto il titolo.[130] I suoi 162 punti totali lo videro al 4º posto assoluto della storia per un singolo giocatore in una serie di finale di 5 partite giocate.[131] In tutti i playoffs tenne invece di media 30,2 punti.[25]

La successiva stagione si aprì subito con un Bryant che segnò 40 punti in 4 delle prime 11 partite quando Gasol era assente per infortunio.[132][133] Il 17 novembre 2009 contro i Detroit Pistons Bryant mise a referto proprio 40 punti: fu la centesima volta nella sua carriera che ne realizzò almeno 40;[134] meglio di lui hanno fatto Michael Jordan, 173 volte sopra i 40, e Wilt Chamberlain, 271 volte.[135] Il 1º febbraio 2010, Bryant diventò il miglior marcatore dei Los Angeles Lakers con 25208 marcature in carriera, sorpassando Jerry West.[136] Durante l'annata solidificò il proprio rapporto con coach Jackson elogiandone le capacità gestionali.[137] In stagione ebbe comunque dei problemi fisici: in dicembre rimediò una frattura dell'indice, mentre in febbraio ebbe un problema alla caviglia che lo costrinse a stare fermo contro la sua volontà.[138] Il 2 aprile firmò un rinnovo triennale da 87 milioni di dollari complessivi.[139] Nei playoffs i Lakers arrivarono alle finali dove riaffrontarono i Celtics dopo aver battuto OKC per 4-2, Utah per 4-0 e Phoenix per 4-2;[121] in quest'ultima serie segnò un tiro decisivo a 35 secondi dalla fine in gara-6 nonostante un'ottima marcatura di Grant Hill.[140] La finale, dopo gara-5, vide i Celtics in vantaggio per 3-2 e si decise a gara-7 con la squadra losangelina che batté Boston per 83-79.[141] Bryant vinse così il suo quinto titolo in carriera, insieme al secondo trofeo di MVP delle finali, in cui tenne di media 28,6 punti.[142] In gara-7 segnò 23 punti, seppur con un 6-24 dal campo (e 0 su 6 da tre).[141]

Bryant affronta Courtney Lee degli Orlando Magic nel 2009

Durante l'annata 2010-2011 Bryant entrò nella top ten dei migliori realizzatori NBA di sempre.[143] Il 20 febbraio 2011 durante l'All Star Game, giocato proprio a Los Angeles, conquistò il suo quarto titolo di MVP della gara delle stelle, grazie a una prestazione da 37 punti e 14 rimbalzi in 29 minuti di gioco;[144] lo stesso giorno diventò il primo giocatore ancora in attività a entrare a far parte della Hollywood Walk of Fame di Los Angeles e secondo cestista di sempre dopo Magic Johnson.[145] In quella stagione i Lakers figurarono nuovamente tra i favoriti per la vittoria finale e tutti si aspettavano la finale contro i nuovi Miami Heat di LeBron JamesDwyane Wade e Chris Bosh.[146] Chiusa una buona regular season al 2º posto a ovest dietro i San Antonio Spurs (a cui contribuì con 25,3 punti di media),[25] i Lakers nei playoffs superarono 4-2 i New Orleans Hornets dopo aver perso gara-1 in casa,[147] ma in semifinale vennero spazzati via 4-0 dai futuri campioni NBA dei Dallas Mavericks.[148]

A fronte di quest'eliminazione i Lakers tentarono di rivoluzionare la squadra: il lockout posticipò l'inizio della stagione 2011-2012 a dicembre, ma prima dell'inizio i gialloviola tentarono di prendere Chris Paul da New Orleans in una trade a 3 squadre che avrebbe portato CP3 a LA, con la franchigia losangelina che avrebbe ceduto due suoi pilastri come Pau Gasol agli Houston Rockets e Lamar Odom in Louisiana; tuttavia la trattativa venne annullata da l'allora commissioner dell'NBA David Stern per "ragioni cestistiche".[149][150] Bryant si arrabbiò molto per questa vicenda,[151] così come per la trade che portò Lamar Odom ai Dallas Mavericks, con il giocatore che chiese la cessione perché deluso dal comportamento della dirigenza gialloviola che tentò di cederlo.[152] Nel corso del lockout per Bryant ci fu la possibilità di venire alla Virtus Bologna, che tuttavia non si concretizzò.[153] La sua stagione, nonostante un problema al polso,[154] partì bene, e in gennaio segnò oltre 40 punti in 4 gare consecutive.[155] La sua stagione, seppur condizionata dalle voci sul divorzio dalla moglie,[156] fu buona in quanto raggiunse dei traguardi prestigiosi: il 6 febbraio 2012 diventò il 5º miglior marcatore della storia NBA, superando in classifica Shaquille O'Neal,[157] mentre all'All-Star Game (dove giocò nel quintetto base) segnò 28 punti superando Michael Jordan come miglior realizzatore di sempre all'All-Star Game.[158] Concluse anzitempo l'annata con una media di 27,9 punti, saltando 7 gare per una contusione allo stinco in aprile prima della post-season, contribuendo così alla qualificazione ai playoffs dei Lakers.[159][160] Anche questa stagione si chiuse con un'eliminazione alle semifinali di conference contro gli Oklahoma City Thunder di Kevin Durant e Russell Westbrook, nonostante Bryant avesse segnato 116 punti (36+38+42) nelle ultime 3 partite della serie chiusasi a gara-5;[161] Bryant vide sfumare la possibilità di vincere il 6º titolo, suo obiettivo dichiarato così da poter eguagliare Michael Jordan.[162]

La stagione 2012-2013 si aprì con grandi aspettative per i Lakers: arrivarono le stelle Dwight Howard e Steve Nash per aiutare Bryant a vincere il 6º anello. Tuttavia le cose non procedettero come previsto e la squadra non girò, tanto che dopo 5 partite Mike Brown venne esonerato per fare spazio a Mike D'Antoni,[163][164] con cui Bryant non ebbe un bel rapporto.[165][166] In stagione Bryant dovette giocare molti più minuti del previsto nonostante avesse problemi fisici[163][167] e la squadra faticasse a integrarsi con il gioco di D'Antoni.[166][168][169] Il 30 marzo 2013 raggiunse i 31423 punti, superando Wilt Chamberlain.[170] Da marzo in poi, nonostante i problemi fisici, iniziò a giocare oltre 40 minuti per consentire al team di raggiungere i playoffs.[167][171] Il 12 aprile 2013 pagò gli sforzi profusi contro Golden State in quanto subì un grave infortunio al tendine di Achille, a seguito di un contrasto falloso con Harrison Barnes, che lo costrinse a chiudere anzitempo la stagione e che mise a rischio la sua carriera;[172] tra l'altro Bryant, seppur da infortunato, segnò i 2 tiri liberi successivi e uscì dal campo sulle sue gambe senza l'ausilio della barella.[173] Nei playoffs, con il Black Mamba assente, la squadra venne eliminata per 4-0 al primo turno dai San Antonio Spurs futuri finalisti.[163] Bryant disputò comunque un'ottima annata[174] che in seguito definì la migliore della sua carriera.[175]

Ultimi anni (2013-2016)

Bryant mentre difende su LeBron James nel febbraio 2016

Il grave infortunio condizionò Bryant nella stagione 2013-2014 in quanto giocò solamente 6 partite.[83] La stagione successiva ne giocò 35,[176] venendo nuovamente limitato dagli infortuni e giocò la sua ultima partita il 21 gennaio 2015 contro i New Orleans Pelicans, in cui Bryant tentò di rimanere in campo nonostante un forte dolore alle cuffie dei rotatori.[177] Il 14 dicembre raggiunse quota 32293 punti, superando Michael Jordan nella classifica dei realizzatori all-time, piazzandosi al 3º posto dopo Kareem Abdul-Jabbar e Karl Malone.[178]

Nonostante i problemi fisici, l'anno successivo Bryant fu disponibile sin da subito: con 25 milioni di stipendio fu il giocatore più pagato della lega, ma le sue prestazioni furono negative, onde per cui il 2 novembre lui stesso fece autocritica al riguardo.[179][180] A fronte di ciò il 29 novembre 2015, tramite una lettera dedicata alla pallacanestro rilasciata a The Player's Tribune, annunciò il suo ritiro dall'attività agonistica al termine della stagione 2015-2016.[181]

Il suo ultimo anno fu un farewell tour in quanto in ogni arena gli vennero tributati applausi e apprezzamenti, persino in quelle di squadre rivali come i Boston Celtics.[182] All'All-Star Game del 14 febbraio 2016 ci arrivò come giocatore più votato,[183] e disputò 26 minuti nonostante lui avesse chiesto all'allenatore dell'ovest Gregg Popovich di giocarne solo 10, segnando 10 punti.[184] Il 13 aprile 2016 giocò la sua ultima partita in NBA concludendo con 60 punti (miglior prestazione realizzativa per un singolo giocatore nell'anno 2015-2016) nella vittoria contro gli Utah Jazz, tirando con il 44% dal campo e stabilendo un nuovo record per punti segnati nell'ultima partita in carriera.[185][186]

Il 18 dicembre 2017 i Lakers, in suo onore, hanno ritirato sia la maglia nº8 che la nº24 con una cerimonia allo Staples Center presieduta da Magic Johnson.[8][43] In questo modo è diventato il primo giocatore nella storia dell'NBA a vedere due numeri di maglia ritirati dalla stessa squadra.[175]

Nazionale

Rifiuti, infortuni e FIBAS Americas Championship 2007

Kobe Bryant con la Nazionale statunitense a Pechino 2008

Dopo avere rifiutato le convocazioni alle Olimpiadi 2000[187] e 2004 (la seconda per problemi giudiziari)[188] e ai Mondiali 2002,[189] saltò i Mondiali 2006 per infortunio.[111] La carriera in nazionale di Bryant ebbe inizio nel 2007 in un'amichevole tra i giocatori della Nazionale statunitense in preparazione ai FIBA Americas Championship 2007 di Las Vegas.[190][191] Durante la competizione Bryant andò più volte in doppia cifra (segnando 3 ventelli)[192] e segnò anche il suo massimo di punti con il Team USA in occasione della sfida con l'Argentina vinta per 91-76 mettendone a segno 27.[193] Contro gli stessi argentini gli USA vinsero la finale per 118-81, con Bryant che realizzò solo 5 punti.[194] Nella manifestazione tenne di media 15,3 punti, non andando in doppia cifra solo in 2 occasioni nel corso della competizione.[192]

Olimpiadi 2008

Nel 2008, sotto la guida dell'allenatore di Duke Mike Krzyzewski, disputò i Giochi olimpici di Pechino 2008 nonostante dei problemi al mignolo.[195] Anche questa volta Bryant vinse la medaglia d'oro, segnando 20 punti (di cui 13 nel secondo tempo) nella combattuta finale contro la Spagna.[196] Nel torneo tenne di media 15 punti,[197] realizzandone 25 nella vittoria per 116-85 contro l'Australia.[198]

Olimpiadi 2012 e ritiro

Successivamente disputò anche i Giochi di Londra 2012.[199] Dopo un inizio in sordina con 9,4 punti di media, dai 20 punti (la maggior parte dei quali segnati nel 4º quarto) nei quarti contro l'Australia andò in doppia cifra prima nella semifinale con 13 punti contro l'Argentina e poi con 17 nella vittoriosa finale (107-100) contro la Spagna, ottenendo la terza medaglia d'oro.[200][201] Al termine della manifestazione, in cui tenne di media 12 punti,[202] annunciò il proprio ritiro dalla nazionale. Nel 2016 s'intravide per lui la possibilità di concludere la carriera con un terzo oro olimpico; tuttavia declinò l'invito.[203]

Con la nazionale disputò complessivamente 37 incontri, di cui 16 alle Olimpiadi e 10 ai FIBA Americas Championship, mettendo a referto in totale 102 assist, 86 rimbalzi e 504 punti, con una media di 13,6 punti a partita.[204][205]

Dopo il ritiro

La lettera con cui annunciò il proprio ritiro al basket nel 2015 fu convertita in un cortometraggio animato intitolato Dear Basketball (che era l'incipit della lettera originale) nel 2017 diretto da Glen Keane.[206] Nel gennaio 2018 venne annunciato che la lettera sarebbe stata candidata all'Oscar come miglior cortometraggio d'animazione;[207] il 4 marzo 2018 la pellicola vinse la statuetta, rendendo Bryant il primo sportivo in assoluto a vincere tale premio.[208] Durante i playoffs 2018 condusse il programma Detail in cui analizzava le partite della post-season.[209] Il 17 ottobre dello stesso anno venne annunciata la seconda edizione del programma a cui si aggiunse l'ex giocatore NFL Peyton Manning.[210]

Il 12 novembre 2018 pubblicò un libro intitolato The Mamba Mentality - Il mio basket, in cui parla della sua carriera oltre che di avversari da lui affrontati. Collaborarono alla stesura del libro il suo ex allenatore Phil Jackson, che scrisse l'introduzione, oltre che l'ex compagno di squadra Pau Gasol che scrisse la prefazione.[211][212] Il 15 marzo 2019 effettuò i sorteggi dei gironi per i Mondiali in Cina (di cui era ambasciatore globale insieme agli ex cestisti Dirk Nowitzki e Yao Ming).[213][214] Il 20 aprile, insieme a Wesley King, pubblicò un altro libro, intitolato The Wizenard Series: Training Camp.[215] Nel corso delle estati svolse degli allenamenti con cestisti NBA come Giannīs Antetokounmpo,[216] Russell Westbrook[217] e Kawhi Leonard.[218]

La morte

Oggetti lasciati in onore di Bryant fuori dallo Staples Center

Alle 9:06 PDT del 26 gennaio 2020, Bryant, sua figlia di tredici anni Gianna e altre sette persone decollarono dall'aeroporto della Contea di Orange-John Wayne, in California, a bordo dell'elicottero Sikorsky S-76marche N72EX di proprietà del giocatore.[219] Il velivolo precipitò a Calabasas, alle 9:47 circa, prendendo fuoco. I vigili del fuoco della contea di Los Angeles spensero l'incendio alle 10:30,[220] confermando la morte di tutti i passeggeri. Secondo i primi rapporti l'elicottero si schiantò a causa della nebbia fitta.[221]

Il 7 febbraio, al Pacific View Memorial Park di Corona del Mar in California, si è tenuto il funerale strettamente privato, dopo il quale Bryant e sua figlia sono stati sepolti.[222] Una commemorazione pubblica si è tenuta il 24 febbraio allo Staples Center a Los Angeles, dove si sono riunite persone comuni, tante personalità del mondo del basket NBA e amici di Bryant.[223] Nel corso della cerimonia si sono esibiti Christina Aguilera in Ave MariaAlicia Keys suonando al pianoforte Sonata al chiaro di luna di Beethoven e Beyoncé, con un medley di Halo e XO.[224] Quest'ultima è stata definita come una delle canzoni preferite di Bryant, a cui la cantante ha apportato delle modifiche al testo nel corso dell'esecuzione, omettendo riferimenti a schianti o alla morte presenti nei versi del brano.[225]

Fuori dal campo

Vita privata

Bryant durante un intervento a Manila nel 2009

Il suo primo nome, Kobe, fa riferimento alla pregiata qualità di carne bovina, quella che i suoi genitori mangiarono in un ristorante poco prima della sua nascita. Suo padre è l'ex cestista Joe Bryant, mentre sua madre Pamela è sorella di Chubby Cox, anch'egli ex giocatore di pallacanestro; aveva due sorelle più grandi, Sharia e Shaya,[4] mentre suo cugino John Cox è anch'egli cestista.[226]

Parlava fluentemente lo spagnolo e l'italiano,[227][228] avendo vissuto in Italia tra i 6 e i 13 anni, al seguito del padre che dopo aver lasciato l'NBA giocò per Sebastiani RietiViola Reggio CalabriaOlimpia Basket Pistoia e infine Pallacanestro Reggiana.[4] Era tifoso del Milan; la squadra gli dedicò il prepartita del match giocato contro il Torino pochi giorni dopo la sua morte.[229]

A 22 anni, il 18 aprile 2001, si sposò con Vanessa Laine.[230] Il rapporto tra i coniugi non è sempre stato idilliaco, oltre che per l'accusa di stupro del 2003 per il fatto che nel dicembre 2011 Vanessa chiese il divorzio stanca dei tradimenti del cestista;[231] tuttavia il 12 gennaio 2013 la procedura venne annullata e i due si riconciliarono.[232] Bryant e Vanessa hanno avuto quattro figlie: Natalia Diamante, nata il 19 gennaio 2003, Gianna Maria-Onore, nata il 1º maggio 2006 e deceduta il 26 gennaio 2020, nello stesso incidente che ha coinvolto il padre,[221] Bianka Bella, nata il 5 dicembre 2016, e Capri Kobe, nata il 20 giugno 2019.[233][234]

Secondo quanto riportato dalla rivista Forbes, fu il 10º sportivo più pagato del mondo nel 2014, con un guadagno di 49,5 milioni di dollari.[235]

Pubblicità e merchandising

Soprannominato Black Mamba,[87] nel 2009 firmò un accordo con Nubeo per la commercializzazione di orologi di lusso siglati "Black Mamba da collezione".[236] Dopo essere stato sotto contratto con Adidas, con la Nike creò una linea di scarpe da basket: le Nike Kobe.[237]

Protagonista di diversi spot pubblicitari per Nike, apparve inoltre in un commercial per il videogioco Call of Duty: Black Ops.[238]

L'accusa di stupro

Il 4 luglio 2003 Bryant venne arrestato: una diciannovenne allora dipendente[239] dell'Hotel Cordillera di Edwards, in Colorado, lo accusò di averla violentata.[240] Bryant confessò di aver avuto un rapporto sessuale con la ragazza, ma negò la violenza affermando che il rapporto fu consensuale.[241] Al fatto, avvenuto il 30 giugno, e all'arresto, seguì l'immediato rilascio del cestista dopo il pagamento di una cauzione di 25000 $. Il 6 agosto 2003 cominciò una serie di udienze[240] conclusasi il 27 agosto 2004[242] con un processo che vide il ritiro delle accuse da parte dei legali della ragazza, i quali decisero comunque di mandare avanti una causa civile;[241] lo stesso anno, per via dello stress derivante dalla vicenda, sua moglie Vanessa ebbe un aborto.[243]

Kobe Bryant a Taiwan per l'inaugurazione di un Nike store

In quel periodo Bryant perse alcuni dei suoi contratti, fra cui quello con la Nutella.[242] La Nike invece firmò un accordo poco prima che il giocatore venisse accusato, ma decise comunque di rispettarlo. Bryant aveva terminato in anticipo il proprio contratto con l'Adidas nell'estate 2002 e aveva passato tutta la stagione NBA seguente senza sponsorizzazione, indossando varie marche e modelli di scarpe diversi.[244]

Controversia con Karl Malone

Nel dicembre 2004 Karl Malone si rivolse alla moglie di Bryant Vanessa, dicendole: "Sono a caccia di una bella messicana". Bryant, dopo avere saputo dalla moglie quanto accaduto, ruppe la propria amicizia con Malone.[245][246] Negli anni il rapporto tra i due restò teso, tanto che Malone nel 2015 invitò pubblicamente Bryant a sfidarlo.[247]

Carriera cinematografica

Oltre ad avere vinto l'Oscar per Dear Basketball, il cestista fece alcune apparizioni sia cinematografiche che televisive: la prima fu nel 1996 nella serie TV Moesha.[248] Nel 2008 Spike Lee realizzò un film-documentario dedicato a lui intitolato Kobe Doin' Work.[249] Nel 2010 invece apparve in un episodio della serie Modern Family,[250] mentre nel 2012 entrò nel cast del film Io sono Bruce Lee sull'omonimo ex attore cinese.[251]

Impegno benefico

Fondò la Kobe Bryant China Fund per favorire l'educazione scolastica e sportiva dei ragazzi in Cina.[252][253] Nel 2011 fondò invece con sua moglie Vanessa la Kobe & Vanessa Bryant Family Foundation, che si impegna nel sociale verso i più giovani abitanti di Los Angeles in difficoltà economico-sociali.[254][255] Fu anche ambasciatore ufficiale dell'After-School All-Stars, organizzazione non-profit che provvede al doposcuola dei ragazzi di tredici stati degli Stati Uniti,[256] e in generale fu protagonista di tante altre iniziative benefiche, come quando donò un milione di dollari per aiutare i soldati a integrarsi nella vita civile dopo la guerra.[257]

Statistiche

Legenda
  PG Partite giocate   PT  Partite da titolare  MP  Minuti a partita
 TC%  Percentuale tiri dal campo a segno  3P%  Percentuale tiri da tre punti a segno  TL%  Percentuale tiri liberi a segno
 RP  Rimbalzi a partita  AP  Assist a partita  PRP  Palle rubate a partita
 SP  Stoppate a partita  PP  Punti a partita  Grassetto  Career high
Denota le stagioni in cui ha vinto il titolo
* Primo nella lega

NBA

Regular season

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1996-1997 L.A. Lakers 71 6 15,5 41,7 37,5 81,9 1,9 1,3 0,7 0,3 7,6
1997-1998 L.A. Lakers 79 1 26,0 42,8 34,1 79,4 3,1 2,5 0,9 0,5 15,4
1998-1999 L.A. Lakers 50 50 37,9 46,5 26,7 83,9 5,3 3,8 1,4 1,0 19,9
1999-2000 L.A. Lakers 66 62 38,2 46,8 31,9 82,1 6,3 4,9 1,6 0,9 22,5
2000-2001 L.A. Lakers 68 68 40,9 46,4 30,5 85,3 5,9 5,0 1,7 0,6 28,5
2001-2002 L.A. Lakers 80 80 38,3 46,9 25,0 82,9 5,5 5,5 1,5 0,4 25,2
2002-2003 L.A. Lakers 82 82 41,5 45,1 38,3 84,3 6,9 5,9 2,2 0,8 30,0
2003-2004 L.A. Lakers 65 64 37,6 43,8 32,7 85,2 5,5 5,1 1,7 0,4 24,0
2004-2005 L.A. Lakers 66 66 40,7 43,3 33,9 81,6 5,9 6,0 1,3 0,8 27,6
2005-2006 L.A. Lakers 80 80 41,0 45,0 34,7 85,0 5,3 4,5 1,8 0,4 35,4*
2006-2007 L.A. Lakers 77 77 40,8 46,3 34,4 86,8 5,7 5,4 1,4 0,5 31,6*
2007-2008 L.A. Lakers 82 82 38,9 45,9 36,1 84,0 6,3 5,4 1,8 0,5 28,3
2008-2009 L.A. Lakers 82 82 36,1 46,7 35,1 85,6 5,2 4,9 1,5 0,5 26,8
2009-2010 L.A. Lakers 73 73 38,8 45,6 32,9 81,1 5,4 5,0 1,5 0,3 27,0
2010-2011 L.A. Lakers 82 82 33,9 45,1 32,3 82,8 5,1 4,7 1.2 0,1 25,3
2011-2012 L.A. Lakers 58 58 38,5 43,0 30,3 84,5 5,4 4,6 1,2 0,3 27,9
2012-2013 L.A. Lakers 78 78 38,6 46,3 32,4 83,9 5,6 6,0 1,4 0,3 27,3
2013-2014 L.A. Lakers 6 6 29,5 42,5 18,8 85,7 4,3 6,3 1,2 0,2 13,8
2014-2015 L.A. Lakers 35 35 34.5 37,3 29,3 81,3 5,7 5,6 1,3 0,2 22,3
2015-2016 L.A. Lakers 66 66 28,2 35,8 28,5 82,6 3,7 2,8 0,9 0,2 17,6
Carriera 1346 1198 36,1 44,7 32,9 83,7 5,2 4,7 1,4 0,5 25,0
All-Star 15 15 27,6 50,0 32,4 78,9 5,0 4,7 2,5 0,4 19,3

Playoffs

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
1997 L.A. Lakers 9 0 14,8 38,2 26,1 86,7 1,2 1,2 0,3 0,2 8,2
1998 L.A. Lakers 11 0 20,0 40,8 21,4 68,9 1,9 1,5 0,3 0,7 8,7
1999 L.A. Lakers 8 8 39,4 43,0 34,8 80,0 6,9 4,6 1,9 1,3 19,8
2000 L.A. Lakers 22 22 39,0 44,2 34,4 75,4 4,5 4,4 1,5 1,5 21,1
2001 L.A. Lakers 16 16 43,4 46,9 32,4 82,1 7,3 6,1 1,6 0,8 29,4
2002 L.A. Lakers 19 19 43,8 43,4 37,9 75,9 5,8 4,6 1,4 0,9 26,6
2003 L.A. Lakers 12 12 44,3 43,2 40,3 82,7 5,1 5,2 1,2 0,1 32,1*
2004 L.A. Lakers 22 22 44,2 41,3 24,7 81,3 4,7 5,5 1,9 0,3 24,5
2006 L.A. Lakers 7 7 44,9 49,7 40,0 77,1 6,3 5,1 1,1 0,4 27,9
2007 L.A. Lakers 5 5 43,0 46,2 35,7 91,9 5,2 4,4 1,0 0,4 32,8*
2008 L.A. Lakers 21 21 41,1 47,9 30,2 80,9 5,7 5,6 1,7 0,4 30,1*
2009 L.A. Lakers 23 23 40,8 45,7 34,9 88,3 5,3 5,5 1,7 0,9 30,2
2010 L.A. Lakers 23 23 40,1 45,8 37,4 84,2 6,0 5,5 1,3 0,7 29,2
2011 L.A. Lakers 10 10 35,4 44,6 29,3 82,0 3,4 3,3 1,6 0,3 22,8
2012 L.A. Lakers 12 12 39,7 43,9 28,3 83,2 4,8 4,3 1,3 0,2 30,0
Carriera 220 200 39,3 44,8 33,1 81,6 5,1 4,7 1,4 0,6 25,6

Massimi in carriera

  • Massimo di punti: 81 vs Toronto Raptors (22 gennaio 2006)[258]
  • Massimo di rimbalzi: 16 (2 volte)
  • Massimo di assist: 17 vs Cleveland Cavaliers (16 gennaio 2015)
  • Massimo di palle rubate: 7 vs Utah Jazz (13 febbraio 2006)
  • Massimo di stoppate: 5 (3 volte)
  • Massimo di minuti giocati: 54 vs Charlotte Hornets (29 dicembre 2006)

Record

  • 25 partite con 50+ punti.[259]
  • 6 partite con 60+ punti.[260]
  • 40+ punti contro tutte le squadre partecipanti alla NBA.[261][262]

Cronologia presenze e punti in Nazionale

Cronologia completa delle presenze e dei punti in Nazionale - Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Data Città In casa Risultato Ospiti Competizione Punti Note
22-7-2007 Las Vegas Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 104 - 105 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Amichevole 26 [190]
22-8-2007 Las Vegas Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 112 - 69 Bandiera del Venezuela Venezuela Americas Ch'ship 2007 - Gironi di qual. 14 [263]
23-8-2007 Las Vegas Isole Vergini Americane Bandiera delle Isole Vergini Americane 59 - 123 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 2007 - Gironi di qual. 9 [264]
25-8-2007 Las Vegas Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 113 - 63 Bandiera del Canada Canada Americas Ch'ship 2007 - Gironi di qual. 15 [265]
26-8-2007 Las Vegas Brasile Bandiera del Brasile 76 - 113 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 2007 - 2ª fase a gironi 20 [266]
27-8-2007 Las Vegas Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 127 - 100 Bandiera del Messico Messico Americas Ch'ship 2007 - 2ª fase a gironi 21 [267]
28-8-2007 Las Vegas Porto Rico Bandiera di Porto Rico 78 - 117 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 2007 - 2ª fase a gironi 14 [268]
29-8-2007 Las Vegas Uruguay Bandiera dell'Uruguay 79 - 118 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 2007 - 2ª fase a gironi 13 [269]
30-8-2007 Las Vegas Argentina Bandiera dell'Argentina 76 - 91 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 2007 - 2ª fase a gironi 27 [270]
1-9-2007 Las Vegas Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 135 - 91 Bandiera di Porto Rico Porto Rico Americas Ch'ship 2007 - Semifinale 15 [271]
2-9-2007 Las Vegas Argentina Bandiera dell'Argentina 81 - 118 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Americas Ch'ship 2007 - Finale 5 [194]
25-7-2008 Las Vegas Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 120 - 65 Bandiera del Canada Canada Amichevole 15 [272]
31-7-2008 Macao Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 114 - 82 Bandiera della Turchia Turchia Amichevole 7 [273]
1-8-2008 Macao Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 120 - 84 Bandiera della Lituania Lituania Amichevole 13 [274]
3-8-2008 Shanghai Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 89 - 68 Bandiera della Russia Russia Amichevole 19 [275]
5-8-2008 Shanghai Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 87 - 76 Bandiera dell'Australia Australia Amichevole 13 [276]
10-8-2008 Pechino Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 101 - 70 Bandiera della Cina Cina Olimpiadi 2008 - Fase a gironi 13 [277]
12-8-2008 Pechino Angola Bandiera dell'Angola 76 - 97 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2008 - Fase a gironi 8 [278]
14-8-2008 Pechino Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 92 - 69 Bandiera della Grecia Grecia Olimpiadi 2008 - Fase a gironi 18 [279]
16-8-2008 Pechino Spagna Bandiera della Spagna 82 - 119 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2008 - Fase a gironi 11 [280]
18-8-2008 Pechino Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 106 - 57 Bandiera della Germania Germania Olimpiadi 2008 - Fase a gironi 13 [281]
20-8-2008 Pechino Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 116 - 85 Bandiera dell'Australia Australia Olimpiadi 2008 - Quarti di finale 25 [198]
22-8-2008 Pechino Argentina Bandiera dell'Argentina 81 - 101 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2008 - Semifinale 12 [282]
24-8-2008 Pechino Spagna Bandiera della Spagna 107 - 118 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2008 - Finale 20 [283]
12-7-2012 Las Vegas Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 113 - 59 Bandiera della Rep. Dominicana Rep. Dominicana Amichevole 4 [284]
16-7-2012 Washington Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 80 - 69 Bandiera del Brasile Brasile Amichevole 8 [285]
19-7-2012 Manchester Regno Unito Bandiera del Regno Unito 78 - 118 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Amichevole 5 [286]
22-7-2012 Barcellona Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 86 - 80 Bandiera dell'Argentina Argentina Amichevole 18 [287]
24-7-2012 Barcellona Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 100 - 78 Bandiera della Spagna Spagna Amichevole 6 [288]
29-7-2012 Londra Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 98 - 71 Bandiera della Francia Francia Olimpiadi 2012 - Fase a gironi 10 [289]
31-7-2012 Londra Tunisia Bandiera della Tunisia 63 - 110 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2012 - Fase a gironi 4 [290]
2-8-2012 Londra Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 156 - 73 Bandiera della Nigeria Nigeria Olimpiadi 2012 - Fase a gironi 16 [291]
4-8-2012 Londra Lituania Bandiera della Lituania 94 - 99 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2012 - Fase a gironi 6 [292]
6-8-2012 Londra Argentina Bandiera dell'Argentina 97 - 126 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2012 - Fase a gironi 11 [293]
8-8-2012 Londra Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 119 - 86 Bandiera dell'Australia Australia Olimpiadi 2012 - Quarti di finale 20 [294]
10-8-2012 Londra Argentina Bandiera dell'Argentina 83 - 109 Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti Olimpiadi 2012 - Semifinale 13 [295]
12-8-2012 Londra Stati Uniti Bandiera degli Stati Uniti 107 - 100 Bandiera della Spagna Spagna Olimpiadi 2012 - Finale 17 [201]
Totale   Presenze 37   Punti 504  

Palmarès

Club

Los Angeles Lakers: 20002001200220092010

Nazionale

Stati UnitiPechino 2008Londra 2012
Stati Uniti2007

Individuale

Premi NBA

2007-2008
20092010
2005-20062006-2007
  • Inserito nell'NBA 75th Anniversary Team

All-NBA

2001-20022002-20032003-20042005-20062006-20072007-20082008-20092009-20102010-20112011-20122012-2013
1999-20002000-2001
1998-19992004-2005
1999-20002002-20032003-20042005-20062006-20072007-20082008-20092009-20102010-2011
2000-20012001-20022011-2012

All-Star Game

200220072009 (a pari merito con Shaquille O'Neal), 2011
199820002001200220032004200520062007200820092010201120122013201420152016
1997

Record

Kobe Bryant al tiro contro Caron Butler

Record assoluti

  • Più giovane giocatore dell'All Star Game (19 anni e 175 giorni) l'8 febbraio 1998.[7]
  • Più giovane giocatore a essere stato scelto nel NBA All-Rookie Team (1996-97).
  • Più giovane giocatore ad avere vinto lo Slam Dunk Contest: (18 anni e 175 giorni) l'8 febbraio 1997.
  • Maggior numero di rimbalzi offensivi in una gara dell'All Star Game: 10, nel 2011.
  • Maggior numero di recuperi negli All Star Game: 37 (a pari merito con Michael Jordan).
  • Uno dei due giocatori della storia ad aver segnato 50 o più punti in 4 gare consecutive (l'altro è Wilt Chamberlain che è il primo essendo arrivato a 7 gare consecutive).
  • Più tiri da 3 segnati in un tempo: 8 (28 marzo 2003 vs. Washington Wizards).
  • Più tiri liberi segnati in un quarto: 14 (20 dicembre 2005 vs. Dallas Mavericks).
  • Più tiri da 3 segnati negli All-Star Game: 17.
  • Unico giocatore nella storia NBA a segnare almeno 600 punti nella postseason per tre anni consecutivi (2008, 2009, 2010).
  • Unico giocatore nella storia NBA ad aver segnato 60 punti nella sua ultima partita da professionista (13 aprile 2016 vs. Utah Jazz).

Record nei Los Angeles Lakers

  • Punti
  • Miglior realizzatore di sempre dei Los Angeles Lakers avendo superato Jerry West (2 febbraio 2010 vs. Memphis Grizzlies)[7]
  • Miglior record di punti segnati nei playoff con la franchigia californiana che era di 4457 e apparteneva a Jerry West (22 aprile 2010 vs. Oklahoma City Thunder)
  • Più punti segnati in una stagione: 2832 (2005-06)
  • Più punti in una partita: 81 (22 gennaio 2006 vs. Toronto Raptors, seconda prestazione NBA di sempre dopo i 100 di Wilt Chamberlain)
  • Più punti segnati in un tempo: 55 (22 gennaio 2006 vs. Toronto Raptors)
  • Più punti segnati in un quarto: 30 (in due occasioni)
  • Più punti segnati in un overtime di play-off: 12 (4 maggio 2006 vs. Phoenix Suns)
  • Più alta media punti in un mese: 43,4 (gennaio 2006)
  • Più partite consecutive oltre i 50 punti: 4 (2006-07)
  • Più partite con 60 o più punti in carriera: 6
  • Più partite con 50 o più punti segnati in una stagione: 10 (2006-07)
  • Più partite con 40 o più punti in carriera: 121 (terzo all time dopo Wilt Chamberlain con 271 e Michael Jordan con 173)
  • Più partite con 40 o più punti segnati in una stagione: 27 (2005-06)
  • Più partite consecutive con 40 o più punti segnati: 9 (febbraio 2003)
  • Più partite consecutive con 35 o più punti segnati: 13 (febbraio 2003, secondo assoluto dopo le serie di Wilt Chamberlain)
  • Più partite consecutive con 20 o più punti segnati: 62 (dicembre 2005 - aprile 2006)
  • Canestri realizzati
  • Tiri liberi realizzati
  • Più tiri liberi realizzati in una partita: 23 (due volte)[7]
  • Più tiri liberi realizzati in un tempo: 17 (30 gennaio 2001 vs. Cleveland Cavaliers)
  • Più tiri liberi realizzati in un quarto: 14 (20 dicembre 2005 vs. Dallas Mavericks)
  • Più tiri liberi realizzati in un quarto in una partita di play-off: 11 (8 maggio 1997 vs. Utah Jazz)
  • Più tiri liberi realizzati consecutivamente: 62 (gennaio 2006)
  • Tiri da 3 realizzati
  • Palle rubate
  • Più palle rubate in un tempo: 6[7]
  • Più palle rubate in un quarto in una partita di play-off: 3 (17 maggio 1999 vs. San Antonio Spurs)

Filmografia

Attore

Cinema

Televisione

Sceneggiatore

Cortometraggi

Programmi televisivi

Riconoscimenti

LeBron James

LeBron James
LeBron James con i Los Angeles Lakers nel 2018
     
Nazionalità Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Altezza 206 cm
Peso 113 kg
Pallacanestro 
Ruolo Playmaker / Guardia tiratrice / Ala piccola / Ala grande / Centro
Squadra L.A. Lakers
Carriera
Giovanili
1999-2003 STVM Fighting Irish
Squadre di club
2003-2010 Cleveland Cavaliers 548 (15.251)
2010-2014 Miami Heat 294 (7.919)
2014-2018 Cleveland Cavaliers 301 (7.868)
2018- L.A. Lakers 283 (7.737)
Nazionale
2004- Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti 68 (979)[1]
Palmarès
 
 Olimpiadi
Bronzo Atene 2004
Oro Pechino 2008
Oro Londra 2012
 Mondiali
Bronzo Giappone 2006
 Campionati americani
Oro Stati Uniti 2007
Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.
Statistiche aggiornate al 1° novembre 2023

LeBron Raymone James Sr. (Akron30 dicembre 1984) è un cestista statunitense, professionista nella NBA con i L.A. Lakers.

Conosciuto anche con l'acronimo LBJ e con vari soprannomi tra cui The kid from Akron (Il bambino da Akron), King James (Re James) e The Chosen One (Il prescelto),[2] è considerato uno dei migliori cestisti di tutti i tempi.[3][4][5][6][7] È il miglior marcatore della storia NBA nella stagione regolare, oltre che il secondo nelle finali dopo Jerry West. Ai playoffs detiene vari record tra cui quello di punti segnati, recuperi, rimbalzi difensivi e vittorie.[8][9][10][11]

Prima scelta assoluta al Draft NBA 2003 e nominato Rookie dell'anno nel 2004, ha vinto quattro titoli NBA (due con i Miami Heat, uno con i Cleveland Cavaliers[12] e uno con i Los Angeles Lakers) e altrettanti premi come MVP della stagione regolare e delle finali. Con la Nazionale statunitense ha partecipato a tre Olimpiadi, vincendo la medaglia di bronzo ai Giochi di Atene 2004 e la medaglia d'oro a Pechino 2008 e Londra 2012.

Biografia

James ha avuto un passato difficile: è infatti cresciuto da solo con la madre Gloria, mentre la figura del padre è avvolta nel mistero (di lui si sa solo che fu compagno, ai tempi del liceo, della donna); il non aver mai conosciuto il genitore è stato, per voce dello stesso James, una motivazione a migliorarsi costantemente[13][14]. Ha due figli e una figlia nati dalla relazione con la sua fidanzata del liceo, Savannah Brinson[15], con cui è convolato a nozze il 14 settembre 2013 a San Diego[16]: il primogenito, LeBron Jr., è nato il 6 ottobre 2004; il secondo, Bryce Maximus, il 14 giugno 2007, e l'ultimogenita, Zhuri, il 22 ottobre 2014.

James ha stipulato contratti di sponsorizzazione con diverse multinazionali tra le quali NikeSprite, Glaceau, Bubblicious, Upper Deck, McDonald, State Farm, Dunkin' Brands e Audemars Piguet[17][18][19][20]; il suo primo contratto con la Nike valeva quasi 90 milioni di dollari[21] e il rapporto con il brand dell'Oregon si è consolidato ancora di più nel 2015, quando le due parti hanno deciso di sottoscrivere un contratto che legherà James a vita con l'azienda e che secondo alcune stime porterà all'atleta un guadagno di un miliardo di dollari[22].

Lebron James nel 2010

Nel marzo 2008 è diventato il primo uomo di colore e il terzo in generale (dopo Richard Gere e George Clooney) ad apparire sulla copertina di Vogue con la supermodella Gisele Bündchen[23].

Il 29 ottobre 2008 ha raccolto quasi 20 000 persone alla Quicken Loans Arena per la visione di un corto di 30 minuti intitolato American Stories, che elogiava il candidato democratico alla presidenza e poi futuro Presidente Barack Obama.[24] In seguito Jay-Z ha condotto un concerto gratuito.

Nel 2010 è stato classificato da Forbes come il secondo atleta più influente dietro al ciclista Lance Armstrong[25] e nel 2012 è divenuto per la prima volta il più ricco cestista al mondo, superando Kobe Bryant.[26] Sempre secondo la stessa rivista, dal 2014[27] al 2022[28] ha poi continuato ininterrottamente ad essere il cestista più pagato al mondo[29][30][31][32][33][34][35] raggiungendo il podio nella lista degli sportivi più ricchi al mondo quattro volte, arrivando terzo nel 2014[27] e nel 2016[30] e secondo nel 2017[31] e nel 2022.[28] Con un guadagno complessivo di 680 milioni di euro nel decennio compreso tra il 2010 e il 2019, James è stato così classificato da Forbes quarto nella lista degli sportivi più pagati del decennio.[36]

Nel 2011 Fenway Sports Group divenne l'unico proprietario dei diritti d'immagine su James e come parte della transazione a lui e al suo manager Maverick Carter sono state concesse quote di minoranza del Liverpool[37] e, nel 2021, dei Red Sox. James appare anche sulla copertina dei videogiochi NBA 2K14[38] e NBA 2K19.

Nel 2015 è apparso nel film Un disastro di ragazza nei panni di sé stesso.[39]

James è un attivo sostenitore di molte associazioni di beneficenza, tra cui Boys & Girls Club of AmericaChildren's Defense Fund e ONEXONE.[40] Ha anche fondato una sua associazione, chiamata LeBron James Family Foundation, con sede a Akron, sua città natale.[41] È inoltre uno dei produttori del programma televisivo The Wall.[42] Il 30 luglio 2018 inaugura una scuola pubblica nella sua città natale Akron, la "I Promise School", per dare un'opportunità di studio completamente gratuita ai ragazzi che vivono in condizioni difficili.[43]

A partire da giugno del 2019 partecipa alle riprese di Space Jam: New Legends, di cui è protagonista e co-produttore: la pellicola viene distribuita nelle sale il 16 luglio 2021.

Caratteristiche tecniche

LeBron James è alto 206 cm e pesa 113 kg.[44][45] Dotato di notevole elevazione,[46][47] dopo il primo anno in cui era schierato come guardia tiratrice, ha iniziato a giocare stabilmente nel ruolo di ala piccola, venendo poi schierato, a Miami da Erik Spoelstra, che lo definisce "1-through-5" (capace di giocare in tutti e 5 i ruoli del basket), anche nel ruolo di centro e, più stabilmente, di ala grande.[48] James è considerato uno dei giocatori più versatili della storia della NBA,[49] ed è stato paragonato agli Hall of Famer Oscar RobertsonMagic Johnson e Michael Jordan[50]. Ha vinto 4 volte il premio di miglior giocatore della Lega (quarto record di sempre dopo Kareem Abdul-Jabbar, con 6 titoli, Bill Russell e Michael Jordan, con 5 titoli) ed è considerato tra i migliori cestisti nella storia di questo sport.[51]

Fin dal suo esordio in NBA, James ha migliorato il tiro di stagione in stagione e la coordinazione nei movimenti, ma la sua precisione è aumentata in particolare negli ultimi anni con i Miami Heat, anche se le percentuali di realizzazione sono cresciute di anno in anno (passando dal 41,7% nella stagione 2003-2004 al 50,3% nella stagione 2009-2010 a un massimo di 56,6% nel 2013-2014, per poi calare di nuovo col passare degli anni[52]). Nel tempo, è migliorato nel tiro dall'arco, in particolare ha percentuali migliori nelle triple dall'angolo che nel mid-range [53], ma nonostante ciò, si attesta attorno al 34%, poco sotto la media della lega. La sua abilità migliore resta la penetrazione a canestro, che è costantemente la soluzione da lui più utilizzata.[2] Si è registrato un crescente miglioramento anche come assistman e rimbalzista, il che lo rende un atleta molto efficiente sotto ogni ambito offensivo[54]: registra una media in carriera di 7,4 per i primi e di 7,4 per i secondi, cifre molto alte rispetto alla media registrata nella Lega per il ruolo di ala, conferma della completezza del giocatore, che ha totalizzato 107 triple doppie dall'inizio della carriera (59 coi Cleveland Cavaliers, 14 coi Miami Heat e 34 coi Los Angeles Lakers).[55][56] È l'unico giocatore a essere nei migliori 10 marcatori e nei migliori 10 assistmen della storia NBA e a essere nella top-20 di ogni epoca per punti, assist e palle rubate.[57][58]. La rapidità e il possente fisico lo rendono anche un eccellente difensore, in grado di cambiare agevolmente su tutte e cinque le posizioni in campo. Risulta inoltre particolarmente efficace nella stoppata in rimonta (la cosiddetta chasedown block), fondamentale per cui è particolarmente noto a livello difensivo: quella ai danni di Andre Iguodala, decisiva per la vittoria di gara7 delle Finals 2016, è entrata nella storia come "The Block", ciliegina sulla torta di quella che viene considerata la miglior performance di sempre in una serie finale, con James unico nella storia a guidare entrambe le squadre finaliste per punti, rimbalzi, assist, stoppate e palle rubate.[59][60]

Carriera

High school

Basket

James entra nel 1999 nella squadra della sua scuola superiore, la St. Vincent-St. Mary High School. Con 21 punti e 6,2 rimbalzi di media nel suo primo anno, guida la squadra a un record di 27 vittorie e zero sconfitte, concludendo la stagione con il titolo di Ohio State Division III.[61] Nel suo secondo anno guida la squadra al secondo titolo e vince inoltre il riconoscimento di Mr. Basketball for Ohio, grazie a una media stagionale di oltre 25,2 punti, 7,2 rimbalzi e quasi 6 assist a partita. L'anno successivo si ripete, conquistando nuovamente il premio di miglior giocatore dell'Ohio (primo a riuscirci da sophomore e da junior dopo 47 anni) grazie a una media di 29 punti, 8,3 rimbalzi e 5,7 assist. Pur essendo ancora al liceo, le sue partite sono seguite da 16 000 persone in media: ciò costrinse la sua scuola a chiedere l'utilizzo del palazzetto dell'università più vicina. La rivista Sports Illustrated gli dedica la copertina del numero del 18 febbraio 2002: il titolo scelto per accompagnare la foto gli vale il suo primo soprannome, The Chosen One, ossia "Il Prescelto" (che diventerà anche un suo tatuaggio sulla schiena).[62]

James considera a lungo di dichiararsi eleggibile per il Draft NBA 2002, sostenuto anche da una petizione per un adeguamento alle regole di ammissibilità del draft, per cui i giocatori dovevano aver terminato almeno l'high school.[63][64] La petizione non ha successo, ma gli garantisce un livello di attenzione dei media senza precedenti nel suo anno da senior.

La televisione americana ESPN fa conoscere James in tutto il mondo quando, all'inizio del 2003, trasmette una partita di Silicon Valley Scale Modelers contro Oak Hill Academy.[65] La diretta della partita ottiene uno share secondo solo al comeback di Michael Jordan. Conclude la quarta stagione vincendo il terzo titolo e il terzo premio di Mr. Basketball for Ohio con oltre 31 punti e 9 rimbalzi di media (con un career-high di 52 punti). Ancora diciassettenne, gli viene offerto un contratto di quattro milioni di dollari l'anno per giocare nella NBA. Partecipa a degli allenamenti con il team dei Cleveland Cavaliers, che viene per questo multato. Ma la fortuna assiste la squadra dell'Ohio quando ottiene la prima scelta assoluta alla "lotteria" del Draft NBA 2003.

Football americano

James giocava anche a football americano nel ruolo di wide-receiver per la St. Vincent-St Mary High School. Nel suo anno da sophomore venne incluso nel First Team (Top 11) dello stato, tanto da ricevere l'attenzione di alcuni college di Division I,[66] ma la sua carriera finì quando si ruppe il polso durante una partita del torneo AAU. Molti esperti e giornalisti pensano che, se avesse continuato la sua carriera nel football, sarebbe riuscito a raggiungere la NFL.[67][68][69]

NBA

Cleveland Cavaliers (2003-2010)

I primi anni nella lega e la prima Finale NBA (2004-2007)

James durante la gara contro Washington dell'aprile 2007

James viene selezionato come prima scelta assoluta al primo turno del Draft NBA 2003.[70] Esordisce nella serata d'apertura contro i Sacramento Kings mettendo a referto 25 punti, 6 rimbalzi, 4 rubate e 9 assist (massimo all'esordio per un giocatore passato direttamente dalla high-school alla NBA).[71][72] Gioca 79 partite (ne salta solo 3 per un infortunio alla caviglia) della stagione 2003-2004, mantenendo una media complessiva di 20,9 punti, 5,5 rimbalzi e 5,9 assist a partita. Diventa così la terza matricola che sia riuscita a realizzare almeno 20 punti, 5 rimbalzi e 5 assist di media al primo anno (dopo Oscar Robertson e Michael Jordan e successivamente Tyreke Evans e Luka Dončić) e viene premiato con il premio di NBA Rookie of the Year.[73] Diventa inoltre il più giovane giocatore ad aver realizzato 40 punti (41 contro i New Jersey Nets).[74] I Cleveland Cavaliers chiudono la stagione con 35 vittorie e 47 sconfitte, non riuscendo a qualificarsi per i playoffs, ma mostrando un netto segno di miglioramento generale.[75][76]

La stagione successiva si rivela deludente per i Cavaliers, che nuovamente non riescono a qualificarsi per i playoffs.[77] James diventa però il più giovane giocatore della storia della lega a realizzare una tripla doppia (19 gennaio 2005) e stabilisce il suo nuovo career-high per punti segnati: 56, in casa dei Toronto Raptors. Questo record verrà successivamente battuto da Luka Dončić nel gennaio 2019.[78] Gioca 80 partite, migliorando in quasi tutte le categorie statistiche: 27,2 punti, 7,4 rimbalzi e 7,2 assist di media, venendo incluso nel secondo quintetto All-NBA 2005.[74]

Il 2005-2006 si rivela ancora positivo per James, che segna 31,4 punti a partita (più giovane a segnare almeno 30 punti a partita) e guida i Cavs fino ai playoff. James vince l'All-Star Game MVP Award, più giovane di sempre a riuscirci (29 punti e 6 rimbalzi nella partita). Guida i Cavaliers fino al secondo turno (primo turno passato contro gli Washington Wizards segnando 35,7 punti di media, con una tripla-doppia in gara 1) dove la squadra perderà 4-3 nella serie contro i vicecampioni del 2005, i Detroit Pistons.

Nel 2006-07 le sue medie diminuiscono leggermente (27,3 punti, 6,7 rimbalzi, e 6 assist). I playoffs sono invece molto fruttuosi: Cleveland arriva in finale per la prima volta nella sua storia contro i San Antonio Spurs, avendo battuto i Washington Wizards, i New Jersey Nets e i Detroit Pistons nella finale della Eastern Conference. In gara-5 di questa serie James segna 29 degli ultimi 30 punti di squadra (e tutti gli ultimi 25), incluso il canestro decisivo a 2,2 secondi dalla fine che decreta la vittoria dei Cavaliers dopo un doppio tempo supplementare (109-107 il finale: il suo tabellino personale ammonta, a fine partita a 48 punti, 9 rimbalzi, 7 assist, 2 rubate e 2 stoppate). Il telecronista (nonché ex compagno di Michael Jordan) di TNT Steve Kerr definirà la prestazione Jordanesca.[79] Nelle Finals vengono però sconfitti dai San Antonio Spurs per 4-0.[80] James mantiene nella serie la media di 22 punti, 7 rimbalzi e 6,8 assist.[81]

I primi due titoli di MVP (2007-2010)

Il classico rituale pre-gara di James

Durante la stagione 2007-08 vince per la seconda volta il titolo di MVP dell'All-Star Game (27 punti, 8 rimbalzi e 9 assist). I Cleveland Cavaliers si qualificano ai play-off con la testa di serie numero 4 della Eastern Conference.[82] James conclude la stagione regolare conquistando il titolo di miglior realizzatore dell'NBA (unico ad avere una media superiore ai 30 punti a partita). Il 21 marzo diventa il miglior realizzatore dei Cavs, superando Brad Daugherty nella gara contro i Raptors.[83] Nel primo turno i Cavaliers eliminano i Washington Wizards, con James che realizza 32 punti in gara 1, 30 in gara 2, 34 in gara 5 e gara 6. Al secondo turno i Cavaliers affrontano i Boston Celtics di Kevin GarnettPaul Pierce e Ray Allen in una serie che si protrae fino a gara 7. Alla fine la spuntano i futuri campioni dei Celtics, nonostante James metta a referto 45 punti in gara 7, tenendo a galla fino all'ultimo i suoi Cavs; la partita termina 97-92 per Boston, guidata dai 41 punti di Paul Pierce.

Al termine della stagione 2008-09, dopo aver guidato i suoi Cleveland Cavaliers al miglior record della lega (66 vittorie e 16 sconfitte), riceve il premio di MVP della regular season (primo giocatore dei Cavs ad aggiudicarsi il riconoscimento), finisce secondo nella corsa al premio di Defensive Player of the Year ed entra nell'All-Defensive Team, grazie al suo record di 93 stoppate. Nella regular season disputa una grande partita contro i New York Knicks al Madison Square Garden, realizzando una doppia-doppia da 52 punti, 9 rimbalzi e 11 assist, secondo giocatore dopo Michael Jordan a segnare 50 punti in due occasioni nel nuovo Madison.

Nei playoff 2009, dopo aver battuto Detroit e Atlanta per 4 a 0, i Cavaliers vengono eliminati per 4 a 2 dagli Orlando Magic, nonostante le prestazioni eccellenti di James (38,5 punti, 8,3 rimbalzi e 8 assist di media). In gara 1 realizza inoltre un career-high nei Playoffs di 49 punti, con il 66% al tiro. In gara 6 lascia il campo senza stringere la mano agli avversari, gesto per il quale verrà criticato.

James effettua una reverse dunk

Dopo la sconfitta contro Orlando, James viene sottoposto a un intervento chirurgico per l'asportazione di un tumore benigno alla bocca scoperto qualche mese prima. L'operazione dura cinque ore e riesce perfettamente.[84]

Nella stagione 2009-2010 è costretto a giocare molte partite da guardia tiratrice, a causa dei numerosi infortuni della squadra. Grazie al nuovo ruolo registra un massimo di 8,6 assist di media in stagione. La franchigia guidata da James termina la regular season con 61 vittorie e 21 sconfitte (per il secondo anno di fila miglior record della NBA). Dopo il primo turno dei playoff, l'NBA assegna a James il suo secondo titolo di MVP consecutivo. Anche stavolta però, James non riesce a raggiungere l'obiettivo del titolo NBA: i Cavs vengono infatti sconfitti in semifinale dai Boston Celtics col punteggio di 4-2. James mantiene nella serie una media di 26,8 punti. In gara 5 di questa serie James gioca una delle peggiori partite della sua carriera, chiudendo con 15 punti, 20% al tiro su 14 tiri (peggior sconfitta casalinga della storia dei Cavs). In gara 6 James segna 27 punti (36% al tiro), con 19 rimbalzi e 10 assist, ma con 9 palle perse, finendo con l'eliminazione dei Cavs.

Miami Heat (2010-2014)

Sin dall'eliminazione nei playoff a opera dei Boston Celtics le voci che vogliono James via da Cleveland si rincorrono per quasi due mesi; alla fine della stagione James sarebbe infatti diventato free agent e data la situazione pare improbabile un rinnovo così tardivo con la franchigia dell'Ohio.[85] Tra le squadre papabili per il dopo-Cavaliers si segnalano esplicitamente i New York Knicks, che da tempo stavano liberando spazio salariale per un grande colpo nella free-agency 2010.[86] La decisione di James raccoglie tale attenzione mediatica al punto che l'annuncio della sua scelta viene trasmesso in uno speciale di un'ora in onda su ESPN, l'8 luglio 2010.[15][87] Già alcune ore prima della puntata si rincorrono voci che affermano che la squadra scelta sia Miami; le indiscrezioni verranno confermate da James poche ore dopo. Durante la notte le reazioni scatenate dalla scelta sono molte, a cominciare da quella di Dan Gilbert, proprietario dei Cleveland Cavaliers, che promette ai propri tifosi che Cleveland riuscirà a vincere un titolo prima che "The King" ne vinca uno. Notevole sarà il disprezzo dei suoi ex sostenitori. La decisione di James provoca un forte dissenso tra tutti gli addetti ai lavori della NBA, a cominciare da Michael Jordan e Charles Barkley, i quali lo criticano duramente. In particolare Jordan dichiara: «Non avrei mai chiamato Larry Bird e Magic Johnson per proporgli di giocare nella stessa squadra. Capisco che i tempi sono forse cambiati, non è necessariamente una cosa negativa, ma, onestamente, se fossi stato in lui avrei cercato di battere Wade e Bosh invece di giocarci assieme».[88]

James approda così in Florida in seguito a una sign and trade nella quale i Cavaliers ottengono due prime scelte al draft, utilizzabili dal 2013 al 2017, la seconda scelta 2012 che Miami aveva ottenuto dagli Hornets e una seconda scelta futura che gli Heat avevano acquisito da Oklahoma City.[87] Cleveland ottiene anche il diritto di scambiare la sua prima scelta con quella di Miami nel Draft del 2012 e una trade exception di circa 16 milioni di dollari, ovvero potranno ingaggiare uno o più giocatori con un monte salari totale di tale cifra senza dover tagliare altri stipendi[89][90].

Il primo anno a Miami (2010-2011)

James con la maglia dei Miami Heat assieme a Dwyane Wade nel dicembre 2010

All'NBA All Star Game 2011, James realizza 29 punti, 12 rimbalzi e 10 assist, diventando il secondo giocatore della storia a realizzare una tripla doppia all'All Star Game dopo Michael Jordan.[91]

Alla fine della stagione regolare Miami chiude al secondo posto a East e James conclude la stagione con 26,7 punti a partita, 7 assist, 7,5 rimbalzi e 1,6 recuperi, diventando il settimo giocatore della storia NBA (e il più giovane) a segnare più di 2000 punti in sette stagioni consecutive. Viene poi incluso nell'All-NBA First Team e nel NBA All-Defensive Team della lega. Nei playoff, dopo aver superato i Philadelphia 76ers e i Boston Celtics, gli Heat centrano le finali di Conference contro i Chicago Bulls. La serie inizia con una vittoria dei Bulls, ma grazie a una eccezionale difesa di James su Derrick RoseMiami riuscirà a vincere le successive quattro partite, vincendo la serie per 4-1. In finale NBA gli Heat ritrovano i Dallas Mavericks, così come accaduto nelle NBA Finals 2006; a vincere questa volta sono proprio i Mavs, nonostante gli Heat fossero avanti 2-1 nella serie. James mantiene solo 17,8 punti di media (8,9 punti in meno rispetto alla regular season, massimo nella storia) e solo 3 punti di media nel 4 quarto.[49]

I due titoli NBA e gli altri due MVP (2011-2013)

Nella stagione 2011-12 gli Heat si confermano al secondo posto della Eastern Conference; James mantiene le cifre di 27,1 punti a partita, 7,9 rimbalzi, 6,2 assist e 1,9 recuperi. Per la terza volta viene nominato MVP stagionale.

Nelle Finali NBA, raggiunte col contributo di un James in grande spolvero (in particolare nella decisiva gara 6 contro i Boston Celtics in finale di Conference, chiusa con 45 punti, 15 rimbalzi e 5 assist e una percentuale al tiro del 73%), gli Heat sconfiggono gli Oklahoma City Thunder per 4-1. In gara 4 realizza la tripla che spacca la partita, nonostante fosse bloccato dai crampi alle gambe, mentre nella decisiva gara 5 James mette a referto una tripla doppia, diventando per la prima volta in carriera campione NBA. Viene quindi eletto per la prima volta NBA Finals Most Valuable Player[92]. Dopo la conquista del titolo NBA da parte degli Heat, l'ex stella NBA Larry Bird ha dichiarato che James dovrebbe essere considerato come uno tra i migliori giocatori della storia[93].

Il 3 gennaio 2013 gli viene assegnato il titolo di "Miglior giocatore statunitense dell'anno", un nuovo riconoscimento assegnatagli dalla USA Basketball, iscrivendo il suo nome nell'albo d'oro in cui figuravano Michael JordanShaquille O'Neal e Kevin Durant.[94]

James durante la parata celebrativa del titolo 2012

Il 16 gennaio 2013 contro i Golden State Warriors diventa il più giovane giocatore a raggiungere 20 000 punti in carriera e i 5000 assist serviti ai compagni.[95]

Lebron James nel 2010 contro i Washington Wizards

Nel corso della stagione gli Heat vincono 27 gare di fila, seconda striscia vincente più lunga della storia dell'NBA. James conclude la regular season con la media di 26,8 punti, 8,0 rimbalzi, 7,3 assist e 1,7 recuperi: per lui è la migliore stagione in carriera per rimbalzi a partita (8,0), percentuale dal campo (56,5%) e da tre punti (40,6%). Per la quarta volta viene nominato MVP stagionale, non riuscendo per un solo voto a ricevere l'unanimità.[96] Successivamente, il 14 maggio, viene inserito per la quinta volta consecutiva nell'NBA All-Defensive Team.

Ai playoffs arrivano nuovamente a giocare le Finals, questa volta contro i San Antonio Spurs, dopo aver superato i Bucks, i Bulls e i Pacers.[97] James mette a segno una tripla doppia in gara 1 (18 punti, 10 assist e 18 rimbalzi) e in gara 6 (32 punti, 11 assist, 10 rimbalzi) riuscendo così a realizzare quattro triple doppie in tre Finali NBA consecutive. La serie si protrae fino a gara 7, dove Miami vincerà per 95-88, in cui James mette a referto 37 punti, 12 rimbalzi e 4 assist, oltre a segnare il jumper decisivo. James viene quindi eletto MVP delle Finals 2013 all'unanimità, dopo aver mantenuto le medie di 25,3 punti, 10,9 rimbalzi, 7,0 assist e 2,3 recuperi in 43,0 minuti a partita.[98]

L'ultima stagione con gli Heat (2013-2014)

Il 3 marzo 2014, nella partita casalinga contro i Bobcats, James realizza 61 punti con 22/33 al tiro e 8/10 al tiro da tre: tale prestazione gli permette di superare il suo precedente record di 56 punti risalente al 2005 (contro i Toronto Raptors) ai tempi dei Cleveland Cavaliers, ma soprattutto stabilisce il nuovo massimo di punti segnati in una singola partita di regular season da un giocatore dei Miami Heat, battendo il precedente record di Glen Rice di 56 punti che risaliva al 15 aprile 1995.[99] Conclude la regular season con la media di 27,1 punti, 6,9 rimbalzi, 6,4 assist e 1,6 recuperi.

Il 6 maggio 2014, nella partita casalinga contro i Brooklyn Nets, James diventa il più giovane giocatore nella storia della NBA a raggiungere i 4000 punti in carriera nei playoffs, traguardo raggiunto in 143 partite. James è anche diventato il terzo giocatore della storia a segnare almeno 4000 punti, 900 rimbalzi e 900 assist ai playoffs; prima di lui solo Michael Jordan e Kobe Bryant ci sono riusciti.[100] Il 12 maggio 2014, nella partita contro i Brooklyn Nets, James realizza 49 punti e stabilisce il nuovo massimo di punti segnati in una singola partita dei playoffs per un giocatore degli Heat.[101] Il 26 maggio 2014, nella partita contro gli Indiana Pacers, supera Michael Jordan e diventa il giocatore nella storia dei playoff con più partite con almeno 25 punti, 5 rimbalzi, 5 assist (74). Nel giugno 2014 James affronta la quarta finale NBA consecutiva, dopo aver battuto i Bobcats, i Nets e gli Indiana Pacers,[102] perdendo per 4-1 contro i San Antonio Spurs nonostante le ottime statistiche di James (28,2 punti, 7,8 rimbalzi, 4 assist e 2 recuperi di media nella serie).[103]

Il ritorno a Cleveland (2014-2018)

La sconfitta in finale (2014-2015)

Lebron James nel 2016 in una gara contro i Philadelphia 76ers

Dopo non essersi avvalso della player option di fine contratto, con la quale avrebbe potuto prolungare lo stesso di un anno supplementare, firmando al massimo salariale con Miami, l'11 luglio 2014 James annuncia, tramite una lettera inviata a Sports Illustrated,[15] il suo ritorno ai Cleveland Cavaliers, dopo aver firmato un contratto triennale con un'opzione per il giocatore allo scadere dello stesso, sempre al massimo salariale[104]. Poche ore dopo gli stessi Cavaliers ufficializzano l'arrivo del giocatore.[105] James sceglie il numero 23 (numero che usò alla High School e durante la sua militanza nei Cavs dal 2003 al 2010). A Cleveland trova una squadra nel cui roster sono presenti gli All Star Kevin Love (arrivato anche lui quell'estate) e Kyrie Irving. Supera poi la soglia dei 24 000 punti diventando il più giovane giocatore a farlo precedendo Kobe Bryant di circa un anno (Bryant aveva superato la soglia ai 31 anni, James a 30 anni e 17 giorni). Il 24 febbraio 2015, nella partita contro i Detroit Pistons, realizzando 11 assist diventa il miglior assist-man nella storia della NBA nel ruolo di ala piccola con 6 142 assist, superando Scottie Pippen (6 135 assist). I Cleveland Cavaliers approdano ai playoff NBA con il secondo miglior record nella Eastern Conference (53-29). James conclude la stagione con una media di 25,3 punti, 6 rimbalzi e 7,4 assist.

In palleggio contro gli Wizards

Superati facilmente al primo turno i Boston Celtics (con infortunio di Kevin Love alla spalla in gara 4), I Cavs giungono al secondo turno, dove si trovano di fronte i Chicago Bulls.

L'8 maggio, durante gara 3, James diventa il quarto miglior assistman di sempre nella storia dei playoffs NBA (1073), superando Steve Nash. Il 10 maggio James mette a segno il buzzer beater in gara 4 (il suo terzo nei Playoff, come Michael Jordan), regalando una vittoria ai Cavs con il risultato di 86-84 e pareggiando la serie sul 2-2. Con la sua prestazione in gara 5 della stessa serie (38 punti, 12 rimbalzi, 6 assist, 3 stoppate e 3 palle rubate), entra nella storia NBA divenendo il terzo giocatore di sempre in una partita dei playoffs NBA a effettuare almeno 35 punti, 10 rimbalzi, 5 assist, 3 stoppate e 3 rubate. I Cavaliers passano il turno 4-2.

In finale di conference affrontano gli Atlanta Hawks. In gara 3 sale al secondo nella classifica per triple-doppie realizzate nei Playoffs NBA, superando Jason Kidd, grazie a una prova da 37 punti, 18 rimbalzi e 13 assist. I Cavs battono 4-0 gli Atlanta Hawks, con James che conclude la serie con 32 punti di media, più di 10 rimbalzi e più di 9 assist di media (unico nella storia), raggiungendo in finale i Golden State Warriors.

In gara 1 delle NBA Finals 2015 realizza 44 punti, 8 rimbalzi e 6 assist nella sconfitta contro gli Warriors per 108-100 all'overtime, nella quale si infortuna Kyrie Irving.[106] Nel corso della serie raggiunge Oscar Robertson a 8 partite con almeno 30 punti, 10 rimbalzi e 10 assist nei Playoff. Nonostante le medie eccellenti di James (35,8 punti, 13,3 rimbalzi e 8,8 assist, segnando o assistendo per 57,7 punti per partita e diventando l'unico giocatore nella storia delle Finals a guidare entrambe le squadre in punti, rimbalzi e assist totali) e due triple doppie in gara 2 e in gara 5, Cleveland, pur essendo stata avanti 2-1 nella serie, perde la seconda finale su due, col punteggio di 2-4. James riceve 4 voti per il premio di MVP delle Finals, che va ad Andre Iguodala.[107]

Il terzo titolo (2015-2016)

Contro Harrison Barnes in gara 6 delle Finali 2016

Nel corso della stagione 2015-2016 consegue diversi traguardi, diventando il più giovane giocatore a raggiungere 26,000 punti in carriera a 31 anni e 30 giorni nella partita contro i Detroit Pistons, nella quale diventa anche il secondo giocatore dopo Oscar Robertson a figurare nella top-20 all-time in punti e assist, e superando numerosi giocatori nella classifica all-time per punti segnati, arrivando all'undicesimo posto;[108] per assist, arriva al diciottesimo posto (superato Muggsy Bogues),[109] per rimbalzi, balzando al 99º posto e per palle rubate, supera Gus Williams al 25º posto. Grazie a questi numeri diventa così l'unico giocatore a essere nella top-25 all-time per punti, assist e palle rubate. Supera anche Wilt Chamberlain al 16º posto nella classifica all-time per tiri liberi realizzati (6 061 al tempo per James, 6 057 per Chamberlain). Diventa inoltre il miglior marcatore dell'NBA All Star Game superando Kobe Bryant, grazie ai suoi 13 punti. Finisce la stagione tenendo le medie di 25,3 punti, 7,4 rimbalzi e 6,8 assist a partita, tirando con il 52% dal campo e il 31% da tre. Batte così il record per numero di stagioni consecutive a più di 25 punti di media, arrivando a 12,[110] e arriva terzo nella corsa al premio di MVP della regular season, dietro Stephen Curry e Kawhi Leonard.[111] Viene inoltre incluso nel primo quintetto all-NBA per la stagione 2015-2016, traguardo raggiunto per la decima volta nelle ultime tredici stagioni.[112]

Nel corso della postseason supera Tim Duncan e Shaquille O'Neal rispettivamente al quinto e al quarto posto nella lista dei migliori marcatori dei Playoffs, diventando l'unico giocatore a essere nella top-five all-time della postseason in punti, assist e palle rubate, e Jason Kidd al terzo posto nella classifica dei migliori assistmen nella storia della postseason.[113] Dopo aver battuto i Pistons e gli Hawks per 4-0, incontrano in finale di Conference i Toronto Raptors. In gara 2 realizza la sua quindicesima tripla-doppia nei Playoff, dietro solo a Magic Johnson.[114] In gara 6 supera Michael Jordan per numero di serie di playoff consecutive con almeno una partita vinta in trasferta (25)[115] e Paul Pierce per triple segnate nei playoff (salendo al sesto posto)[116]; riesce quindi a raggiungere le Finals per la sesta volta consecutiva[117] (unico a riuscirci dal 1967 insieme al suo compagno di squadra James Jones[118], unici non Celtic a farlo, e unico insieme a Dennis Rodman a raggiungere le Finals tre volte con due squadre diverse[119]), dopo aver eliminato i Raptors per 4-2.

Lebron James nel 2017, mentre effettua un passaggio a Kyrie Irving

Le Finals vedono il rematch dell'anno precedente, con i Cavaliers di nuovo di fronte agli Warriors, reduci dal miglior record in stagione regolare di sempre (73-9).[120] In gara 1, che vede la sconfitta di Cleveland, James supera Larry Bird al decimo posto nella classifica dei migliori rimbalzisti di sempre nei Playoff, diventando l'unico giocatore nella storia della postseason a essere nella top-10 in punti, assist, palle rubate, rimbalzi e vittorie.[121] Supera inoltre Robert Horry per maggior numero di triple segnate nella storia delle Finals.[122] In gara 2, persa con uno scarto di 33 punti, supera John Stockton al quarto posto per palle rubate nei Playoff.[123] Cleveland si riprende in gara 3, nella quale James, grazie a una prestazione da 32 punti, 11 rimbalzi e 6 assist, supera Kobe Bryant al decimo posto per punti segnati nelle Finals.[124] Grazie a un margine di 30 punti, i Cavaliers diventano l'unica squadra a perdere una partita di almeno 30 punti e vincere la successiva di almeno 30 punti. Gara 4 si rivela invece deludente per i Cavs, che, avanti fino al quarto quarto, soccombono nel finale di gara, finendo sotto nella serie per 3-1. In gara 5 la franchigia dell'Ohio accorcia le distanze sul 3-2, guidata dai 41 punti, 16 rimbalzi e 7 assist di James e dai 41 punti, 3 rimbalzi e 6 assist di Kyrie Irving; i due diventano così la prima coppia di compagni di squadra a segnare entrambi almeno 40 punti nella stessa partita di Finale. James diventa dunque il primo giocatore dal 2001 a realizzare almeno 40 punti, 15 rimbalzi e 5 assist e supera Magic Johnson al nono posto nella lista dei migliori marcatori nella storia delle Finals.[125] Supera inoltre Michael Jordan per numero di partite con almeno 20 punti nei Playoff (174). I Cavaliers pareggiano la serie in gara 6 (terza squadra di sempre ad arrivare a gara 7 dopo essere stata sotto per 3-1 e prima in cinquant'anni), con James che, realizzando 41 punti, diventa il quinto giocatore a segnare almeno 40 punti in due partite consecutive di Finale. Raggiunge inoltre il settimo posto nella lista dei migliori marcatori delle Finals, superando John Havlicek e Tom Heinsohn.[126] In gara 7, grazie ai 27 punti, 11 assist e 11 rimbalzi di James (terzo giocatore di sempre a realizzare una tripla doppia in gara 7 dopo Jerry West e James Worthy), i Cavs vincono l'anello per la prima volta nella loro storia, conquistando un titolo che negli sport professionistici statunitensi per una franchigia della città di Cleveland mancava da 52 anni.[120] Durante il match James si rende protagonista di diverse giocate decisive, tra cui la stoppata compiuta a circa 2 minuti dal termine ai danni di Andre Igoudala, subito ribattezzata "The Block".[127] Cleveland diventa la prima squadra della storia a vincere il titolo NBA dopo essere stata sotto 3-1 nella serie finale e la prima squadra a vincere gara 7 in trasferta dalle Finals 1978. James viene inoltre nominato, all'unanimità, MVP delle Finals per la terza volta nella sua carriera (raggiungendo Shaquille O'NealTim Duncan e Magic Johnson a pari merito dietro il solo Michael Jordan, e diventando l'unico giocatore, insieme a Kareem Abdul-Jabbar, a vincere il trofeo di miglior giocatore con due squadre diverse), mantenendo le medie di 29,7 punti, 11,3 rimbalzi, 8,9 assist, 2,6 recuperi e 2,3 stoppate a partita, tirando con il 49,4% dal campo e il 37,1% da tre e guidando entrambe le squadre in tutte le cinque categorie statistiche principali (ovvero punti, assist, rimbalzi, palle rubate e stoppate), unico a farlo nella storia dei Playoff.[128][129] Per questo motivo, la prestazione di James nella serie è considerata da molti la migliore nella storia delle NBA Finals.[130][131]

A fine stagione rifirma, senza alcuna sorpresa, con i Cavs un contratto triennale (con player option per il terzo anno) a 100 milioni di dollari, diventando il cestista più pagato della storia NBA.[132]

La settima finale NBA e la sconfitta con Golden State (2016-2017)

Lebron mentre effettua una schiacciata nella vittoria sui New York Knicks

A inizio stagione supera Brad Daugherty, diventando leader all-time per rimbalzi difensivi catturanti con la maglia dei Cavs. Successivamente supera anche Hakeem OlajuwonElvin HayesMoses Malone e Shaquille O'Neal rispettivamente al decimo, al nono, all'ottavo e al settimo posto nella lista dei migliori marcatori della storia NBA[133] e diventa il più giovane a segnare 27 000 e 28 000 punti nella storia NBA. Nel mese di dicembre diventa l'unico giocatore della storia NBA con almeno 27 000 punti, 7000 assist e 7000 rimbalzi in carriera. Viene poi nominato per la tredicesima volta consecutiva all'All Star Game e raggiunge i 20 000 punti con la maglia dei Cavs (primo giocatore della franchigia a riuscirci e quarto della storia). Nel mese di febbraio fa registrare 17 assist nella partita con gli Washington Wizards, nuovo massimo in carriera, che gli permettono di superare Lenny Wilkens al 13º posto nella lista dei migliori passatori all-time.[134] Nella stessa partita diventa inoltre il primo giocatore nella storia NBA a essere nella top 20 per punti, assist e recuperi (superando Magic Johnson al 20º posto della classifica all-time di quest'ultimi).[135] Per la prima volta nella sua carriera, inoltre, raggiunge la doppia cifra in triple-doppie realizzate in stagione, realizzandone 13.[136]

Finisce la stagione giocando 74 partite con le medie di 26,4 punti, 8,6 rimbalzi e 8,7 assist (questi ultimi due massimo in carriera),[2] il 55% dal campo e il 36% da tre, diventando l'unico giocatore a tenere almeno 25 punti di media per 13 stagioni[137] consecutive e portando i Cavs al secondo posto della Eastern Conference. Finisce poi quarto nella corsa al premio di MVP, vinto da Russell Westbrook.[138]

Nei Playoff infrange numerosi record. In gara 3 contro i Pacers al primo turno diventa il secondo giocatore dopo Oscar Robertson a realizzare almeno due triple doppie da 40 punti nei Playoff, e realizza il suo massimo in punti segnati o assistiti (73),[139] mentre il 25 maggio, nella quinta partita valevole per le finali della Eastern Conference, con una prestazione da 35 punti diviene il migliore marcatore nella storia dei playoff, superando Michael Jordan[140] e successivamente Manu Ginobili al terzo posto per triple segnate. Dopo aver battuto gli Indiana Pacers e i Toronto Raptors per 4-0 e i Boston Celtics per 4-1, i Cleveland Cavaliers accedono alle Finals per affrontare per la terza volta consecutiva i Golden State Warriors (mai successo prima nella storia NBA): è l'ottava finale raggiunta da James in carriera, nonché la settima di fila,[141] che lo rende anche l'unico giocatore ad aver raggiunto le Finals quattro volte con due squadre diverse. James disputa ancora una volta delle Finals eccellenti, diventando l'unico giocatore nella storia dell'NBA a chiuderle con una tripla-doppia di media.[142] Ciononostante, Golden State, guidata dal nuovo arrivato Kevin Durant, chiude la serie sul 4-1, infliggendo a James la sua quinta sconfitta nella serie per il titolo. Nel corso delle Finals 2017, James è diventato l'unico giocatore a segnare 6000 punti nei Playoff, il secondo per triple segnate (superando Reggie Miller)[143] e il primo per rimbalzi difensivi catturati nella postseason (superando Tim Duncan); inoltre, James ha superato rispettivamente Magic Johnson per triple-doppie realizzate (toccando quota 9 e stabilendo un nuovo record)[144] e Michael Jordan per punti segnati nelle finali NBA (salendo al terzo posto).[145]

L'addio di Irving e l'ottava finale consecutiva (2017-2018)

Mentre effettua un layup contro i Brooklyn Nets

Nella off-season i Cavs si vedono costretti a cedere Kyrie Irving ai Boston Celtics, in cambio di Isaiah ThomasJae CrowderAnte Žižić e una seconda scelta nel Draft 2020.[146] La stagione si rivela molto complessa per i Cavaliers, soprattutto a seguito del rientro a gennaio di Thomas, i cui problemi di alchimia con James sembrano chiari dall'inizio. La dirigenza dei Cavs decide di rivoluzionare il roster a febbraio, cedendo lo stesso Thomas e Crowder e acquistando George HillRodney HoodJordan Clarkson e Larry Nance. La squadra migliora soprattutto difensivamente, terminando al quarto posto nella Eastern Conference. James disputa nuovamente una regular season eccellente: gioca tutte e 82 le partite per la prima volta nella sua carriera, mantiene le medie di 27,5 punti, 8,6 rimbalzi e 9,1 assist a partita[147], arriva secondo nella corsa al premio di MVP[148] e viene nominato per la dodicesima volta consecutiva nel First Team All-NBA (battendo il record di Kobe Bryant e Karl Malone).[149] Vince inoltre il premio di MVP dell'All Star Game per la terza volta in carriera (dopo esser stato convocato alla manifestazione per la quattordicesima volta consecutiva come titolare, infrangendo il record di Bob Cousy)[150], diventa il più giovane giocatore di sempre a raggiungere 30 000 punti in carriera[151] e l'unico con almeno 30 000 punti, 8000 rimbalzi e 8000 assist[152], realizza il suo career-high in punti con la maglia dei Cavs (57 contro i Washington Wizards) e in assist (19 contro gli Atlanta Hawks), supera Larry Bird al sesto posto per numero di triple-doppie in carriera (60 al tempo)[153] e successivamente Michael Jordan per numero di partite consecutive di regular season con almeno 10 punti a referto (867 al tempo del record).[154]

Durante i Playoff diventa primo per palle recuperate, superando Scottie Pippen, nonché sesto per rimbalzi catturati nella postseason, superando Karl Malone.[155] I Cavs superano con difficoltà i Pacers in 7 gare, mentre spazzano via i Raptors in 4. In Finale di Conference i giovani Celtics, guidati dal rookie Jayson Tatum ma privi di Irving per un infortunio al ginocchio[156], si rivelano un duro ostacolo per i Cavs, che grazie alle prestazioni di James in gara 6[157] e 7[158] riescono comunque a raggiungere la loro quarta finale consecutiva (ancora contro Golden State), l'ottava per James.[159] Con i 35 punti segnati proprio contro Boston in gara 7, James diventa il giocatore con più gare 7 da 30 o più punti nella storia dei Playoffs.[160] Nelle Finali Cleveland viene sconfitta in quattro gare, nonostante James mantenga di media 34 punti, 10 assist e 8,5 rimbalzi. James realizza in gara 1 il suo massimo in carriera ai Playoff con 51 punti, diventando l'unico giocatore nella storia delle Finals a segnare almeno 50 punti a uscire sconfitto dalla partita. Supera poi Kareem Abdul-Jabbar al secondo posto per punti segnati nelle Finals[161]Michael Jordan al primo posto per partite da almeno 30 punti nei Playoffs e nuovamente Kareem Abdul-Jabbar al quarto posto per partite di Playoffs giocate.[162] Dopo gara 4 James dichiarerà di aver giocato le ultime tre partite della serie con un infortunio alla mano destra, a causa di un pugno scagliato contro una lavagnetta in spogliatoio dopo la sconfitta in gara 1.[163]

Los Angeles Lakers (2018-)

Il 30 giugno 2018 esce dal suo contratto con i Cavaliers per testare la free agency. Il 2 luglio 2018, dopo appena 24 ore dall'apertura del mercato, e dopo aver ascoltato le proposte di Cavaliers e Los Angeles Lakers, decide di lasciare la squadra dell'Ohio per accasarsi nella città degli angeli, firmando un contratto quadriennale di 154 milioni di dollari.[164]

James nel 2018 con John Wall dei Washington Wizards

L'esclusione dai Playoff (2018-2019)

La stagione si rivela estremamente complicata, a causa di infortuni e problemi di alchimia (specialmente dopo i rumor su un possibile arrivo di Anthony Davis).[165][166][167][168] I Lakers non riescono a qualificarsi ai playoff per la sesta stagione consecutiva, mentre James interrompe la sua striscia di quattordici partecipazioni consecutive alla postseason e di otto alle Finals. Durante la stagione, nella quale tiene le ottime medie di 27,4 punti, 8,5 rimbalzi e 8,3 assist, viene scelto come titolare per la quindicesima volta consecutiva e come capitano, insieme a Giannīs Antetokounmpo, per l'All Star Game di Charlotte[169], oltre a essere incluso nel terzo quintetto All-NBA. James infrange nuovamente numerosi record. Supera Dirk NowitzkiWilt Chamberlain e Michael Jordan nella classifica all-time per punti segnati nella NBA (diventando il quarto miglior realizzatore di sempre)[170][171][172], e Kobe Bryant per canestri segnati in carriera[173], diventa il più giovane di sempre a raggiungere i 32 000 punti segnati in carriera[174] l'unico giocatore nella top-10 di sempre in punti e assist[175], il quinto di sempre a realizzare almeno 50 punti con tre squadre diverse[176] e, con il compagno Lonzo Ball, solamente la nona coppia nella storia NBA a realizzare una tripla-doppia nella stessa partita (la seconda coppia di giocatori dei Lakers dopo Magic Johnson e Kareem Abdul-Jabbar nel 1982).[177]

L'arrivo di Anthony Davis e il quarto titolo (2019-2020)

Galvanizzati dall'arrivo nell'offseason di Anthony Davis e di veterani del calibro di Danny Green e Avery Bradley, i Lakers disputano una stagione regolare di assoluto livello, chiusa al primo posto nella Western Conference. James disputa l'ennesima eccellente stagione, guidando per la prima volta l'intera lega in assist a partita (grazie soprattutto all'immediata intesa con Davis), e chiudendo con 25,3 punti (16ª stagione consecutiva con almeno 25 punti di media), 7,8 rimbalzi e 10,2 assist a partita, con il 49,3% dal campo, venendo nominato nel primo quintetto All-NBA della stagione (16ª selezione in un All-NBA team, massimo nella storia)[178] e finendo al secondo posto nella corsa al premio di MVP (dietro a Giannis Antetokounmpo).[179] Durante la stagione James supera Jerry West al settimo posto per tiri liberi realizzati in carriera[180], diventa l'unico giocatore della storia NBA ad aver realizzato una tripla-doppia contro ogni squadra della lega[181] e il più giovane giocatore di sempre a raggiungere i 33 000 e i 34 000 punti realizzati in carriera.[182] A dicembre viene nominato dall'Associated Press atleta maschile del decennio, battendo campioni del calibro di Lionel MessiMichael Phelps e Tom Brady.[183] Il 25 gennaio supera Kobe Bryant al terzo posto nella classifica dei migliori marcatori di sempre,[184] un giorno prima della tragica morte dello stesso Bryant.[185] James viene inoltre nominato capitano, insieme a Giannīs Antetokounmpo, dell'All Star Game per la terza volta consecutiva,[186] diventando inoltre il giocatore con più presenze da titolare nella partita delle stelle (16).[187]

Al primo turno dei Playoff i Lakers incontrano i Portland Trail Blazers di Damian Lillard. In gara 1, nonostante la sconfitta, James realizza 23 punti, 17 rimbalzi e 16 assist, diventando il primo giocatore della storia a realizzare almeno 20 punti, 15 rimbalzi e 15 assist in una partita di postseason.[188] Dopo un'agevole vittoria in gara 2, i Lakers si confermano in gara 3, dove James, grazie alle quattro triple realizzate, supera Klay Thompson al terzo posto per triple realizzate nella storia dei Playoff. Grazie alla vittoria, James scavalca inoltre Tim Duncan al secondo posto per vittorie nella postseason.[189][190] I Lakers si impongono anche in gara 4, dove James, grazie ai 30 punti realizzati, diventa il primo giocatore nella storia a superare la soglia dei 7000 punti segnati nella postseason.[191] I Lakers chiudono la pratica in gara 5, dove James (36 punti) e Anthony Davis (43) diventano la prima coppia nella storia dei Playoff a segnare entrambi almeno 35 punti entrambi con il 70% dal campo.[192] Al secondo turno i Lakers si trovano di fronte gli Houston Rockets degli All-Star James Harden e Russell Westbrook. Dopo la sconfitta di gara 1, i gialloviola tornano alla vittoria in gara 2, dove James sale al secondo posto per triple realizzate nella storia dei Playoff (superando Ray Allen), e al primo per vittorie nella storia della postseason, pareggiando il record di Derek Fisher.[193][194] Con la vittoria in gara 3, James supera definitivamente Fisher, diventando quindi leader assoluto per vittorie ai Playoff (162).[195][196] I Lakers chiudono la pratica in cinque partite, avanzando alle Finali di Conference, dove trovano di fronte i Denver Nuggets di Jamal Murray e Nikola Jokić. Los Angeles chiude la serie in cinque gare, avanzando per la prima volta dal 2010 alle Finali.[197] James raggiunge la decima finale in carriera (la nona in dieci anni), quarto giocatore di sempre a fare ciò (dopo Kareem Abdul-JabbarSam Jones e Bill Russell).[198] Nell'ultimo atto i Lakers trovano di fronte i Miami Heat, l'ex squadra di James, guidati da Jimmy Butler e Bam Adebayo. Nella larga vittoria di gara 1 (50ª gara di finale per James, uno dei sette giocatori nella storia a riuscirci), James e Anthony Davis diventano la prima coppia di giocatori dei Lakers dal 2004 (quando ci riuscirono Kobe Bryant e Shaquille O'Neal) a realizzare almeno 25 punti a testa (25 e 34, rispettivamente) in una gara di finale.[199] James supera inoltre Michael Jordan e Elgin Baylor al quinto posto per tiri liberi segnati nelle Finali NBA.[200] Los Angeles si ripete in gara 2, dove James supera Magic Johnson al sesto posto per partite giocate nelle Finals e Kareem Abdul-Jabbar al quarto posto per rimbalzi catturati.[201][202] Nella sconfitta di gara 3, James supera John Stockton al secondo posto per assist nella storia dei Playoff.[203] I Lakers tornano alla vittoria in gara 4, arrendendosi però a Miami in gara 5, dopo una gara all'ultimo respiro, nonostante i 40 punti, 13 rimbalzi e 7 assist di James.[204] I Lakers chiudono la pratica in gara 6,[205] vincendo il loro 17º titolo, il quarto per James, che viene anche nominato MVP delle Finali (sempre per la quarta volta in carriera). James diventa così il primo giocatore della storia a vincere il premio di MVP delle Finali con tre squadre diverse,[206] e supera Derek Fisher al primo posto per partite disputate nella storia dei Playoff.[207]

Infortuni e uscita al primo turno (2020-2021)

A causa di un infortunio alla caviglia procuratogli da Solomon Hill, James è costretto a saltare 27 partite, massimo in carriera in una singola stagione.[208] I Lakers chiudono al settimo posto nella Western Conference, qualificandosi per il play-in. James disputa comunque una stagione di alto livello, chiudendo con 25 punti, 7,7 rimbalzi e 7,8 assist di media a partita con il 51% dal campo e infrangendo nuovamente numerosi record. Ad inizio stagione James diventa il primo giocatore della storia NBA a segnare almeno 10 punti in 1000 partite consecutive,[209] superando inoltre Derek Fisher all'ottavo posto per maggior numero di vittorie[210] e Wilt Chamberlain al terzo posto per maggior numero di tiri segnati in carriera.[211] James diventa inoltre il terzo giocatore di sempre (dopo Kareem Abdul-Jabbar e Karl Malone), e il più giovane, a raggiungere 35.000 punti in carriera.[212] Viene poi eletto, per il quarto anno di fila, capitano, insieme a Kevin Durant, dell'All Star Game, la sua diciassettesima partecipazione consecutiva da titolare (massimo nella storia) nella partita delle stelle.[213]

Nel play in, mini-torneo necessario per accedere ai Playoff, i Lakers affrontano i Golden State Warriors. Al termine di una partita tirata, chiusa con 22 punti, 11 rimbalzi e 10 assist, James si rende protagonista del canestro da tre che sancisce la vittoria dei gialloviola e permette ai Lakers di accedere al tabellone come settima testa di serie.[214] I Lakers si trovano di fronte i Phoenix Suns, detentori del secondo miglior record nella Western Conference. Dopo aver ribaltato il fattore campo ed esser passati in vantaggio per 2-1 nella serie, Anthony Davis rimedia un infortunio in gara 4, che lo costringe ai box in gara 5 e per tre quarti di gara 6. I Lakers perdono le successive 3 partite, uscendo al primo turno, la prima volta in carriera per LeBron James.

Stagione 2021-2022

Il 13 dicembre, con 30 punti, 11 rimbalzi e 10 assist nella vittoria contro gli Orlando Magic, diventa il più vecchio giocatore di sempre a realizzare una tripla doppia con almeno 30 punti, superando, all'età di 36 anni e 347 giorni, il precedente record di Kobe Bryant (36 anni e 99 giorni).[215] Il 25 dicembre, grazie ai 39 punti realizzati contro i Brooklyn Nets, diventa il miglior realizzatore del Christmas Day nella storia NBA, superando anche in questo caso il precedente record di Bryant.[216] Il 28 dicembre, a 36 anni e 363 giorni, diventa il terzo giocatore (dopo Kareem Abdul-Jabbar e Karl Malone) a raggiungere i 36 000 punti in carriera.[217] Nella stessa partita diventa anche il primo giocatore di sempre a segnare almeno 30 punti in cinque partite consecutive dopo aver compiuto 36 anni. Il 9 gennaio, nella sconfitta contro Memphis, supera Oscar Robertson al settimo posto della classifica dei migliori assistmen di sempre,[218] mentre il 13 febbraio 2022, James supera Kareem Abdul-Jabbar per punti complessivi segnati tra regular season e playoffs con 44.157 punti, dopo la prestazione da 27 punti nella sconfitta con i Golden State Warriors.[219][220] Il 14 marzo diventa invece il primo giocatore della storia con almeno 30000 punti10000 rimbalzi e 10000 assist in carriera.[221]

Stagione 2022-2023

L'8 febbraio diventa il giocatore con più punti della storia dell'NBA superando Kareem Abdul-Jabbar.

Nazionale

James con la casacca da allenamento del Team USA ai Giochi della XXX Olimpiade

James ha partecipato ai Giochi Olimpici di Atene 2004[76] con la Nazionale statunitense: ha vinto la medaglia di bronzo, piazzandosi alle spalle di Argentina e Italia. Nel 2006 ha partecipato anche ai Mondiali in Giappone, conclusi ancora al terzo posto dietro Spagna e Grecia.

Ai Giochi della XXIX Olimpiade di Pechino James vince l'oro olimpico, grazie al successo in finale sulla Spagna. Viene inserito nel team che disputa i Giochi della XXX Olimpiade a Londra nel 2012 in cui ripeterà le prestazioni di quattro anni prima vincendo per la seconda volta di fila l'oro olimpico.

Diventa il primo giocatore statunitense a realizzare una tripla doppia in una partita dell'Olimpiade (12 punti, 14 rimbalzi e 11 assist nei quarti di finale contro l'Australia).[222]

Vincendo i Giochi della XXX Olimpiade, diviene il secondo giocatore, dopo Michael Jordan, a vincere nello stesso anno l'anello NBA, il titolo di MVP della regular season e un oro alle Olimpiadi.[94]

Dopo la vittoria del titolo coi Cavs ha annunciato la sua assenza alle Olimpiadi di Rio per riposarsi.[223]

Il 1º aprile 2019 invece ha reso noto che non avrebbe preso parte ai Mondiali in Cina per girare Space Jam: New Legends.[224]

Statistiche

Legenda
  PG Partite giocate   PT  Partite da titolare  MP  Minuti a partita
 TC%  Percentuale tiri dal campo a segno  3P%  Percentuale tiri da tre punti a segno  TL%  Percentuale tiri liberi a segno
 RP  Rimbalzi a partita  AP  Assist a partita  PRP  Palle rubate a partita
 SP  Stoppate a partita  PP  Punti a partita  Grassetto  Career high
Denota le stagioni in cui ha vinto il titolo
* Primo nella lega
* Record

Regular season

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
2003-2004 Cleveland Cavaliers 79 79 39,5 41,7 29,0 75,4 5,5 5,9 1,6 0,7 20,9
2004-2005 Cleveland Cavaliers 80 80 42,4* 47,2 35,1 75,0 7,4 7,2 2,2 0,7 27,2
2005-2006 Cleveland Cavaliers 79 79 42,5 48,0 33,5 73,8 7,0 6,6 1,6 0,8 31,4
2006-2007 Cleveland Cavaliers 78 78 40,9 47,6 31,9 69,8 6,7 6,0 1,6 0,7 27,3
2007-2008 Cleveland Cavaliers 75 74 40,4 48,4 31,5 71,2 7,9 7,2 1,8 1,1 30,0*
2008-2009 Cleveland Cavaliers 81 81 37,7 48,9 34,4 78,0 7,6 7,2 1,7 1,1 28,4
2009-2010 Cleveland Cavaliers 76 76 39,0 50,3 33,3 76,7 7,3 8,6 1,6 1,0 29,7
2010-2011 Miami Heat 79 79 38,8 51,0 33,0 75,9 7,5 7,0 1,6 0,6 26,7
2011-2012 Miami Heat 62 62 37,5 53,1 36,2 77,1 7,9 6,2 1,9 0,8 27,1
2012-2013 Miami Heat 76 76 37,9 56,5 40,6 75,3 8,0 7,3 1,7 0,9 26,8
2013-2014 Miami Heat 77 77 37,7 56,7 37,9 75,0 6,9 6,4 1,6 0,3 27,1
2014-2015 Cleveland Cavaliers 69 69 36,1 48,8 35,4 71,0 6,0 7,4 1,6 0,7 25,3
2015-2016 Cleveland Cavaliers 76 76 35,6 52,0 30,9 73,1 7,4 6,8 1,4 0,6 25,3
2016-2017 Cleveland Cavaliers 74 74 37,8* 54,8 36,3 67,4 8,6 8,7 1,2 0,6 26,4
2017-2018 Cleveland Cavaliers 82 82 36,9* 54,2 36,7 73,1 8,6 9,1 1,4 0,9 27,5
2018-2019 L.A. Lakers 55 55 35,2 51,0 33,9 66,5 8,5 8,3 1,3 0,6 27,4
2019-2020 L.A. Lakers 67 67 34,6 49,3 34,8 69,3 7,8 10,2* 1,2 0,5 25,3
2020-2021 L.A. Lakers 45 45 33,4 51,3 36,5 69,8 7,7 7,8 1,1 0,6 25,0
2021-2022 L.A. Lakers 56 56 37,2 52,4 35,9 75,6 8,2 6,2 1,3 1,1 30,3
2022-2023 L.A. Lakers 55 54 35,5 50,0 32,1 76,8 8,3 6,8 0,9 0,6 28,9
Carriera 1421 1419 38,1 50,5 34,5 73,5 7,5 7,3 1,5 0,8 27,2
All-Star 19 19 27,5 51,6 30,4 72,5 5,8 5,8 1,2 0,4 22,4

Play-off

Anno Squadra PG PT MP TC% 3P% TL% RP AP PRP SP PP
2006 Cleveland Cavaliers 13 13 46,5 50,0 33,3 73,2 8,1 5,8 1,4 0,7 30,8
2007 Cleveland Cavaliers 20* 20 44,7* 41,6 28,0 75,5 8,1 8,0 1,7 0,5 25,1
2008 Cleveland Cavaliers 13 13 42,5 41,1 25,7 73,1 7,8 7,6 1,8 1,3 28,2
2009 Cleveland Cavaliers 14 14 41,3 51,0 33,3 74,9 9,1 7,3 1,6 0,9 35,3*
2010 Cleveland Cavaliers 11 11 41,7 50,2 40,0 73,3 9,3 7,6 1,7 1,8 29,1
2011 Miami Heat 21* 21 43,9* 46,8 35,3 76,3 8,4 5,9 1,7 1,2 23,7
2012 Miami Heat 23 23 42,7* 50,0 25,9 73,9 9,7 5,6 1,8 0,7 30,3*
2013 Miami Heat 23* 23 41,7 49,1 37,5 77,7 8,4 6,6 1,8 0,8 25,9
2014 Miami Heat 20 20 38,2 56,5 40,7 80,6 7,1 4,8 1,8 0,6 27,4
2015 Cleveland Cavaliers 20 20 42,2 41,7 22,7 73,1 11,3 8,5 1,7 1,1 30,1
2016 Cleveland Cavaliers 21 21 39,1 52,5 34,0 66,1 9,5 7,6 2,5 1,3 26,3
2017 Cleveland Cavaliers 18* 18 41,3 62,5 41,1 69,8 9,1 7,8 1,9 1,3 32,8
2018 Cleveland Cavaliers 22* 22 41,9* 53,9 34,2 74,6 9,1 9,0 1,4 1,0 34,0*
2020 L.A. Lakers 21* 21 36,3 56,0 37,0 72,0 10,8 8,8 1,2 0,9 27,6
2021 L.A. Lakers 6 6 37,3 47,4 37,5 60,9 7,2 8,0 1,5 0,3 23,3
2023 L.A. Lakers 16 16 38,7 49,8 26,4 76,1 9,9 6,5 1,1 1,1 24,5
Carriera 282* 282* 41,3 49,5 33,1 74,1 9,0 7,2 1,7 1,0 28,5

Massimi in carriera

Palmarès

Club

Miami Heat con il presidente Barack Obama
Miami Heat: 20122013
Cleveland Cavaliers: 2016
Los Angeles Lakers: 2020

Nazionale

  •  Oro olimpico:
Pechino 2008
Londra 2012
  •  Bronzo olimpico:
Atene 2004

Individuale

2012201320162020
2009201020122013
200620082018
2008
2020
2004
First Team: 2006200820092010201120122013201420152016201720182020
Second Team: 20052007, 2021
Third Team: 201920222023
First Team: 20092010201120122013
Second Team: 2014
2005200620072008200920102011201220132014201520162017201820192020202120222023
  • NBA All-Rookie First Team (2004)
  • J. Walter Kennedy Citizenship Award (2017)
  • McDonald's All American (2003)
  • Atleta maschile dell'anno dell'Associated Press (2013, 2016, 2018, 2020)
  • Atleta maschile del decennio dell'Associated Press (2010-2019)
  • USA Basketball Migliore giocatore statunitense (2013)
  • Best NBA Player ESPY Award (2007, 2009, 2012, 2013, 2016, 2017, 2018)
  • Best Championship Performance ESPY Award (2012, 2013, 2015, 2016)
  • Best Male Athlete ESPY Award (2012, 2013, 2016)
  • Best breakthrough Athlete ESPY Award (2004)
  • NBPA Players Voice Award - Player You Secretly Wish Was on Your Team (2015, 2016, 2017)
  • NBPA Players Voice Award - Best Player on Social Media (2016)
  • NBPA Players Voice Award - Global Impact Player (2017)
  • Sports Illustrated Sportsperson of the Year (2012, 2016, 2020)
  • TIME Athlete of the Year (2020)
  • Inserito nel NBA 75th Anniversary Team

Record

Record assoluti

  • Miglior marcatore nella storia della NBA per punti complessivi in regular season e playoffs.[226]
  • Miglior marcatore nella storia dei playoff NBA.[141]
  • Giocatore di ruolo ala che ha distribuito più assist nella storia dell'NBA.[227]
  • Miglior marcatore nella storia dell'NBA All-Star Game.[228]
  • Uno dei quattro giocatori (insieme a Johnny McCarthyMagic Johnson e Nikola Jokić) a realizzare una tripla doppia all'esordio nei playoff.[229]
  • Giocatore con più premi di giocatore del mese in NBA.[229]
  • Giocatore con più premi di giocatore della settimana in NBA.[229]
  • Uno dei quattro giocatori a raggiungere almeno 10 Finali NBA in carriera (con Kareem Abdul-JabbarSam Jones e Bill Russell).[198]
  • Primo giocatore nella storia della NBA con almeno una tripla doppia in 3 finali NBA consecutive.[229]
  • Unico giocatore della storia a concludere le Finals guidando entrambe le squadre in punti, assist, rimbalzi (2015) e a guidare entrambe le squadre in una serie di Playoff in punti, rimbalzi, assist, palle rubate e stoppate (Finals 2016).[229]
  • Unico giocatore con almeno 20 punti, 15 rimbalzi e 15 assist in una partita di Playoff NBA.[188]
  • Primo giocatore per numero di triple-doppie nelle NBA Finals (10).[144]
  • Unico giocatore a concludere una Finale NBA in tripla doppia di media (nel 2017).[230]
  • Giocatore con più vittorie consecutive al primo turno dei Playoff NBA dal 1984 in poi (21).[231]
  • Uno dei due giocatori nella storia (insieme a Russell Westbrook) ad aver realizzato almeno una volta una tripla doppia contro ognuna delle 30 franchigie della NBA.[232]
  • Unico giocatore nella top-10 NBA di sempre per punti segnati e assist distribuiti.
  • Maggior numero di partite con almeno 25 punti nella storia NBA.[233]
  • Maggior numero di selezioni in quintetti All-NBA (16).[178]
  • Maggior numero di vittorie in carriera nei Playoff NBA(162).[196]
  • Maggior numero di premi Atleta maschile dell'anno dell'Associated Press (4, al pari di Lance Armstrong e Tiger Woods).[234]
  • Primo giocatore nella storia a segnare almeno 10 punti per 1.000 partite NBA consecutive.[235]
  • Uno dei tre giocatori (insieme a Kareem Abdul-Jabbar e Karl Malone), e il più giovane, a raggiungere i 35.000 punti in carriera in NBA.[236]
  • Primo per partecipazioni consecutive come titolare all'All Star Game (17).[237]
  • Maggior numero di partite guidando la propria squadra in punti, rimbalzi, assist, palle rubate e stoppate nella storia NBA (Playoff inclusi).[238]
  • Più vecchio giocatore di sempre (36 anni e 76 giorni) con due triple doppie consecutive.[239]
  • Più vecchio giocatore di sempre a realizzare una tripla doppia con almeno 30 punti (36 anni e 347 giorni).[215]
  • Maggior numero di punti realizzati nel Christmas Day nella storia NBA.[216]
  • Unico giocatore della storia NBA con almeno 30 punti segnati in cinque partite consecutive dopo i 36 anni.
  • Unico giocatore di sempre con almeno 10.000 punti, 10.000 rimbalzi e 10.000 assist in carriera.[221]

Stipendio

 
Stagione Squadra Salario ($)
2003-2004  Cleveland Cavaliers 4 018 920
2004-2005  Cleveland Cavaliers 4 320 360
2005-2006  Cleveland Cavaliers 4 621 800
2006-2007  Cleveland Cavaliers 5 828 090
2007-2008  Cleveland Cavaliers 13 041 250
2008-2009  Cleveland Cavaliers 14 410 581
2009-2010  Cleveland Cavaliers 15 779 912
2010-2011  Miami Heat 14 500 000
2011-2012 †  Miami Heat 16 022 500
2012-2013 †  Miami Heat 17 545 000
2013-2014  Miami Heat 19 067 500
2014-2015  Cleveland Cavaliers 20 644 400
2015-2016 †  Cleveland Cavaliers 22 971 000
2016-2017  Cleveland Cavaliers 30 963 450
2017-2018  Cleveland Cavaliers 33 285 709
2018-2019  Los Angeles Lakers 35 654 150
2019-2020 †  Los Angeles Lakers 37 436 858
2020-2021  Los Angeles Lakers 39 219 566
2021-2022  Los Angeles Lakers 41 180 544
2022-2023  Los Angeles Lakers 44 474 988